Melegatti può essere salvata mentre distrugge il suo brand?

pandoro melegattiIn questi giorni Melegatti è finita sotto i riflettori a causa di una serie di iniziative di marketing abbastanza “chiacchierate”, non sempre in modo positivo.

Chi mi segue da un po’ sa che ho sempre amato Melegatti e l’ho portata come caso studio nei miei corsi per quanto riguarda il corretto posizionamento di marca. Per quei pochi che non lo sapessero nel 1894 Domenico Melegatti riceve il brevetto per la produzione del Pandoro.

La Melegatti diviene quindi in Italia “l’azienda che ha inventato il Pandoro” (parliamo ovviamente di quello a qualità industriale, il dolce esisteva già come tradizione della cucina veronese).

Di tutti i prodotti della Melegatti il Pandoro rimane e rimarrà negli anni quindi il prodotto di punta. Molto di più di tutte le altre varianti e soprattutto del Panettone, lo storico “rivale” nei dolci da ricorrenza natalizia che Melegatti vende ovviamente in quantità minori rispetto al suo dolce di punta.

Il posizionamento di marketing di Melegatti quando si parla di Pandoro è quindi l’essere “l’originale”, nonché ovviamente la tradizione. In termini semplici il Pandoro Melegatti é la Coca Cola dei dolci da ricorrenza natalizi.

Veniamo al primo passo falso commesso da Melegatti in questi giorni, che è il coro di risate e polemiche derivato dalla produzione di una “special edition” del Pandoro con il volto di Valerio Scanu. Posto che si tratta di una edizione limitata ecc…ecc… la scelta di Melegatti è sbagliata per due motivi abbastanza semplici che descrivo subito:

Il “Visual Hammer” del Pandoro Melegatti è senza ombra di dubbio la sua confezione, esattamente come la bottiglietta lo è per la Coca Cola. In particolare:

  • – Colore blu “Melegatti”.
  • – Forma a campana tipica di Melegatti “ottagonale e squadrata”.
  • – Bordo dorato che dice “l’originale” a colpo d’occhio rispetto a qualunque altra confezione “blu” di altre marche.

Il Logo é paradossalmente la parte meno importante del visual hammer Melegatti. Potrei benissimo far vedere da lontano una confezione di Pandoro Melegatti SENZA logo e chiunque mi direbbe “Melegatti”.

Queste tre caratteristiche distintive del Pandoro sono elementi che Melegatti non dovrebbe sottovalutare mai, nemmeno nella creazione di altri prodotti dolci, ma ci torniamo tra un secondo.

Il caso dell’edizione speciale di Valerio Scanu

scanu

Ora il Pandoro versione “Scanu” di colpo perde sia la forma a campana tipica della casa per una campana più arrotondata, perde il blu caratteristico e perde il bordo dorato. Anche il logo diviene piccolissimo e quasi invisibile.

Nel contempo emerge enorme la foto di Valerio Scanu in una posa improbabile, con un braccio ricoperto di stelline dorate.

Ora i problemi dal punto di vista del branding e non del chiacchiericcio da internet sono essenzialmente due:

1 Quando lanci un nuovo prodotto, se fa parte di una famiglia di prodotti questo deve presentare elementi di differenziazione ma riconducendo sempre agli stilemi del prodotto principale.

2 Una edizione speciale o in generale un’associazione con un personaggio pubblico deve essere coerente con il posizionamento dell’azienda.

Nel caso specifico pare evidente come Melegatti abbia commesso molti errori di valutazione. La confezione del prodotto abbandona praticamente tutti gli stilemi del Pandoro Melegatti. La forma, la scelta del nero, la mancanza del bordo dorato (almeno quello tenetelo!) discostano il nuovo prodotto troppo dalla forma orginale.

Immagino che nella testa del creativo di turno si volesse fare “qualcosa di completamente diverso”. Capisco e ci arrivo, non ci vuole un genio. Ma questa mania della “creatività” senza una base di branding porta poi agli obbrobri che vediamo nella foto qui sopra.

Passando all’associazione di immagini, Scanu non va bene con Melegatti. Non mi interessa quale genio del marketing all’interno dell’azienda o quale agenzia esterna sia fan di Scanu e abbia proposto questo accostamento. E’ una idiozia. Fine.

Non ho nulla contro Scanu. Non seguo la musica italiana, non ho mai sentito un suo pezzo e non ho nessun pregiudizio al riguardo. Semplicemente “Scanu” è un ragazzo giovane, dal successo non mi sembra nemmeno così “universale” e accostarlo ad un brand che parla di “tradizione” dicendo “L’originale” è una scemenza. Ma non lo è solo per la Melegatti. Lo è anche per Scanu stesso ovviamente.

Scanu è “famoso” come oggetto di gossip per la sua sessualità ambigua. Abbastanza disgustose certe uscite da parte di gente come Chiambretti che nella sua trasmissione lo appella con “Scanu, sei gay?”. Posto che i gusti sessuali di Scanu saranno anche fatti di Scanu e non dovrebbero interessare, scandalizzare o diventare oggetto di gossip o chiacchiericcio, sta di fatto che lo sono. E accostare la Tradizione del Pandoro a un personaggio pubblico dalla sessualità quantomeno chiacchierata non è ovviamente la mossa del secolo.

Evidentemente chi cura il marketing alla Melegatti non lo sa cosa rappresenta il Pandoro e nella sua testa stava facendo qualcosa di “GGiovane” che avrebbe fatto parlare. Bhe, di sicuro c’è riuscito.

Le reazioni di ilarità della rete derivano dal fatto che la gente associa inconsapevolmente ma in maniera automatica come ridicolo l’accostamento tra un ragazzo così giovane e chiacchierato sessualmente e un prodotto della tradizione dolciaria. Non stanno bene insieme senza nessun giudizio di merito. Ma il brand ha a che fare con gli stereotipi. Il brand ha a che fare con i pregiudizi. Il brand si occupa di spazi nella mente.

E Scanu e Melegatti non occupano lo stesso spazio. Non vanno associati MAI, per nessun motivo, né per edizioni limitate né per altro. Punto.

Melegatti e la pubblicità creativa omofoba

L’ilarità e il chiacchiericcio provocata dall’immagine del pandoro con Valerio Scanu ha creato scombussolamento all’interno dell’azienda che ha pensato in maniera più o meno intelligente di reagire “cavalcando l’onda”.

Facciamo un piccolo passo indietro però. Melegatti ha cominciato in particolare sui social un tipo di comunicazione assolutamente errato rispetto al proprio brand, legato come detto alla tradizione. Vediamo un esempio:

Melegatti palle

Ora, questo tipo di comunicazione non è concepibile se associata a un brand come Melegatti. Chi si è lanciato in questi slogan sui loro social evidentemente pensa che fare qualcosa a casaccio di “GGiovane” abbia un senso.

Magari sono anche convinti di aver fatto una “gallata” che “rompe con il passato portando aria di novità in azienda”.

Ma sono in errore.

Se c’è una cosa che non bisognerebbe MAI fare quando si parla di marketing è proporre campagne che danneggino il brand o che comunichino messaggi non in linea con il posizionamento aziendale.

Melegatti non è “Giovane”, “Simpatico”, “Moderno”, “Street”, “Volgarotto” ecc…

Melegatti è IL Pandoro tradizionale. Fine.

Questo modo di comunicare “contromano” intrapreso dall’azienda è una china molto pericolosa e infatti pochi giorni dopo si è realizzato ciò che era normale si realizzasse in caso di “crisi”, cioè fare una gaffe enorme ancora più grave del problema stesso.

Ma torniamo a noi. Dicevamo che il caso Scanu ha scatenato un po’ di putiferio social e nei più importanti media online.

Prima di proseguire però permettimi di chiarire una cosa. Sento opinioni che arrivano da più parti, dal semplice Mario il muratore al laureato alla Bocconi che se ne escono con frasi del tipo:

“L’importante è che se ne parli, ne stanno parlando tutti, quindi hanno raggiunto il loro scopo!”.

Ora, considerando che questo è il blog dove scrive anche Al Ries, che è un signore di quelli veri, devo sforzarmi di non essere offensivo e giuro che mi ci metterò con il massimo impegno.

Il problema è che se dopo 5 anni che studi marketing alla Bocconi l’unica cosa che sai dire é una scemenza come : “L’importante è che se ne parli”, qualche dubbio che tu non fossi proprio attento durante le lezioni mi viene. Magari ai tuoi genitori se ti sentissero verrebbe voglia di chiederti la retta indietro, anni fuoricorso nei quali hai cazzeggiato compresi.

Ciò detto, non è affatto vero che l’importante è che se ne parli. In particolare non è vero per Melegatti.

Melegatti è un brand fortissimo che esiste dal 1894. Non ha bisogno di “awareness”. Le PR servono a chi sta lanciando un brand, e anche in quel caso servono PR possibilmente positive. Magari polarizzate se il brand è polarizzato, che suscitano scalpore, ma che contengono un legame con il brand in maniera chiara.

Melegatti è un brand storico. Non è polarizzato, ma ecumenico. Parla del Natale, momenti gioiosi e nei quali siamo tutti più buoni. E’ legato alla tradizione, al ricordo della tavola imbandita quando la nonna scartava il pandoro e il nonno stappava lo spumante. Ha bisogno di campagne pubblicitarie che vadano in quella direzione. E di PR che difendano quella posizione, non che facciano “chiacchiericcio” a sfondo di polemica sessista.

Regola base per chi é nuovo: I brand si costruiscono con le PR e una volta maturi si difendono con l’advertising.

Melegatti è il brand storico per eccellenza. Ha bisogno di rinforzare il suo posizionamento nella mente dei clienti, non di “che se ne parli”.

  • Non c’è nessuno là fuori che ha bisogno di “sapere che esiste Melegatti”.
  • Ma ci sono milioni di persone che devono ricordarsi PERCHE’ devono comprarlo.

Negli ultimi mesi nel mondo si sta parlando moltissimo di Subway, probabilmente come mai prima se n’è parlato dalla sua fondazione. Sai perché? Perché Jared Fogel il suo volto/testimonial storico è appena stato condannato a 12 anni di carcere per pedofilia e altri simpatici reati. Chiedi al marketing di Subway se sono felici e che “L’importante è che se ne parli.”

jared

 

Dicevamo quindi della reazione scomposta avuta da Melegatti che si è concretizzata in una immagine omofoba comparsa sul proprio profilo Facebook:

Omofobo

Ora, ovviamente questa immagine è una scemenza. Lo è in senso assoluto e lo è ancora in modo maggiore se pensiamo che a pubblicarla sia stata Melegatti.

Torniamo alla fesserie de : “L’importante è che se ne parli”. Certamente questa immagine ha fatto “parlare”, ma non in senso positivo. Sicuramente non in senso positivo per Melegatti.

E’ un’immagine “sbagliata” in senso assoluto? Non è detto. Andrebbe ad esempio bene se fosse associata a un partito magari, estremamente conservatore, contrario all’omosessualità ecc…

Ora è vero che Melegatti è il pandoro originale e legato in qualche modo al concetto di tradizione, ma non in questo senso. Melegatti è un brand ecumenico, parla a tutti e parla di amore, di Natale, di bei ricordi.

Amore, Natale e bei ricordi non hanno a che fare con i gusti sessuali delle persone.

Non bisogna essere eterosessuali o omosessuali per ricordarsi i momenti di affetto attorno alla tavola imbandita e con la gioia nel cuore che da lì a poco si sarebbero scartati i regali.

Chi ha fatto, commissionato, supervisionato e approvato questa pubblicità non ha minimamente idea di quello che sta facendo. E’ l’ennesimo “creativo” senza competenze per il quale buttare a casaccio frasi provocatorie e ad effetto sia “fare marketing”.

Risultato ottenuto? Caterve di offese su tutti i media, tanto che prima l’immagine viene rimossa e sostituita con questa:

omo2

che ovviamente è una brutta pezza che la rete non perdona (e poi non fa nemmeno più rima! Essù!) per poi, dopo altre caterve di insulti pubblicare finalmente questo comunicato:

Schermata 2015-11-21 alle 15.29.28

Ora, che questa cosa sia vera o non sia vera, la comunicazione di Melegatti rimane non corretta. In USA e ancora di più in Giappone ma in generale in ogni nazione civilizzata dove il business é una cosa seria, davanti ad avvenimenti incresciosi lesivi dell’immagine aziendale come questi, il direttore di funzione si dimette immediatamente quando addirittura non arriva a dimettersi l’amministratore delegato o il CEO.

Melegatti invece dirama un comunicato nel quale in pratica afferma che l’immagine aziendale è stata “delegata” all’esterno, senza nessun controllo (vorrei capire cosa pagano a fare un direttore marketing ma evidentemente sono i misteri dell’imprenditoria all’italiana) e la “colpa” di questo disastro viene data a dei poveracci di fornitori esterni senza un minimo di assunzione di responsabilità.

Ora, le scuse “posticce” fatte così suonano false e assolutamente poco sentite. Di base non sono realmente scuse. Sono:

“Scusate, ma in casa nostra il marketing é in mano a non si sa bene chi. C’è gente che fa cose e non sempre noi sappiamo chi fa che cosa e chi lo autorizza. E poi siamo un’azienda grande noi oh!
Mica possiamo sapere sempre tutto dai! Comunque scusate facciamo finta di niente eh?”.

Ora io vorrei ricordare brevemente che un manager é (dovrebbe essere almeno) un esperto di marketing che sa leggere un bilancio.

Detto in maniera più semplice, in azienda serve un tizio – che nelle aziende un minimo strutturate é il direttore marketing – il quale si occupi di spiegare a tutti i fornitori esattamente la linea da tenere per curare, sviluppare e difendere il brand e deve approvare il lavoro prima che venga effettuato.

Sicuramente in Melegatti hanno tante incombenze di marketing e non solo una. C’è chi si occupa di fare il packaging dei prodotti, chi si occupa dell’advertising, chi si occupa dei social ecc… e magari sono tutte persone diverse.

Ma non vengono buttati fuori 300 prodotti nuovi al giorno, così come non vengono postate migliaia di frasi al giorno sui social e nemmeno ogni giorno cambiano campagna pubblicitaria. Quindi il direttore marketing oltre che a prendere uno stipendio che ci sta a fare se non a controllare i lavori affinché il brand venga protetto?

Ma Melegatti è andata in alto mare da un po’ e da un’azienda che ha sempre lavorato così bene a prima vista mi sembrava una cosa realmente inspiegabile. Poi ho capito cos’era successo.

L’ultimo che arriva per farsi notare distrugge il lavoro di chi lo ha preceduto

Uno dei bruttissimi vizi di chi arriva a ricoprire un nuovo incarico specialmente al marketing in un’azienda è quello di cercare di farsi notare. Il modo più semplice per farsi notare normalmente é quello di arrivare e distruggere tutto ciò che di buono ha fatto la gestione precedente. Cambiando tutto si può quindi dimostrare che “il nostro contributo vale”, che abbiamo portato dei cambiamenti e che in sintesi non stiamo rubando uno stipendio.

Il problema accade quando in un’azienda storica come Melegatti arriva qualcuno che vuole dare uno “scossone” senza sapere minimamente cosa sta facendo, senza conoscere i presupposti di brand sui quali si appoggia l’azienda e finendo per danneggiare ciò che è stato chiamato a proteggere.

Distrutto da tanta curiosità per le manovre assurde di Melegatti una dietro l’altra, vado a fare una rapida ricerca su Google e scopro che:

Schermata 2015-11-21 alle 15.45.25

Eccolo qua risolto l’enigma. Da nemmeno cinque mesi é arrivato un nuovo direttore marketing che ha voluto evidentemente togliere quella “patina di vecchio” e dare un’immagine “giovanile e controtendenza” all’azienda. Peccato che Melegatti sia un’azienda storica e questo piano non sia particolarmente intelligente come abbiamo detto ma va bene così, facciamo finta di niente.

Il problema é un altro e la rete se ne accorge immediatamente. Giorgione prova l’ennesima mossa da maestro:

giorgione

In pratica si mette gli occhiali da sole in un tentativo di emulazione di Clark Kent che con gli occhiali diviene irriconoscibile rispetto a quando é Superman e si “auto-commenta” il post facendosi i complimenti da solo.

Il problema che Giorgione non considera é che dopo pochi istanti il web si accorge che a scrivere é proprio il direttore marketing della Melegatti S.p.A. Infatti chiunque passi distrattamente il mouse anche per sbaglio sul suo profilo vede che lavora in Melegatti e una rapida ricerca dimostra che si tratti proprio del direttore marketing.

In pratica Melegatti ha creato una sorta di marketing alla “Inception” il film di Nolan, un’insieme di scatole cinesi dove non si distingue più il mondo reale dalla fantasia e non si capisce bene chi sia chi e cosa faccia.

Ecco come reagisce il web:

giorgione 2

Ora, senza voler buttare la croce addosso a nessuno, pare evidente che il marketing in Melegatti non stia facendo le cose giuste da un po’ di tempo a questa parte. Ovviamente il commento di Serafini dopo aver ricevuto caterve di insulti è stato rimosso dal profilo social della Melegatti ma il web ha memoria storica che non si può cancellare così facilmente.

Che ciò stia accadendo dall’avvento di Serafini in azienda e che Serafini nel suo profilo si professi esperto di “marketing non convenzionale” potrebbero essere solo due indizi e non necessariamente la causa totale di questa debacle.

Il marketing non convenzionale per inciso è una puttanata, Serafini o no, e i risultati sono queste azioni scomposte su tutti i media che non fanno altro che ledere l’immagine aziendale.

Alla Melegatti tutto serve tranne che un esperto di marketing non convenzionale. Serve un esperto di marketing. Che sappia quello che sta facendo. Fine.

Cosa dovrebbe fare realmente la Melegatti S.p.A

A parte un po’ di sana ironia sulle azioni del nuovo direttore marketing dell’azienda, c’è da tornare seri e considerare che lì qualcuno ce l’ha messo. E quindi in azienda da qualche parte in alto è successa una cosa del genere.

Ora ti faccio la scenetta. Seguimi :

“Le nostre vendite sono stagnanti, dobbiamo fare qualcosa!”

“Sì ma le vendite sono un po’ in calo per tutti da qualche anno nel nostro settore…”

“Sì bhe ma è il momento di reagire, di fare qualcosa… dobbiamo dare una svecchiata, adattarci ai giovani, parlare il loro linguaggio, colpire nuovi target!”

“Ma noi siamo la Melegatti, un’azienda storica… sei sicuro che questa strategia vada bene per noi?”

“Certo, basta con il solito vecchiume! Aria nuova ci vuole… ho sentito parlare di marketing strano, incontinente, internazionale….”

“Non convenzionale vuoi dire?”

“Sì ecco quello… trovami uno che sappia fare sto marketing non connazionale, deve essere roba americana , che va forte!!

“Va beneeee…”

Mi taglio i coglioni se non è andata così.

Ora il vero problema é che Melegatti non avrebbe affatto bisogno di marketing non convenzionale. Avrebbe bisogno semplicemente di tornare a focalizzarsi e comunicare meglio quella che è già la sua ricetta per il successo: Essere IL Pandoro.

Solo che non la sta usando per niente.

Vediamo alcuni punti semplici sui quali concentrarsi:

Regola numero 1: Quando hai più prodotti nella stessa famiglia, focalizza gli sforzi di marketing sul prodotto di punta.

Il prodotto di punta di Melegatti é ovviamente il Pandoro. Quello che dovrebbe fare Melegatti è tornare a focalizzarsi sul Pandoro evitando di estendere troppo la linea e di inserire ogni anno nuovi prodotti a catalogo che confondono il consumatore.

Vediamo perché.

Posizionamento del Pandoro Melegatti: Il Pandoro Originale.

Melegatti ha un vantaggio competitivo nei confronti di qualunque altro pandoro: é l’originale, “the real thing” come la Coca Cola. Deve spingere su questo aspetto e ricordare questa cosa nella testa dei consumatori. Non continuare a lanciare nuovi prodotti e fare “marketing non convenzionale”.

Ora il problema é che se io vado sulla home page di www.melegatti.it mi ritrovo questi slogan:

Schermata 2015-11-21 alle 16.13.06 Schermata 2015-11-21 alle 16.13.12 Schermata 2015-11-21 alle 16.13.20

Schermata 2015-11-21 alle 16.16.04

  1. “Quando il buongiorno si vede dal mattino.”

  2. “In ogni momento della giornata.”

  3. “Soffici tentazioni per tutta la famiglia.”

  4. “Il piacere di stare insieme con dolcezza.”

Cosa sono tutti questi slogan? Roba creativa assolutamente inutile che non parla del brand Melegatti e non ricorda ai clienti perché dovrebbero preferirlo rispetto alla concorrenza.

Sono slogan che potrebbe usare benissimo la Bauli o la Paluani o qualsiasi altro competitor. Perché allora dovrebbe usarli Melegatti se sono privi di significato?

In più in un paio di queste immagini Melegatti sta cercando di andare con cornetti e dolci vari verso il food dolce non da ricorrenza, che non é esattamente una buona mossa per il brand.

Il problema di tutte le aziende

La faccio breve ma il problema di tutte le aziende di una certa dimensione é la non consapevolezza al vertice dell’importanza di sviluppare il brand in maniera corretta. La soluzione di solito è quella di chiamare un laureato dalla Bocconi, che s’è studiato Kotler.

Questo arriva e la prima cosa che gli chiedono ovviamente è di “aumentare i fatturati”.

Il buon manager appena arrivato se vuole continuare a farsi pagare lo stipendio, non trova altro modo di solito di setacciare tutte le nicchie all’interno delle quali l’azienda ancora non si è infilata e creare una bella estensione di linea che fa alzare le vendite nel brevissimo periodo (qualcuno magari il prodotto nuovo se spinto bene con la pubblicità e sugli scaffali lo prova) per poi danneggiare nel medio periodo il brand e le vendite dell’azienda.

Di base non é colpa sua. E’ contemporaneamente sia quello che gli chiede l’azienda che quello che gli insegnano a scuola. A scuola ti insegnano questo, a insediarti, a lanciare nuovi prodotti in nicchie ancora non coperte e a scappare con qualche milione di buonuscita prima che puoi.

La soluzione che trovano i manager quindi é quella di arrivare al secondo/terzo anno di insediamento, bruciare tutto il budget possibile per muovere qualche risultato e poi scappare entro il quarto anno prima che scoppi il bubbone, per andare a estendere la linea di un’altra azienda ignara.

L’azienda intanto non ha capito una fava di quello che è successo. il CDA dice “Oh quello veniva dalla Bocconi, doveva sapere il fatto suo. Citava sempre Kotler! Prendiamone un altro come lui”. E la ruota si ripete all’infinito. Con sempre meno fatturato, sempre più prodotti ma soprattutto sempre meno margini.

Servirebbe un manager con le palle che spiegasse alla proprietà come sia necessario un lavoro di ristrutturazione per il quale prima di poter fare tre passi avanti sia necessario farne uno indietro.

Steve Jobs quando tornò in Apple dopo essere stato cacciato passo anni a sfrondare i prodotti dell’azienda da quarantasei a solo 4. L’azienda non migliorò, anzi in alcuni casi peggiorò il proprio fatturato per sette anni. I prodotti erano veramente tanti da eliminare e il brand era veramente come poco burro spalmato su troppo pane.

Ma dopo il settimo anno, il brand era ricostruito e le vendite tornarono a decollare per rendere la Apple l’azienda più importante del mondo. Evidentemente Jobs non aveva studiato Kotler alla Bocconi né ad Harvard. Si focalizzò e vinse.

Il posizionamento di Melegatti:

Per i più nuovi ai concetti di branding secondo la scuola del fondatore Al Ries, servono 5 punti:

1 Focus : devi restringere il tuo focus per significare qualcosa nella testa dei clienti.

2 Categoria: devi definire la tua categoria o creare una nuova categoria.

3 Verbal nail: devi definire un “chiodo verbale” che definisca l’essenza della tua idea.

4 Visual Hammer: Ti serve un martello visivo, un’immagine che fissi il chiodo verbale nella mente dei clienti.

5 Battlecry: Ti serve uno slogan memorabile che viva per sempre.

Non c’è NULLA di “creativo” o di “non convenzionale” in questo processo. E’ appunto un processo scientifico che va seguito step by step per ottenere il miglior risultato possibile. Poi se parliamo di marketing operativo, qualunque cosa é lecita. Anche il “marketing non convenzionale” (che ancora non ho capito bene cosa sia ma va bene) se rispetta e si muove in accordo con i 5 step del branding di scuola Ries.

Il problema é fare “marketing non convenzionale” alla cavolo, per muovere “chiacchiericcio” o “far parlare del brand”.

Si fanno danni e pochi risultati. Spesso solo danni. Alcune volte irreparabili.

Ma veniamo a noi e cerchiamo di capire la strategia di Melegatti:

Focus:

Pandoro. Ragazzi siete gli inventori del Pandoro. Sveglia. Tutti gli altri prodotti che avete sono “contorno”. Sono difficili da posizionare perché sono l’ennesimo dolce farcito in mezzo a una marea di dolci farciti. Ma il pandoro che avete é straordinario. E’ IL pandoro. Solo che dal marketing che fate voi non ci credete più e negli anni hanno smesso di crederci un po’ anche i clienti.

Chissà Domenico cosa direbbe se sapesse che il suo brevetto, la cosa più preziosa che avete e l’unico vero asset aziendale viene maltrattato così, mentre spingete cornetti e panettoni al limone. Brr….

Categoria:

Melegatti ha creato una categoria che é quella del pandoro. Ovviamente quella del pandoro industriale, non di quello artigianale. Ma é sua. Ne ha il brevetto. Ha il pandoro originale. L’ha creato lei. Deve ritornare a essere quello nella testa dei clienti.

Attenzione, questo non significa che non possano avere altri prodotti, come il panettone e altri (senza sbragare troppo magari). Significa che il brand deve focalizzarsi su un prodotto e renderlo così speciale nella testa dei clienti, che quando i clienti vedranno altri prodotti associati a quella famiglia vorranno provarli. Focus anche sulle scelte di marketing. Si promuove solo un prodotto per far vendere di più anche gli altri. E’ contro-intuitivo ma è così che funziona.

Verbal Nail:

Cosa c’è di più facile del Verbal Nail di Melegatti nel momento in cui ci si focalizza?

Se parliamo della categoria “Dolci da ricorrenza”,é ovvio che Melegatti non sia NULLA. Deve menarla con le solite cose tipo qualità, dolcezza, freschezza degli ingredienti e altre cose che non significano nulla.

Se Melegatti addirittura esce dai dolci da ricorrenza per entrare nei prodotti da forno tipo cornetti, il suo brand si spalma ancora di più e significa ancora meno.

Ma se Melegatti tornasse a focalizzarsi sulla categoria che ha creato, che le appartiene e che sta facendo a pezzi come Jack lo Squartatore faceva con le sue vittime, avrebbe immediatamente un Verbal Nail: L’Originale.

Cosa c’è di più forte nel marketing di poter essere l’originale? Niente. Perché non lo stanno usando? Perché da qualche decennio ogni volta che arriva un nuovo direttore marketing tutto quello che sa fare é sputtanare il brand lanciando nuove estensioni di linea. Quando fai tutto per tutti non sei più nulla di specifico per nessuno.

Visual Hammer:

Ci eravamo già passati sopra prima ma ridiciamolo in maniera più precisa. Il Visual Hammer di Melegatti é la scatola che dice contemporaneamente Melegatti e Pandoro. Vediamola nel dettaglio:

pandoro melegatti

1 Il colore blu tipico di Melegatti.

2 La bordatura dorata, sopra e sotto.

3 La forma della scatola a ottagono irregolare.

Queste sono le 3 caratteristiche che rendono il Pandoro Melegatti il Pandoro Melegatti. Sono il Visual Hammer che non andrebbe abbandonato MAI. Il logo con i gatti e le mele é troppo poco caratteristico perché possa funzionare ed é pure piccolo. Poi è staccato dalla scritta “Melegatti” in fondo alla confezione.

Prendete il Visual Hammer della Coca Cola. Mentre per la Melegatti é la confezione del Pandoro, per la Coca Cola é la forma della bottiglietta che hanno ideato:

Coca visual

E’ così importante quel Visual Mammer che lo riportano in continuazione anche su altri prodotti, sulle lattine, sui bicchieri ecc… Il Visual Hammer serve a fissare il Verbal nail nella testa del cliente. In questo caso anche per la Coca Cola come per Melegatti parliamo de: “L’originale”. Melegatti dovrebbe ribadire la forma della confezione del pandoro il più possibile in tutte le sue campagne.

Come dovrebbe usare il Visual Hammer la Melegatti per rinforzare la vendita dei suoi prodotti quando non si parla di pandoro?

Guarda che magnifico lavoro é stato fatto ad esempio per il prodotto “gemello” ma meno “nobile” in casa Melegatti che é il loro panettone:

Schermata 2015-11-21 alle 17.06.56

Ci sono sicuramente molte cose fatte bene in questa confezione, nell’ordine:

1 Il blu Melegatti é stato rispettato.

2 Sulla confezione compare senza essere troppo invasiva l’immagine del panettone. E’ corretto perché mentre la confezione del Pandoro deve essere rigorosamente SENZA immagine del pandoro all’interno (perché la confezione stessa deve dire “Questo è ovviamente il pandoro Melegatti”) il panettone non é il prodotto di punta dell’azienda, la forma della scatola non é così riconoscibile e quindi il contenuto per evitare confusione va mostrato.

Ma é stato mostrato con sobrietà e eleganza, senza pacchianate che compaiono su molte altre confezioni di basso livello, dove la foto del panettone prende una larghissima porzione del visual.

Cosa si può migliorare al prossimo re-packaging seguendo la scienza del posizionamento:

Schermata 2015-11-21 alle 17.06.56

1 Un bravo grafico deve inserire con eleganza e in maniera coerente alla linea del packaging i bordi dorati “Melegatti”. Quei bordi non significano “Pandoro”. Significano Melegatti e aiutano qualunque prodotto “fratello” del Pandoro a differenziarsi sugli scaffali e a essere immediatamente riconoscibile tra tutti gli altri panettoni, in particolare su tutti gli altri panettoni che hanno scatole virate verso il blu.

Non possono essere ignorati. Non è questione di gusto, né di creatività. La forma della scatola la devi cambiare, il visual sulla scatola con la foto lo devi cambiare, ma il blu e i bordi d’oro no. Deve esserci sempre un aggancio forte al brand trainante e il blu da solo con il logo non sono sufficienti.

Sugli scaffali il panettone Melegatti deve combattere contro questo ad esempio:

panettone

Motta è sempre blu e in più può scrivere sul proprio front “Originale”, che invece Melegatti sfrutta malissimo per il suo Pandoro come abbiamo detto.

Al panettone Melegatti servono le bordature dorate per differenziare la scatola e dire chiaramente “Melegatti” e non “Questo è una copia di Motta”.

2 Al posto del logo da solo che non fa realmente parte del Visual Hammer, un bravo grafico potrebbe proporre la versione stilizzata col logo incastonato della forma ottagonale della scatola del Pandoro. Quello é il Visual Hammer e quello deve essere usato sempre e il più possibile.

La vera sfida per il futuro potrebbe essere quella di ricreare il Visual Hammer su tutti i prodotti a marchio Melegatti:

  1. Colore
  2. Forma
  3. Bordi dorati

Cosa Melegatti non deve assolutamente fare

Considerando che il Pandoro Melegatti é L’Originale, Melegatti dovrebbe focalizzarsi il più possibile sul suo prodotto principe, evitando di estenderne la linea con varianti “farcite” ( mentre é una cosa che può fare magari sempre senza esagerare con il suo panettone.)

Melegatti si deve mettere in testa che il suo Pandoro non é “UN” Pandoro ma è “IL” Pandoro. E’ un’opera d’arte che va trattata con rispetto, protetta e difesa.

Il dolce farcito é il panettone. Di quello puoi fare le varianti col cioccolato, la crema o quello che ti pare. Con il Pandoro NO. Con il suo Pandoro NO.

Lasciate che sia Bauli a estendere la linea del suo pandoro. Lasciate che sia Paluani a farlo. Il Pandoro Melegatti non toccatelo.

Ascolta bene, nel momento in cui tu fai una variante del tuo prodotto di punta non stai realmente conquistando quote di mercato. Stai cannibalizzando il tuo prodotto di punta e in più ne stai diluendo il brand.

La Coca Cola Light e la Coca Zero non hanno aumentato il consumo di Coca Cola. Hanno solo spostato il consumo da una bevanda all’altra dello stesso brand. In più la Coca Zero dice chiaramente “Guardate che la Coca Cola fa ingrassare!”

Così come l’ultima moda folle della Coca Cola Life verde dice : “La Coca Cola non solo fa ingrassare ma fa anche morire (???)”. 

Allo stesso modo il pandoro farcito dice :

“Il mio pandoro normale é insipido!”.

 

Ripeto, lasciatelo fare agli altri. Lasciate che la gente perda tempo a scegliere e decidere tra le varianti della Bauli e della Paluani o della Motta e quando arriva davanti a Melegatti dica:

“Ecco, il Pandoro!”.

 

Melegatti deve giocare sul fatto che se gli altri sono disposti a mettere dentro al loro pandoro cioccolata o crema industriale a lunghissima conservazione e piena di chissà quali schifezze per rimanere commestibile per mesi, forse il loro pandoro non é poi così buono.

E’ facile riposizionare la concorrenza quando conosci il branding, senza bisogno di fare “marketing non convenzionale”. Quello convenzionale se sai cosa stai facendo funziona perfettamente.

Ora guarda cosa faceva Ogilvy, il padre dell’advertising decine di anni fa per la Guinness:

guinness

ostriche

Ogilvy era famoso per creare dei booklet, in questo caso per la birra Guinness, nei quali educare le persone a come bere la birra insieme ad alimenti come i diversi tipi di formaggio, i diversi tipi di ostriche ecc…

Melegatti dovrebbe fare la stessa cosa. Una bella campagna di booklet dove insegnare alle mamme l’importanza di non comprare pandoro pre-farciti che non sono sicuramente sinonimo di freschezza dei prodotti, bensì imparare come farcire con i migliori ingredienti il proprio pandoro per i propri figli e la famiglia. Nutella, crema al caffè, crema al cioccolato, crema pasticcera, gelato e tutto quello che gli viene in mente.

Il messaggio che deve essere lanciato é:

“Il vero Pandoro si farcisce solo con ingredienti freschi e originali.
Melegatti sceglie il Pandoro, tu scegli il resto”.

Se Melegatti optasse per una scelta così intelligente e coraggiosa, alla Bauli e alla Paluani comincerebbero a cagare mattoni.

Lasciate a loro la rogna di spiegare perché mettono merda a lunga conservazione nel loro Pandoro.

Melegatti si deve ricordare sempre che é l’Originale. Dovrebbe dettare la strada e lasciare gli altri a inseguire e giustificarsi. Mai il contrario. Melegatti deve giocare in attacco, non in difesa.

Estendere la linea è giocare in difesa.

Abbassare i prezzi è giocare in difesa.

Ovviamente non lo faranno mai perché non è “Bocconiano” e nel brevissimo periodo porterebbe a un calo apparente delle vendite.

Nel medio periodo invece porterebbe il brand a rinforzarsi, ad aumentare le vendite a scapito dei competitor, a eliminare linee di produzione che costano inutilmente sui ricavi e appunto a migliorare i margini.

Ma come ho detto, servono imprenditori con le palle che guardino più in là del proprio naso e di un semplice “Voglio più vendite domattina!”, perché poi si finisce negli slogan omofobi, nelle scemenze GGiovanili e nelle estensioni di linea che erodono il brand.

Il prezzo è troppo basso (e la qualità si può alzare).

Il marketing non è questione di slogan creativi. E’ questione di conquistare un posizionamento nella mente dei clienti. Melegatti sono anni che vive sugli allori e non sta facendo nulla per difendere e potenziare l’ampiezza del proprio brand che é enorme e enormemente sottosfruttata.

Le ricerche di mercato mostrano come l’eccessiva defocalizzazione, le troppe estensioni di linea, lo strizzare l’occhio alla linea “per ogni giorno” con cornetti e altro abbia smussato sempre di più la forza del brand.

Melegatti è il Pandoro originale. Solo che nella maggior parte dei negozi e nella GDO esce a una media di un euro in meno al kg del diretto concorrente Bauli. Questa cosa non é possibile.

Come è possibile che una copia come Bauli costi di più del Vero Pandoro? E se Melegatti è il pandoro originale come fa a costare meno o meglio perché costa meno?

Il marketing é una battaglia di percezioni, non di slogan creativi. Melegatti dovrebbe lasciare a Bauli il compito di impelagarsi in produzione di cornetti da colazione ecc… e rifocalizzarsi per avere il dominio nella percezione del suo prodotto di punta, il pandoro. Focalizzarsi permette di avere un prezzo alto.

  • Avere un prezzo alto rende credibile il verbal nail: il Pandoro Originale.
  • Avere un prezzo alto permette di investire in ricerca, in ingredienti migliori e in un gusto migliore.

La sezione Cornetti andrebbe ceduta o scorporata, messa in gestione separata e riproposta con un brand nuovo. Melegatti non può essere anche cornetti da forno. Se gli altri lo fanno non è un buon motivo per imitarli rovinando il proprio brand. Creare appositamente un nuovo brand invece e rivoluzionare quella sezione permetterebbe all’azienda di andare a erodere margini a Bauli e agli altri protagonisti di quel comparto.

Ma serve un brand che nasca apposta, non spalmare il nome Melegatti anche in quella direzione.

Aumentare il prezzo con una corretta campagna può portare quelle risorse economiche per investire nella qualità e nel sapore del prodotto che negli ultimi anni un segmento della clientela indica in calo o non pienamente soddisfacente.

Anche qui focalizzarsi sull’originale e aumentare la qualità percepita, diviene fondamentale. Ma stracciando i prezzi non lo si può fare.

Battlecry

Come ho già detto, Melegatti é decisamente troppo defocalizzata oggi per poter rappresentare qualcosa di specifico nella testa di qualcuno. Gli slogan che girano oggi sono tanti, creativi e privi di significato:

  1. “Quando il buongiorno si vede dal mattino.”
  2. “In ogni momento della giornata.”
  3. “Soffici tentazioni per tutta la famiglia.”
  4. “Il piacere di stare insieme con dolcezza.”

Nel momento in cui ci rifocalizziamo sul Pandoro e le campagne vertono sul Pandoro come prodotto di punta è invece possibile riportare Melegatti laddove gli compete, cioé ad essere la regina assoluta del suo mercato specifico. Le vendite degli altri prodotti seguiranno.

Il Battlecry che caratterizza Melegatti é questo:

Schermata 2015-11-21 alle 18.15.51

“Melegatti, il Pandoro.
Da Sempre per il tuo Natale, il Pandoro Originale”

Stop.

Ovviamente non é “creativo”, non è “non convenzionale” e infatti funzionerebbe a meraviglia.

Per i più curiosi, sezioniamolo insieme:

1 E’ importante dire “Melegatti, il Pandoro” e non “Il Pandoro Melegatti” per un motivo molto semplice. Se dico “Il Pandoro Melegatti” sto mettendo in evidenza la parola Pandoro. Questo significa che se c’è UN pandoro Melegatti, allora c’è anche un pandoro Bauli, uno Paluani ecc… Sono tutti uguali e “va a gusti”.

Ma se dico “Melegatti, il Pandoro” sto dicendo un’altra cosa. Metto in risalto prima il Brand e poi dico IL pandoro. Vuol dire che “Melegatti il pandoro” è l’originale, mentre tutti i “Pandoro Qualcosa” sono brutte copie. Non male no?

2 “Da sempre” è fondamentale. Rinforza l’idea che sia il Pandoro originale. Il Primo.

3 Abbiamo la ripetizione Pandoro – Pandoro (rinforza l’idea che sia l’originale se lo diciamo due volte).

4 Abbiamo l’alliterazione piena con Nat- ALE / Origin- ALE che fa “suonare” lo slogan e lega le due parole nella mente. Natale Originale è solo con Melegatti.

Melegatti dovrebbe pagare un direttore marketing per assicurarsi che questo e solo questo slogan venga usato in ogni iniziativa di marketing e chi provi a cambiarlo, venga defenestrato seduta stante. Basta con la creatività basata sul nulla. E’ ora di finirla.

Conclusioni

Parlando molto seriamente, non credo che ciò che è successo tra Scanu, post omofobi e gaffes sociali del direttore marketing possano realmente influire in negativo su Melegatti.

Sono cose mediamente ininfluenti e tra qualche giorno verranno dimenticate e si parlerà del nuovo “caso del giorno”.

Melegatti è un brand che esiste da 121 anni. E’ troppo forte per venire squassato in qualche modo da questi venticelli risibili.

Quello che mi preme sottolineare in questo articolo é invece la mia frustrazione derivante da una evidente mancanza di direzione in un’azienda che ho sempre portato come esempio didattico di orgoglio italiano in tutte le mie presentazioni, in Italia come all’estero.

In Italia abbiamo dei patrimoni incredibili, come la Melegatti certamente é, che sono lasciate in balia del vento, senza una vera strategia di marketing basata sul branding che può fare realmente la differenza nel lungo periodo.

Non credo al di là di qualche ironia che il direttore marketing c’entri qualcosa direttamente. Fa quello che lo hanno chiamato a fare. Qualcuno lì ce lo avrà messo. Ci sarà stato un piano condiviso dalla proprietà, dal CDA ecc…

Fa quello che gli hanno chiesto. Fa quello che ha studiato a scuola unito a quello che oggi “va di moda”: espandere la linea e provare le strade “non convenzionali”. Lo fa perché deve portare a casa uno stipendio e deve giustificarlo.

Voi che non avete le risorse economiche di una Melegatti, che non avete un brand con una storicità di 121 anni che può sopportare scossoni e passi falsi, voi che non avete accesso al credito tale da potervi permettere sperimentazioni con inutili estensioni di linea, state in campana. Studiate il branding e applicatevi.

Alla Melegatti quasi sicuramente non sapranno mai che ho scritto questo articolo. Se lo leggerà qualcuno ci riderà sopra. Perché alla Bocconi non dicono queste cose. E loro sono da tanti anni nel settore. E il loro settore è molto particolare, che ne so io?

Voi non fatelo. Quello che ho scritto qui può salvare il futuro della vostra azienda, dei vostri cari e di chi lavora con voi.

Alla prossima.

 

 

Facebooktwittergoogle_pluslinkedinmail

454 pensieri su “Melegatti può essere salvata mentre distrugge il suo brand?

      • nel tuo caso sicuramente no, ma storicamente parlando e nella realtà d tutti i giorni il denaro ha ucciso e uccide più del aids, hiv, mallaria ecc messi insieme…

    • Il Marketing alla Bocconi lo insegnano allo stesso modo in cui insegnano le altre materie 🙂

    • Forse vi sembrerà di essere molto intelligenti , ma non è così . Io scommetto che quest’anno Melegatti venderò più degli altri anni e sapete perché ? perché la gente penserà ” voglio vedere se è ancora buono come quello degli anni scorsi ” . Scommettiamo ?

        • Ne venderanno sicuramente di più… grazie all’informazione resa da “codesto articolo”.
          🙂

      • Io invece credo venderà tanto perché la gente non studia marketing e mediamente non è particolarmente illuminata. Il detto “l’importante è che se ne parli”, al giorno d’oggi, credo sia purtroppo molto valido, vista la mediocrità diffusa: dicono “Non ho niente contri i gay ma..” e quel ma vuol dire semplicemente “.. ma ho tutto contro i gay”, cioè la solita morale di facciata che nasconde un fortissimo razzismo e omofobia. Che sono frutto dell’ignoranza (e quanta ne vedo, da quando abito in un quartiere non proprio d’altà società qua a Torino!).
        Diciamocela tutta: quelli che comprano il Melegatti sono quelli che se lo mangiano guardando Buona Domenica prima di andare al centro commerciale in una domenica di sole.
        L’articolo, Frank, è bellissimo. Ma là fuori, purtroppo, non c’è solo gente intelligente, con senso critico. O per fortuna, sennò io non avrei argomentazioni.

        • Masatorno…il marketing non si applica per chi studia marketing ma per chi non ne conosce le regole e, quindi, reagisce istintivamente a degli stimoli.

      • Che puttanata. E, per inciso, questo È un articolo intelligente, come saprà chiunque si sia letto un solo libro di un pubblicitario serio e non i fan di Scanu. L’effetto “pubblicità negativa” lascia il tempo che trova, poi finisce come il pubblicitario in fuga con la buonuscita.

      • Possibile, ma nell’articolo si parla di strategia il che presuppone una visione. Forse venderà più dell’anno scorso, ma non avrà creato “affezione” nel suo cliente e quindi l’eventuale successo non potrà che essere effimero

      • forse quest anno. ma dal prossimo? questo tipo di strategia confusionaria non funziona sul lungo periodo. pienamente d’accordo con Frank Merenda

      • Puo’ essere che venderà di più , buon per lei ..per conto mio non comprerò piu’ un prodotto Melegatti (come Barilla) , ci sono sbagli che si possono fare ..e sbagli che si pagano .

    • penso che un articolo del genere vada stampato e letto più volte, si può essere d’accordo o meno con il pensiero degli altri ma un’analisi così completa in fatto di marketing si legge raramente in giro…

      che poi da veronese io credo che potresti fare uno spot semplice semplice, dove dici che è l’originale e metterci l’arena e qualche altro monumento di Verona a random dietro, e lo trasformi in uno spot che gira in continuazione per anni fino a diventare virale… il pennelo cinghiale e la cedrata Tassoni non hanno insegnato nulla?

      Comunque grazie mille, mi hai cambiato una serata noiosa 🙂

    • Condivido, soprattutto i tre punti principali del packaging del pandoro, poi per i “cornetti sotto le lenzuola” sarebbe bastato che fosse evidenziato, ad esempio con la lei unghie lunghe femminili con uno smalto glamour, senza aggiungere frasi particolari, così avrebbero comunque fatta passare per una coppia “normale”.

    • Completamente d’accordo con l’articolo.
      Quando ho a che fare con una nuova azienda, oltre a fare il terzo grado, chiedo prima di tutto lo storico, analizzo il punto forte e mi concentro su come rinfrescare la chiave di lettura del brand.
      Ma queste spesso (per fortuna nonsempre) sono solo parole.
      Il cliente ti ricorda da subito che vuole aumentare il fatturato, che desidera qualcosa di nuovo che sfonda…e allora??? semplice: ricorre alle “merendine”!

      Cerco di contenermi quando mi sewnto dire: “ma guardiamo cosa sta facendo questo o quell’altro!”. Ma questo è un passaggio scontato che si analizza sempre; non focalizziamoci troppo su gli altri.
      Guardiamo chi siamo noi e dove vogliamo arrivare! questo è il filo da non perdere mai e poi mai!
      Un saluto.
      Armando Carastro

    • Questo articolo offre molti spunti interessanti, ma a mio parere soffre di un problema di base: critica un approccio teorico offrendo come alternativa un altro approccio teorico – basato sul nulla se non su dimostrazioni empiriche e col senno di poi.

      Prendiamo ad esempio il fatto che, a parere dell’autore, bisogni focalizzarsi sul proprio core business. Ebbene, ci sono fior fiore di aziende che effettivamente sono fallite diversificando troppo le loro attività. Ma anche il contrario è vero! Devo citarvi Polaroid e Xerox? E cosa sarebbe successo a Google se avesse continuato ad investire solo sul suo motore di ricerca senza diversificare? Non vi piacciono le aziende tech? Prendete Nestlé: lancia decine di nuovi prodotti ogni anno nel mondo, ed è leader mondiale. L’innovazione è importante!

      E’ facile, col senno di poi ed in seguito a questo disastro comunicativo, dipingere di nero gli ultimi 10 anni di Marketing di Melegatti. Ma davvero l’azienda avrebbe dovuto focalizzarsi solo sul Pandoro, prodotto fortemente stagionale? Combattere la stagionalità offrendo dolci che si possano consumare durante tutto l’anno non è stato sciocco. Pensare il contrario sarebbe ingenuo.

      Il problema di Melegatti, a mio parere, è stata una mancanza di innovazione negli anni che ha portato la stagnazione delle vendite, a cui è poi seguita un tentativo goffo ed erroneo di “innovare” con trovate ridicole come battute sui Social & Co. Questo non significa che tutto ciò che han fatto sia erroneo, né che la soluzione sia fare solo il Pandoro.

      Un altro punto che l’articolo manca nella sua analisi è l’internazionalizzazione, per esempio. Melegatti soffre di quei tipici problemi delle PMI italiane (perché, alla fine, appartiene a questa categoria) che ne limitano crescita e la mettono alla mercé del mercato (uno: quello italiano). Proporre che tornino a fare solo il Pandoro old-style è sciocco. Così come è sciocco dire che solo perché l’azienda ha 121 questo la renda esente dal fallire dopo i recenti avvenimenti.

      Vedete? Anche io posso controbattere a questi punti in maniera prettamente empirica, con altra teoria. La verità è che né io né l’autore siamo supportati da dati, e potremmo essere smentiti se Melegatti riportasse vendite fortissime durante la prossima stagione. DATA IS KING. Tutto il resto è fuffa, comprese tutte le seghe mentali che l’autore fa alla fine dell’articolo sul “Battlecry”, che non hanno NESSUNA differenza rispetto alla seghe mentali di Kotler. Che si studi in Bocconi o nell’università dell’autore poco cambia se poi ci si ritrova a supportare fuffa X o fuffa Y empiricamente.

      • Ronaldo tutto che tu citi è stato abbondantemente sviscerato successivamente. Nessuno ha mai detto che la Melegatti dovrebbe fare solo pandoro ecc…è il classico errore interpretativo di chi non conosce il brand positioning. Proprio per spiegare meglio (l’articolo non è un’enciclopedia ed è già lungo 32 pagine a stamparlo comunque) ho scritto ancora sull’agomento. Trovi i due successivi articoli QUI e QUI. Ti invito a leggerli e i tuoi dubbi saranno chiariti.

  1. “Non ho nulla contro Scanu. Non seguo la musica italiana, non ho mai sentito un suo pezzo e non ho nessun pregiudizio al riguardo” . Questa era una precisazione che non mi aspettavo.
    Confido di imparare almeno le basi del copy l’anno prossimo, così forse potrò finalmente capire il perché si debba, a volte, prevenire un eventuale critica fuori luogo da parte del lettore (sempre se era quello l’intento).
    Per il resto, giù il cappello. Imparo sempre tanto leggendo i vostri blog, grazie.

    • Andrea è importante specificare semplicemente che la mia è un’analisi tecnica. Il fatto che Scanu mi piaccia o meno non conta.

      Nel caso specifico so addirittura a malapena chi é.

      Ma il subumano medio, non il lettore accorto, (ma i subumani sono di più) se ne uscirebbe immediatamente con “A me Scanu piace e la Melegatti ha fatto bene!”.

      Cosa assolutamente non in linea con quello che viene scritto 😉

      • Quindi, ad oggi, è ancora utopistica l’idea che in un blog dove si parla di marketing, si possa scrivere liberamente di marketing senza inciampare nell’analisi scorretta del subumano di turno…
        Credevo che tramite un posizionamento corretto e ben definito si potesse avere la massima libertà di espressione, evidentemente non è così!
        Bisogna sempre considerare che la percentuale di “pubblico non in target” che si affaccia al blog, ne terrò conto d’ora in poi.

        Grazie per la celerità della risposta è grazie per la quantità di materiale che mettete a disposizione.

        Leggervi è sempre e solo istruttivo!

        • ok, sulla ovvia questione “estensione” hai già risposto nei commenti come fatto in occasioni simili, resta che per un’azienda che conta sul brand è comprensibilmente difficile accettare di fare una scelta simile (la più “sana”) e dovrebbe venire dai massimi livelli

      • praticamente un saggio magistrale fornitoci gratis, grazie!

        resta una questione di base sullo fondo: il pandoro Melegatti è in tutta sincerità un prodotto mediocre (risultato probabilmente frutto almeno in parte della rincorsa al prezzo basso)

        un marketing eccezionale non rende eccezionale un prodotto, mentre un prodotto eccezionale rende più semplice fare un marketing eccezionale

        inoltre c’è una “realtà” che mina le migliori intenzioni e pratiche: http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2012/12/21/news/natale-a-tavola-crolla-la-vendita-di-panettoni-e-pandori-1.6233318

        se devo comperarlo in un determinato periodo, visto che come la maggior parte della gente l’associo al Natale, personalmente tiro fuori il portafogli e spendo di più per comperare qualcosa di artigianale, oppure lo evito del tutto; altri se ne fregano del marchio e lo comprano a pacchi nel discount per farci colazione tutto l’inverno (da paleoman a paleoman: doppiamente poveracci!)

        dovendo evitare l’estensione di linea, come faresti a massimizzare l’acquisto del prodotto ad altri periodi dell’anno (se è possibile, altrimenti l’alternativa?) e quale sarebbe in ogni caso il target di riferimento?

      • Un articolo, questo, che mia figlia ha condiviso su fb e che ho letto solo per curiosità perché ancora non mi ero resa conto del macello che la Melegatti ha combinato. Ho veramente appreato ogni frase e per quel che riguarda il giovane cantante .. beh, a lui é stato proposto e ha accettato. Gli auguriamo comunque di realizzare i suoi sogni.
        L’articolo é molto istruttivo per me e illuminante in più amo il Pandoro e non avrei comprato Melegatti nella scatola nera. Ma che é ? Cambiare va bene ma in questo caso non era necessario dissolvere la base portante del nostro Natale. Balocco Pandoro é secco, Bauli fa venire il mal di pancia, Motta non ha sapore di pandoro, adesso c’é anche la Coop che ha pandoro e panettone e per quanto gli ingredienti siano controllati, il sapore é lontano dal vero Pandoro. E il primo Panettone qual’é ? Bauli é pesante, Motta sa di petrolio, Balocco é secco … forse Alemagna ? Sai che non ricordo ?
        Grazie per l’opportunità di saperne di più, sulla pubblicità intendo ! Bellissimo.
        E poi spesso le persone che occupano posizioni decisionali dimenticano di essere frammenti di sorgente di vita e concentrano la loro attenzione su un fare superficiale.
        Oggi uscirò a cercare la scatola nera, come un bobbo di Natale. E vado a sentire una canzone di Scanu, spero non sia una punizione !!
        Grande vita.

        • cara signora, il Pandoro nella scatola nera non lo avrebbe acquistato semplicemente perché non è in vendita, ma è una limited edition per i fan dell’artista, che certamente lo prenderanno, tutto questo macello per commentare un’operazione di marketing che NON è un’operazione di marketing

        • Bauli fa venire il mal di pancia e Motta sa di petrolio…..forse non siete a conoscenza che entrambi sono fatti alla stessa maniera e dalla stessa azienda che e’ ”gruppo Bauli” azienda che nell’ultimo decennio ha acquisito marchi famosi e conosciuti come Motta, Bistefani,Doria,Casalini,Favorina,ecc.ecc…..

          • Anna ma certo. Ma il brand è un gioco di percezioni 🙂

            PS: Non mangio nè panettone nè pandoro da anni.

  2. Ammappate quanto scrivi Frank.

    il dubbio mi rimane…

    non potranno vivere di solo pandoro…prodotto che non si capisce ancora perché si venda soltanto a natale e non si possa proporre anche negli altri mesi dell’anno.

    Perfino la Kinder con il classico ovetto ha trovato la soluzione per poterli vendere anche in Agosto..

    • Ti rimane il dubbio perché non conosci il branding e continui con la pippa “vendere SOLO”. Io non ho mai detto di “vendere solo”. Se leggi l’articolo non ho nemmeno avuto dubbi sul panettone.

      Ho detto di scorporare l’azienda che fa i cornetti e farne un brand nuovo. E di non usare il brand Melegatti per vendere quella roba.

      La Procter and Gamble ha 2000 prodotti che hai in casa tutti i giorni. Ma non li chiama mica Procter and Gamble. Gli dà un nome proprio.

      Comunque il mercato panettone e pandoro è un mercato da 600.000.000€

      Ci si campa tranquillamente ti assicuro se sei leader e hai il pandoro originale. “Non potranno vivere di solo pandoro” è de facto una stronzata.

      Perché poi c’è l’estero.

      Barilla all’estero ha sfondato in 3 anni perché era “La pasta numero 1 in Italia”.

      Melegatti può fare la stessa cosa e ha un mercato potenzialmente infinito.

      • Articolo Top. Non che gli altri non lo siano certo, ma qui si parla di noi al 100% si parla dell’azienda multinazionale italiana, una delle eccellenze storiche.

        Hai regalato a tutti quelli che ti leggono una lezioncina di marketing e di branding vero, che per chi ne saprà fare tesoro cambierà le sorti della propria azienda, chissà magari anche quella della melegatti 🙂

        Articolo da stampare e tenere sulla scrivania. Complimenti Frank 🙂

        PS: ma le gente si rende conto di quante informazioni di valore regali?!?

          • Io si, me ne rendo conto. E ti ringrazio di cuore per la generosità. Sto mettendo da parte i soldi per venire a venditore vincente. Grazie!

          • La Melegatti dovrebbe solo prendere una busta e metterci un assegno firmato in bianco e spedirtelo con la nota “scrivi quello che vuoi”.

          • Complimenti, il tuo articolo è denso di contenuti e incredibilmente istruttivo, ho imparato tanto in dieci minuti e mi sono persino appassionato alla materia marketing. Come puó un incompetente aver violato tutte le ferree leggi del marketing di cui parli? Comunque l’ho condiviso.

          • Non c’è nessun incompetente per carità. E’ proprio la formazione accademia porta a ciò che hai visto in Melegatti. Ricerca di nuovi segmenti nel quale espandere il raggio di azione del brand (si chiama estensione di linea e fa danni enormi), nuovi prodotti ecc..ecc…

            Quello che accade oggi è solo la puntina dell’iceberg.

          • La maggior parte di chi legge no, ma credo che chi se ne rende conto lo apprezzi anche per tutti gli altri.
            Complimenti e grazie!

  3. Magistrale Frank. Più scrivi e più mi rendo conto di quanto tra le mille difficoltà di capire posizionamento, branding ecc, sia paradossalmente facile fare la pelle agli altri ed essere inarrivabili. Complimenti

    • Il post non è un post. Se lo stampi sono 32 pagine in pdf. E’ un brand report che faccio pagare decine di migliaia di euro più fee. Ma alla Melegatti non interessa quindi almeno lo regalo a voi così ci studiate sopra 😉

        • Mara io faccio l’imprenditore per me stesso. Non faccio il “dipendente” per nessuno nè consulenza a chi non è un mio studente. Non ho mica scritto per loro. Ho scritto come lezione per chi ha una PMI e cercando di imitarli pensando che “i grandi sanno quello che fanno” rischiano di chiudere bottega.

  4. Frank, questo articolo è magistrale…l’ho letto con gli occhi che brillavano, come un bambino che guarda i giocattoli in vetrina. Che spettacolo!

  5. Mi sono meravigliata anch’io della deriva della Melegatti, pur nella mia ancora abissale ignoranza di posizionamento.

    Quando ho visto la confezione nera con Scanu sopra, ho pensato che fosse senza dubbio una performance da troll tipica di Facebook, o un meme su Scanu, per cui non l’ho presa sul serio nemmeno per sbaglio. Non mi sembrava nemmeno possibile che fosse la Melegatti. E anche per me, la Melegatti è il Pandoro. Quando ne voglio uno, scelgo quello perché gli altri non li vedo nemmeno. Nella mia testa sono riusciti a piantar bene il famoso chiodo.

    Sorvolo sulle scivolate omofobe…credo che capitino a tutti quei periodi in cui si agisce da tossicodipendenti in astinenza pur senza toccare un grammo di droga, che ti spingono a risultati come questo.

    La domanda un po’ ingenua che continua a sorgermi in testa di fronte a queste manifestazioni è perché non avere il coraggio di affidarsi ad un professionista serio come te (e ormai di prove che lo sei sono tappezzati Internet e un settore di cielo), per esempio, e continuare a scegliere una strada come quella del manager rampante, in cerca di idee GGiovani, che distrugge invece di creare?

    Boh, non capisco.

    • Loredana perché non possono pagarmi innanziutto. E poi perché io non faccio consulenze a gente che non decide un cazzo, ha le sue idee ecc…

      Lavoro solo con chi mi ha preso come punto di riferimento e fa quello che dico senza fiatare 😉 Non spreco fiato per chi risponde “Ma secondo me…” 😉

      • Da nuovo lettore, di questo bellissimo articolo, mi permetto di precisare che il tipico commento è un “Io non ne capisco niente eh, ma secondo me…”

        Sciocchezze a parte, complimenti

      • Giusto Giusto Giusto Grazie ancora per il corso.
        Mi sto veramente impegnando molto….

        ma nooo non intendevo per applicare il sistema, quello è una questione di giorni ormai;
        Mi devo impegnare molto
        nel farmi i cavoli miei quando incrocio
        gli imprenditori che si lamentano
        e basta, e oggi che vedo tutto con occhi diversi capisco che hanno avuto un gran culo e sono spacciati.
        Largo alle persone umili che a qualsiasi età hanno voglia di imparare perchè il mondo non va nella direzione desiderata.
        Per cortesia inventa un altro brand solo per venditori puri…. VenditoreConsapevole, non ha la VV ma va bene uguale.

      • Questo commento lo potevi evitare
        Ti vanti di conoscere benissimo come si fa marketing e poi fai così male il marketing di te stesso.
        In tutto quello che hai scritto non ho capito due cose, la prima: il pandoro che tu hai criticato per forma, colore e messaggio pubblicitario non è in vendita nei negozi e quindi di cosa stai parlando? La seconda: hai ripetutamente affermato che a te piace solo Melegatti e poi nello stesso commento affermi che sono anni che non mangi pandori o panettoni.
        Caro mister marketing, il tuo articolo è un bel articolo accademico ma ovviamente essendo accademico non ha nessun riscontro con la realtà: sai per caso di quanto è diminuita negli ultimi anni la pubblicità dei pandori o panettoni in televisione o nei giornali?
        Spero che tu mi risponda
        Un abbraccio ciao

  6. Grande Frank, è la seconda analisi che leggo fatta da te in persona dopo quella che hai fatto tempo fa sul brand del mitico Roberto Re, e sinceramente a mio gusto personale le preferisco anche quelle del Maestro Al Ries ovviamente senza nulla togliere al tuo Mentore. Per me sei tu il mio mentore.

    • Filippo, Al fa uno sport che io non potrò mai fare. E’ solo che io scrivo di più e faccio i disegnini. Fra qualche giorno sono di nuovo ad Atlanta a lezione da lui. Se tu lo conoscessi sapresti quanto è straordinario 😉

  7. Una delle migliori analisi e dei migliori articoli che abbia mai letto in vita mia! Spietato e Grandioso !

  8. Interessante disanima. Segnalo però che riguardo l’edizione speciale Scanu non si tratta di lancio di nuovo prodotto sul mercato ma tiratura limitata riservata al cantante e ai suoi canali. Riporto le parole postate su FB dalla Melegatti: “Il prodotto è un’edizione limitata creata appositamente per il Raduno dell’Invincibile Armata Scanu e quindi fa parte del merchandising di ques’ultimo. Pertanto, non sarà in commercio nei normali canali di vendita ma verrà distribuito esclusivamente a discrezione dell’Artista, secondo le sue preferenze”.

    • Roberto l’ho scritto nell’articolo. E non mi interessa. Scanu se vuole fare un’edizione limitata la fa con la Paluani o con chi cazzo gli pare. Il direttore marketing Melegatti gli deve dire : “No grazie”.

    • Il problema è che quell’edizione la vedono anche quelli che non possono averla e ciò basta a sconvolgerli, pensando: “Melegatti s’è ridotta a queste cose?”, col risultato di influenzare anche la normale clientela. Non parliamo degli altri slogan.

  9. Interessante, corretto, condivisibile e a volte anche divertente. Ci sono un paio di passaggi che personalmente non condivido, ma nulla che cambi l’opinione generale sull’accaduto in casa Melegatti. La mia domanda vera è: perché questo accanimento con i Bocconiani? Io sono orgogliosamente Bocconiano e ho sempre lavorato PER L’AZIENDA spiegando cosa si può e cosa non si può fare. Capisco che è facile fare ironia sui Bocconiani per rendere l’articolo più divertente e immedesimare tutti coloro che non sono Bocconiani. Cercare di sminuire un mito rende gli altri più grandi… Questo porta risultati nel breve ma distrugge nel lungo ????

    • Non temere Steven. Un po’ di ironia non ha mai ucciso nessuno.

      Tu continua a piegare la testa e a fare pompini al capo e uno stipendio col tuo curriculum continuerai a rubarlo sempre, non temere.

      Se ingoi anche farai pure carriera.

      • Ma…ma… com’era quella che……. Sono sul blog dove scrive anche Al e cercherò di essere un pochinino edulcorato??

        Comunque bentornato Frank ruvido scomodo e sexusal uncorect Merenda!
        Se ingoi fai pure carriera Wins!

        Posso andare a letto felice!

        • La presa in giro ai bocconiani è ovviamente una burla. E’ il sistema scolastico che fa acqua. Le lauree in economia/marketing e business administration varie creano ogni giorno i mostri che vedi nell’articolo.

          • E poi l’MBA Bocconi, che è al 31esimo posto delle classifiche mondiali costa il doppio di quello di Università molto più blasonate.. (Quango ho iniziato il mio MBA in Bocconi volevano 27.000 €… L’università di Leicester è in 3^ posizione e mi è costata 9000 £) . È ora di dirlo, la Bocconi è un Branding di successo, ma è molto più forma che sostanza.

        • Oddio! Ho fatto una battuta con linguaggio volgare!!! Le orsoline potranno mai perdonarmi!!! I BAMBINII!!! CHI PENSAA AI BAMBINIII!!!!

    • Articolo molto interessante, l’ho letto tutto e non sono uno del settore ma mi piace l argomento. Sono d’accordo al100% che non si può non sfruttare l asset IP (che se pur scaduto ha sempre il valore primario di essere i primi a fare pandori industriali) e quindi Melegatti IL Pandoro sarebbe perfetto. A un certo punto la ridondanza di odio verso una qualsivoglia formazione accademica, la ripetizione del nome di un guru Al Reis… non sono un esperto di questo settore ma lo sono di altri e allora mi iniziava a venire un dubbio… quindi mi sono letto tutti i commenti e Voilat eccolo…
      “Federica
      il 22 novembre 2015 in data 8:30 am scrive:
      Io si, me ne rendo conto. E ti ringrazio di cuore per la generosità. Sto mettendo da parte i soldi per venire a venditore vincente. Grazie”
      Ora ho capito con chi ce l’hai, non tanto con Melegatti ma con chi STUPIDO si ostina ad andare a scuola invece che darti i soldi per VENDITORE VINCENTE… Ecco perché al primo che ti ha fatto una domanda sulla Bocconi hai detto di fare pompini ed ingoiare ecc ecc uscendo totalmente dal personaggio fine è intelligente che ti eri creato in 15 minuti di ingresso nel mio tempo privato con questo post condiviso da un mio amico su FB.
      Rimane per me validissimo l’articolo ma ti sei un po sputtanato nei commenti.
      Venditore Vincente sarà anche ottimo ma una formazione accademica la vonsiglio a chi vuole fare un lavoro dal quale dipendano gli stipendi di chi panettoni pandoro o altro li produce in linea
      Ciao Frank

    • Ciao Steven, secondo te come mai “è facile fare ironia sui bocconiani”? (A proposito, gli aggettivi in italiano hanno l’iniziale minuscolo). Te lo sei mai chiesto seriamente?

      Forse perché ve la meritate, in media (“media” è una nozione statistica, ce l’avete l’esame di statistica? Non sto parlando di te).

      Leggere che la Bocconi sarebbe un mito mi ha fatto sorridere. Poiché sono le 23.20, vado a letto col sorriso e te ne ringrazio 😉

  10. Complimenti e grazie. Un’analisi fatta “gratuitamente” di un’azienda italiana molto conosciuta che ha messo un piede in fallo. Non avrei mai pensato di leggere così tanto a proposito di pandori. Ebbene sei riuscito a stupirmi ancora con questo report. Sei un grande professionista, ma la cosa che ti fa onore è regalarci tutto questo. Grazie ancora maestro!

  11. GRAZIE FRANK.
    Nelle aziende il MARKETING è sempre più povero, non di budget, ma di consistenza.
    GRAZIE per questa analisi impeccabile. La condivido sperando nella diffusione della CULTURA.

  12. Analisi centrata su una visione antitetica a quella “bocconiana” che senza dati di fatturato degli ultimi 10 anni, rimane un proclama da ayatollah contro la diversificazione di prodotto, criminalizzata di ogni male nel lungo periodo e nello spalamare il valore del brand. Quanto incidono nelle vendite gli altri prodotti oltre al Pandoro, nei trimestri primo secondo e terzo dell’anno? Chi è il target potenziale nel 2015 e cosa chiede all’azienda oltre alla certezza de IL PANDORO TRADIZIONALE? Molta prolissità che senza numeri rimane una scuola di pensiero.

  13. Magistrale davvero !

    Spero vivamente che possa esserci anche solo un piccolo impiegato di Melegatti
    che si accorga di questa consulenza gratuita, perché di questo si tratta, e che possa
    stamparla e farla trovare sul tavolo lunedì mattina al Ceo.

    Al di là del fatto che non potrà esserci un seguito, se un briciolo di neurone attivato,
    qualche scimmia del loro cervello non l’ha totalmente consumato, forse qualche
    domanda se la faranno.

    Forse li avrai salvati.

    Mi auguro solo che qualcuno interno alla famiglia Melegatti si ridesti
    dal torpore nel quale sono caduti.

    E’ un’azienda Italiana e merita di rimettersi in carreggiata anche se è forte.

    Grazie Frank per questa lezione, prendo appunti 🙂

  14. E vabbé facciamo consulenza gratuita a Melegatti S.p.a. allora… Scherzo 😉 Grazie Frank per questo articolo da 6323 parole! Leggendario! 🙂

  15. Grazie molto per aver condiviso questa Super Lezione!

    Ancora più voglia di continuare a studiare il Marketing..quello Vero.

  16. Ciao Frank ottimo intervento che ti ritornerà in immagine e brand positioning. Avrei solo dato il 100% delle responsabilità dell’orrore all’imbarazzante direttore marketing che tra gli infiniti errori ha commesso anche quello di scegliere una pessima agenzia che dal packaging al social, al fotografo non ne ha azzeccata una. In bocconi dovrebbero insegnare meglio anche quello.

  17. Ciao,
    Non sono esperto in materia (e per questo non potrei sollevare obiezioni strutturate) ma un semplice curioso la cui ragazza di occupa anche lei di “Scienza delle Merendine”.
    Premesso ciò, trovo l’analisi interessante ma soprattutto coinvolgente per uno non del settore come me.
    Stuzzicato un po’ ho trovato questo post (credo del 2012) http://www.packaginginitaly.com/melegatti-vera-differenza-packaging-nelle-vendite/
    e mi sono chiesto come mai non abbiano pensato di mantenere il bordo oro anche nelle altre scatole.
    Un saluto,
    C.

    • Cosimo, come ho detto, il packaging di quel panettone è fatto estremamente bene. E di molto migliorativo rispetto alla versione precedente.

      Il “come mai” non è così strano. Non sono certo informazioni o competenze di pubblico dominio. Io sono un allievo di Al e Laura Ries. Laura ha teorizzato il Visual Hammer e non è che siano proprio competenze di pubblico dominio. Dai insomma per scontate delle cose che non lo sono.

      Ciò detto, magari i ragazzi dell’agenzia hanno (come si fa di solito) presentato più varianti e in una c’erano le bande oro. Che magari il direttore di marketing dell’epoca gli ha cassato.

      Le variabili sono tante ma rimane il fatto che quel packaging sia veramente fatto molto, molto bene.

  18. ….Frank ….leggo molto spesso i tuoi articoli e, alle volte, mi capita di iniziare una lettura senza magari comprendere bene dove vuoi andare a parare ( ovviamente per la mia totale ignoranza al riguardo !! ) ….poi ( oramai non cito più neanche l’aggettivo “incredibilmente” ) rimango incollato alla pagina fino alla fine; magari aumentando la dimensione dei caratteri, quasi avessi paura di perdermi qualcosa ….
    Articolo e disanima davvero ineccepibile …soprattutto per la sua semplicità ed efficacia …so che mi unisco al coro di molti MOLTO, molto più esperti di me sull’argomento, ma mi verrebbe voglia di farne una copia cartacea da proporre a molti istituti di laurea in materia ….davvero grazie …questa è l’unica parola che una persona come me, poco esperta e che sta cercando di imparare, può dire a chi gli mette costantemente in mano strumenti competitivi che non hanno eguali

  19. Caro Frank, tutti i miei complimenti, analisi approfondita, dettagliata e mirata come poche.
    Studio Marketing con gli Americani e l’ho studiato con gli Inglesi,anche se spero di non essere uno di quelli che cercano le aziende perché studia Kotler con gli Americani e poi fà disastri!
    Di nuovo tutti i miei complimenti.

  20. Frank, complimenti per lo studio del marketing e brand positiong su Melegatti, dopo gli errori veramente grossolani che hanno commesso .
    Interessante poter conoscere cosa ha portato un azienda così tradizionale e con un brand consolidato come da te ben spiegato fare dei cambienti così radicali senza un marketing survey e customer awarness in anticipo ?
    Forse risultati di vendite e di bilancio negativi? Cosa ne pensi? Hai notizie sugli ultimi risultati finanziari?
    Qual’e’ sarà la loro politica di prezzi nel l’imminente stagione natalizia?
    Partiranno con un azione a prezzo di costo nella GDO
    Probabilmente se come sembra ci sarà un aumento dei consumi anche con questi errori potranno registrare un aumento dei volumi di vendita rispetto lo scorso anno.

    Mi hai incuriosito seguirò andamento della loro politica marketing e si prezzi oltre a raccogliere info sui loro bilanci

    • Gianluigi, perdonami se sono un po’ diretto ma qui siamo sul blog che parla di branding e quindi mi tocca riportare il discorso nei binari di ciò che si insegna qui.

      Le marketing survey e la customer awareness sono puttanate galattiche alla supercazzola prematurata a destra.

      Se chiedi ai clienti cosa vogliono ti rispondono “Tutto”. Se gli chiedi se in caso di lancio di un pandoro al cioccolato comprerebbero Melegatti o un’altra marca al momento sconosciuta, ti rispondono “Melegatti” senza ombra di dubbio.

      Poi vai a vedere i comportamenti reali di acquisto e non sono così.

      La Toyota quando lanciò la Lexus ovviamente fece da qualche parte dei sondaggi. “Comprereste più volentieri una Toyota di fascia alta da 70.000$ o una Lexus (marchio allora sconosciuto)?”

      Ovviamente tutti ti rispondono “Toyota”. Meno male che non diedero retta ai sondaggi e lanciarono il secondo brand.

      Se chiedi “Comprereste cornetti da colazione Melegati o Frollallerofrollallà?” con la survey ti risponodono TUTTI Melegatti.

      Il problema è che quindi i manager ci credono e continuano a estendere la linea a cazzo diluendo il brand.

      Tutte le teorie basate sull’opinione dei clienti sono sbagliate. Lo dimostra la storia del marketing. I fatti.

      I clienti non sanno quello che vogliono, se chiedi vogliono tutto e rispondono sempre a favore del brand conosciuto.

      I manager non ci saltano fuori proprio per questo motivo.

      Se non lo hai ancora fatto ti invito a studiare Focus di Al Ries e tutto ciò che trovi in lingua inglese. Non si studia all’università e i risultati purtroppo si vedono.

      Buon lavoro 🙂

      • Ahhh! Tutte quelle ore passate in riunione col cilicio per le survey impietose (con migliaia di slides) su cui fare penitenza sotto la frusta del nostro Direttore MKTG…” ancora non siete in grado di capire i clienti!” …e l’inquietante sospetto che fossero, se non stupide, inutili perdite di tempo. Grazie Frank. C’è bisogno di una parola solidale per noi poveri markettari specie non bocconiani.

  21. Grazie Frank , la specificità della tua analisi è illuminante , ho dato una occhiata adesso al sito Melegatti, effettivamente la loro esigenza di estendere la linea , fa diluire il brand , e il pandoro equivale ad una torta ed un cornetto !
    Se avessero i coglioni ottagonali , il pandoro dovrebbe comparire in primis o magari, addirittura con due siti web differenti.

  22. Sono semplicemente incantato stasera.
    Quanta roba in questo articolo.
    Se permetti me lo stampo, me lo rileggo e me lo porto sempre assieme.

    P.S.: scusa l’ho già stampato senza permesso!!

    p.p.s.: grazie 😉

  23. Di certo non ti inviteranno a tenere una Lezione alla Bocconi sul Branding, sarebbe un bell’ autogoal 🙂

    Bellissimo articolo, ricco di spunti e contenuti. Come è tuo stile.

  24. Un articolo da paura, da salvare e leggere e rileggere.
    Una buona mezzora di lezione con Maestro Frank sul Brand.
    Ok… mandatemi il suo iban porca zozza…
    Sempre così và a finire…
    Ps. Grazie che ci fai crescere ogni volta.

  25. Salve Frank,
    l’articolo alla Melegatti sono sicuro che l’hanno già letto… io l’ho condiviso sulla loro pagina, ma era gia stato condiviso altre 5 o 6 volte.
    Complimenti.

    Emanuele

  26. LECTIO MAGISTRALIS ! ????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????

  27. Io il Pandoro di Scanu lo trovo geniale .. cioè pubblicare la foto intera è geniale ! questo perché appunto di solito i marchi si limitano a riprodurre il packaging con PICCOLI elementi di differenziazione . In questo caso è ben visibile e soprattutto sicuramente apprezzato dai fan ..
    gli slogan pubblicitari .. bah .. ormai anche in tv sono banali per la maggior parte .. poche pubblicità sono ben fatte, tipo quelle della nuova audi A4 .
    Tuttavia, occorre dire che l’ uomo medio non si cura di analizzare l’ efficacia persuasiva di uno spot pubblicitario . Il comune uomo medio consumatore legge ” in ogni momento della giornata ” e non pensa ” ma che slogan banale ” , bensi’ : ” toh, ecco cosa mi prendo per merenda ” oppure semplicemente non pensa nulla iniziando a salivare avendo l’ acquolina in bocca

  28. in ogni caso credo tu abbia fatto un’ ottima pubblicità al brand con questo articolo … questo perché sono un ignorante in materia di dolci, ma leggendoti ho appena scoperto che Melegatti è il pandoro originale per eccellenza !

    fare i pandori farciti secondo me non è sbagliato .. non tutti gli italiani sono attaccati alla tradizione natalizia , e agli annessi e connessi . .. e magari vedendo un pandoro farcito sono piu’ tentati nell’ acquistarlo perché gli fa piu’ gola avere la ” pappa pronta ” invece di doverci mettere da soli la farcitura – io ad es. lo troverei piu’ comodo – quindi, fornendo anche pandori farciti oltre a quello originale, Melegatti sta al pari con la concorrenza ; e al cliente ignaro del gusto dei due prodotti non resta che stabilire ” intuitivamente ” quale pandoro potrebbe avere un gusto migliore

    • Esatto, comunicano da anni molto male il loro posizionamento strategico. La gente non sa che sono il pandoro originale. I vari direttori marketing che si sono avvicendati negli anni mi chiedo che cazzo stessero facendo e pensando.

      A lanciare i pandorini e i cornetti al limone immagino.

  29. Avrei un ulteriore argomento a favore della ditta …

    SE RENZI TAGLIA LA TASSA SULLA PRIMA CASA

    ALLORA MELEGATTI HA IL DIRITTO DI “SEGUIRE LA SCIA” ABBASSANDO IL SUO PREZZO

    Dopotutto, c’è crisi .

    Il cliente è attento anche se si sta attenti al suo portafoglio .

    Sinceramente, tra prezzo alto della tradizione e prezzo basso della tradizione – fossero pochi euro o cent – l’ unica differenza è il PREZZO .

  30. Complimenti, è la fotografia completa e dettagliata su quanto accaduto. Prima o poi tutto ritorna ovvero chi semina raccoglie. Buona domenica

  31. Frank grazie per il “corso” che ci hai REGALATO in queste 32 pagine!!!

    Sempre illuminante ed esaustivo!!!

    Scusa ma ora scappo e vado a rileggerlo un’altra volta…

    BENZINA X IL MIO MOTORE…..!!!!

  32. Dovresti essere assunto dal ministero del turismo e attività produttive per rilanciare questa NAZIONE e il VERO MADE IN ITALY

  33. Articolo molto molto interessante! E’ la prima volta che leggo questo blog e pure se sono abbastanza ignorante di marketing l’ho trovato molto stimolante…

    Da gestionale (neolaureato) mi viene da pensare che la volontà di estendere la linea sia nata anche per la volontà da parte del manager di bilanciare la produzione lungo l’anno (data la natura particolare di un prodotto come il pandoro non so se sia questo il caso…non so come funziona una linea produttiva di un pandoro industriale) senza però che qualcuno lo avvisasse degli effetti collaterali sul prodotto di punta… Alla fine bastava come dicevi in un altro commento lanciare un altro marchio che facesse cornetti e quant’altro per la colazione.

    Quanto al marketing nel dettaglio mi viene da pensare che si siano fatti contagiare dallo spirito, spesso assurdo e demenziale, che si vede su facebook e twitter, dove alla fine per aumentare la visibilità, ovvero sembra che devi fare ridere a tutti i costi (per ricevere like e commenti) o devi fare discutere (per ricevere almeno commenti).
    Ovvero mi pare che abbiano dimenticato il proprio “stile” il proprio messaggio per adattarsi (secondo loro) al mezzo (facebook).

    Complimenti ancora per l’articolo!

    Francesco

  34. Molto ben argomentato, complimenti. Meriterebbe quel posto in direzione marketing.

    Tuttavia da panettonista se vedo un’azienda di pandori farsi del male non piango 😉

  35. Bell’articolo. Ma hai scritto “che il direttore Marketing centri qualcosa”. Voce del verbo centrare?

    • No Giovanni, poraccio. Spero che non gli capiti nulla di male. Errore mio dopo ore e ore di scrittura allo stremo 😀 Grazie per la segnalazione.

  36. Frank complimenti! Una lezione magistrale. Non c’è da aggiungere altro.
    Spero solo che gli imprenditori italiani recepiscano la cultura di marketing che stai diffondendo e qualche piccolo pesce si possa salvare in questo periodo di crisi (economica?? o…. di cultura economica!).

  37. Fantastiko Frank!!!
    Semplicemente meravigliosa, e illuminante, la tua mail festiva: festiva in tutti i sensi, perché l’ho letta tutta d’un fiato come fosse stata un romanzo che mi ha acchiappato, sottolineando così che oggi è un giorno festivo, e che, chi ben comincia …
    Sei un genio, c’è poco da dire, anzi, non c’è niente da dire, né tantomeno da aggiungere, perché ogni parola in più sarebbe superflua.
    Ti dirò che, secondo me, la Melegatti, ha incaricarito te, di rimediare ai pasticciacci degli altri, perché una pubblicità più pubblicitaria della mail che hai scritto sull’Azienda di cui sopra, non può esistere al mondo.
    E’ una mail dal contenuto folgorante, per chi sa coglierlo, ed io modestamente lo colsi (tanto per parafrasare Totò: “signori si nasce, ed io, modestamente, nacqui”), ed ho coniato il mio personale brand per il mio personale scrivere.
    Ti confesserò, Frank, che ci stavo riflettendo sopra da giorni, sul quando e sul come postare il mio nuovo libro in Fb, mi stavo arrovellando e lambiccando il cervello per trovare un modo, non un modo qualsiasi bensì il modo migliore, per pubblicizzare il libro in questione, ma soprattutto, mi scervellavo per capire come fare una pubblicità che fosse il più possibile positiva e incisiva, che potesse incunearsi nella mente degli Amici della rete, e portarli ad esclamare, entusiasti e senza dubbi, ogni volta che vedranno un mio libro da qualche parte (ne ho pubblicati dodici): “Questo è un’opera di Alida Casagrande!”
    Quindi, a te Frank, giunga il mio grazie di cuore, un grazie sconfinato, un grazie ripetuto all’infinito: grazie grazie e ancora grazie.
    Ciao, alla prossima.

    • C’é gente che sul serio ha scoperto come Melegatti sia il Pandoro originale perché l’ho scritto io in questo articolo. Loro non lo dicono da qualche decennio se non per un trafilettino invisibile sulla confezione.

      • Ora non esageriamo, sicuramente su questo tema ci realizzarono lo spot 5 anni fa. Se poi vogliamo parlare della sua efficacia o del fatto che dovrebbe sempre essere il cardine di qualsiasi campagna pubblicitaria è un altro paio di maniche. https://youtu.be/9PXbK5v3u5o

      • Secondo me essere l’originale pandoro industriale….non è poi un gran asset.
        Giusta analisi errori (ex post) commessi da Melegatti ma per ripartire non basta certo “l’originalità industriale”

  38. Il problema poi, non è Scanu.
    Poteva essere Mengoni, o persino Madonba, non cambiava.

    Al massimo Gianni Morandi.
    Lì si che era una genialata.
    “MeleGatti, innamorandi del Pandoro”

      • Innanzitutto complimenti per l’articolo, una gioia per gli occhi =)
        Ma Morandi nonostante il periodo di notorietà positiva, ha ancora la nomea di mangiamerda in rete 🙂 Okay i valori della tradizione, ma associarlo a qualcosa di commestibile sarebbe proprio un errore da sempliciotti.

        Semmai a una ditta tradizionale e tipica che non c’entri una mazza col cibo, tipo la Fiat.

        • Francesco mi fido sulla parola. Non so praticamente nulla di Morandi e non l’ho mai seguito.

    • No no… il problema è proprio Scanu. E non per i suoi gusti sessuali, ma perché è il prototipo del cantante raccomandato che fa musica di cacca. Piace alle ragazzine che guardano amici e “schifato” da tutto il resto del globo terracqueo che ascolta “musica”. E io, che ho sempre preso Melegatti per i pandori e Motta per i panettoni, quest’ anno Melegatti lo lascio dov’è. Perché è un personaggio che non sopporto (evito di scrivere qualcosa di più scurrile), e sapere che un azienda usa la sua faccia da c… schiaffi su un suo prodotto mi da fastidio. E anche se è a tiratura limitata la frittata è fatta. In molti, facendo un analisi delle mie conoscenze, non compreranno Melegatti per il mio stesso motivo.

  39. Semplicemente…la migliore consulenza di marketing e posizionamento che Melegatti potesse avere in Italia!! l’hanno avuta gratis, probabilmente non la vedranno mai e purtroppo se anche la vedessero al 90% la snobberebbero!! Non perché come ai più verrebbe a pensare, la storia non ci insegna mai niente! Molto peggio qui la storia non si conosce, non si studia. La vera storia di oltre in secolo di scelte, di strategie di marketing, applicate a centinaia di aziende in tutto il mondo, con tanto di dati, variazioni di fatturato e utili conseguenti, evidentemente non deve essere poi così importante!!
    Scusa ma chi è sto Al Ries?…….

    Grande Frank!! A volte mi chiedo dove trovi la forza, ma non mollare!
    Ps. Sento che tra non molto sentiremo parlare di Red Bull

  40. Complimenti,
    c’è solo un punto che non mi torna: qualcuno scrive per Melegatti su twitter almeno da giugno 2014, Scanu è “testimonial” da allora almeno (“lo abbiamo scelto come nostro testimonial perché crediamo in lui proprio…”) e lo stile non è molto diverso da quello attuale. Il direttore marketing che è lì da 5 mesi non può essere il (solo) responsabile o almeno non ha demolito il lavoro di altri.

    • Barbara infatti sono certo che lui, in quanto dipendente, abbia solo seguito direttive che arrivano dall’alto. Nella “lotta fra famiglie proprietarie”, questo giro ha vinto probabilmente quella della corrente “facciamo la roBBa per giovani”. E hanno preso lui a rinforzare questa strategia. 😉

  41. Non solo hanno commesso una serie di errori grossolani, ma non sanno nemmeno cosa sia il crisis management. Però, quanto sono stati non convenzionali!

  42. Bravo, bella analisi.
    Diciamo che in ufficio ci siamo ritrovati increduli di fronte alla manovra ‘Scanu’.Onestamente credo sia frutto del pensiero di una agenzia poi sposato dalla direzione…più che altro perché quello che mi sono chiesto io e’ “ma come ti fa a venire in mente???”
    Guarda che è stata la cosa forse più difficile di tutta la manovra!!

    • E’ stata abbastanza agghiacciante, sì 🙂 Ma fa parte in qualche modo perverso di “facciamo roba virale”, “parliamo ai GGiovani”.

  43. Ciao Frank, è da poco che ti seguo, solo da dopo che mi hanno regalato “Vendere fa Schifo …”, e conseguentemente all’iscrizione alla mail list e sono rimasto affascinato dalla tua Lucidità analitica e dalla tua competenza, ti ringrazio per le perle che quotidianamente pubblichi, perchè se pur a volte sembrano concetti già conosciuti o studiati, ci si rende conto che o non sono stati applicati correttamente o semplicemente una volta acquisiti, si sono accantonati per poi passare a qualcosa d’altro, che qualche “Guru” ci ha insegnato. Finita la sviolinata, il post di oggi sulla Melegatti, se pur prolisso penso sia un capolavoro, e come ha scritto già qualcuno Melegatti dovrebbe chiederti l’IBAN. sei un grande.
    Enrico Bertesi
    vice presidente Denas Italy
    Spilamberto (Mo)

  44. Davvero una brillante e approfondita analisi che ho apprezzato ma contiene un errore strategico. Non è vero che le PR servono a lanciare un Brand e poi serve ADV per difenderlo ma esattamente l’opposto. Quando sei sconosciuto e devi parlare ad un vasto e indifferenziato pubblico allora servono spazi pagati ma se ti attaccano come VW o come Barilla serve costruire alleanze con terze parti e convincere i media e blogger delle nostre posizioni e quindi..PR.

    • Ciao Lorenzo,

      in realtà l’analisi non contiene nessun errore strategico. Siamo sul blog di brand positioning scuola Ries e sia il caso che io sappia esattamente come funziona il branding.

      Il brand si costruisce con le PR e non con l’advertising. L’advertising serve a rinforzare un brand quando è già affermato.

      I brand si lanciavano con l’advertising ai tempi di Carosello, oggi non è più possibile. Se da qualche parte continuano a insegnare cose che non funzionano più da decenni non è colpa mia.

      Tu parli di altre cose, cioè di rimediare a cazzate e concordo. Ma basterebbe non farle le cazzate evitando di essere sessisti, razzisti ecc… cioè capendo un minimo di branding.

      Ti invito a studiare questo testo che può aiutarti molto, immagino anche nella tua professione: http://www.amazon.it/Fall-Advertising-Rise-Pr/dp/0060081996/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1448189720&sr=8-1&keywords=the+fall+of+advertising

  45. Molto interessante anche per chi come me di marketing non ci capisce nulla (infatti alcuni termini non mi sono chiari). Sai cosa manca a Melegatti secondo me? Uno slogan o un jingle che ti entri nel cervello. Ricordi quel jingle abbinato alla lotteria “La fortuna lo sai con Melegatti è più dolce che mai”? Ecco una cosa simile. Inoltre mettere il volto di un vip (a meno che non mi parli della Carrà, della vecchina Ace o di un personaggio di fantasia) su una scatola di Pandoro proprio non va. Io mi vergognerei a portare a casa di amici un Pandoro magari ottimo ma con la faccia di Scanu… Carlo Conti, Miss Italia, la Littizzetto o chiunque possa possa essere più o meno conosciuto e piacere. Vuoi Scanu testimonial? Metti dentro la scatola un indirizzo con codice che ti regali il CD delle canzoni di Natale da ascoltare sul telefonino di Scanu, to’, proprio a esagerare. Manco il CD ci sta bene se vuoi fare il Gggiovane… che Scanu canta bene, ergo. A me non rassicura fatta così la confezione. Devi darmi l’idea che il tempo passa, tutto va in rovina, non ci sono più i Natale di una volta ma almeno sto cazzo di Pandoro è sempre uguale, il migliore. Insomma mi deve far ricordare il sapore di quando lo mangiavo da bambino… nulla più. Ad esempio Bauli con quel jingle Bababababababababababbabauli io subito lo associo al Natale.

  46. Accidenti! Altro che le solite menate da flame su Facebook. Una lezione magistrale su come un Brand va diveso, promozionato e spinto all’attenzione del consumatore. Non ho mai studiato il marketing, ma se questo è, voglio comprare qualche libro per imparare le basi per passare da lettore a neofita.

    Grazie Frank.

    Alessandro

  47. Spettacolare. Grazie per questa splendida lezione.
    Io comunque mi salvo questo articolo tra i preferiti, curioso di vedere nel 2016 cosa faranno alla Melegatti, se saranno almeno un pò furbi faranno quello che hai scritto

  48. Complimenti per l’analisi e le considerazioni che hai fatto. Come dici tu, non solo per i consigli di marketing ma per quelli di visione aziendale. Comunque, nel leggere, il tuo articolo ho scoperto che Melegatti è il pandoro originale. Non lo sapevo. Non sono un grande mangiatore di pandoro ma, sono sicuro, che quando ne comprerò uno prendero’ lui, l’originale.

    • Stefano, questa è la tragedia. Sono anni che fanno marketing alla cazzo, lanciano estensioni di linea con prodotti assurdi perché “vogliono vendere di più” e stranamente il direttore marketing si scorda di dire che sono il Pandoro Originale. Certo che le vendite non si alzano e fai una scemenza dietro l’altra.

  49. Commento giusto per scrivere “complimenti”. Non c’è da aggiungere altro. Per quanto possa sembrare un articolo scritto d’istinto è una VERA consulenza da far leggere alla cara MELEGATTI S.p.a. (Anche se forse è troppo tardi).

  50. Gran bel pezzo, che chiarisce alcuni punti oscuri e riporta alla memoria l’importanza del Brand Melegatti, speriamo non solo che lo leggano in azienda, ma che lo recepiscano.

  51. Ho studiato economia e marketing e per fortuna ho avuto la fortuna di avere necessità di lavorare e non ho finito il percorso seppur per pochi esami.

    Credevo che il marketing in fondo fosse solo “aria fritta”.
    Però fino a 1 anno e mezzo fa cullavo il sogno di finire il percorso ma poi… un blog ed un gruppo facebook hanno cambiato radicalmente la mia concezione.

    Alla fine dopo anni di studi Il primo vero corso di marketing l’ho fatto in un palazzo congressi qualche decina di giorni fa.

    Con questo report ci hai regalato un’altra mezza giornata di corso.

    Chiaro e concreto come sempre
    Testa bassa e imparare.

    Grazie Frank

  52. Concordo e applaudo.
    Purtroppo questo è solo uno dei migliaia di casi che quotidianamente scarnificano la tradizione e l’economia italiana.
    Mi piace sottolineare un passaggio. L’avere coscienza del marchio per cui si opera. Nel 70% dei casi (sono stato buono) oggi i direttori marketing non hanno nessun rispetto della loro azienda semplicemente perchè ignorano. Ignorano perchè sono come tutti noi oggi tuttologi del nulla.
    Adoro ancora la sensazione di trovarmi davanti a un vecchio marchio e subirne il potere del tempo e sentire l’aroma della tradizione. Questo è ciò che mi invoglia a comprarlo e conquista la mia fiducia. Tanto quanto il semplice rigolino dorato Melegatti.
    Una volta non era necessaria una laurea alla Bocconi, ma il sano rapporto di comunicazione tra le persone a lavoro per un azienda, conferiva ciò che si potrebbe definire “senso di appartenenza”, e probabilmente giusto rispetto per il lavoro di chi li ha preceduti.
    La critica piu frequente a un commento come il mio è quella del “voler solo guardare al passato”. È qui l’errore. Quelle menti piene di scienza e coscienza non erano solo dei rispettosi protettori della tradizione, ma erano quasi sempre dei pionieri, erano mossi dalla voglia di innovare.
    Evidentemte per tanti e troppi tuttologi del nulla l’innovazione ha la semplice funzione di distruggere ciò che di buono è stato fatto.
    Un articolo come questo mi riconcolia a quell’idea di Natale e al pensiero che menti come quelle di quei pionieri pieni di garbo e stile siano ancora diffuse tra noi.

    Saluti

    • Adriano, certamente in italiano è una rima. In gergo tecnico nel caso specifico ci riferiamo come alliterazione nel naming a una ripetizione di una o di un gruppo di lettere. Se sono perfettamente identiche e a fine parola sicuramente si chiamano e fanno “rima”.

  53. Il brand report è una delle dimostrazioni, del perchè nella vita.. non si finisce mai d’imparare!! 😉

  54. Geniale, semplice ed immediato. Veramente un articolo illuminante in un mondo dove se non fai ninjia o viral sembra che non fai nulla. Bravo!

  55. Sono d’accordo quasi su tutto, tranne che sul colore, in linea generale è come dici, ma del cambio colore Eridania ci ha fatto il suo business più grande.
    Non sarà forse il caso per melegatti, ma ci sono prodotti in generale, che a mio modesto avviso, hanno bisogno di uno svecchiamento, e perché no un cambio colore.

    • Non si cambia il colore di un brand. Mai.

      Non si fa il McDonald’s verde. Nè la Coca Cola Verde. Nè il Melegatti nero.

      Stop.

      • Beh, in realtà la M di MC Donald’s in Europa dalla fine del 2009 è trasferita su sfondo verde e non più rosso. Tristissima scelta secondo me, pare motivata da motivazioni ambientali… mah.

      • Ciao, ho letto tutto l’articolo, personalmente non mi occupo di marketing e non ne sono esperto. Ho qualche nozione molto elementare, ma conta poco. Vivo di spettacoli.
        Questo punto specifico (Coca Cola), con onestà, è l’unico che mi ha fatto storcere il naso in tutto l’articolo. Ok, nessuno al mondo è infallibile, ma la Coca Cola e il Mcdonald’s sono aziende leader mondiali nel loro settore. Quindi, mi chiedo, come è possibile che commettano errori così grossolani? Posso dubitare della direzione marketing di Melegatti, ma della Coca Cola e del McDonald’s no. Immagino ci siano dietro dei colossi che possono anche prendere delle decisioni che violano le regolette dei libri, che spesso sono teoriche e soprattutto non assolute. Così come è valido nel mio settore (spettacolo) è valido, secondo me, in qualsiasi settore sia incentrato sulla comunicazione. La comunicazione ha delle regole, ma non assolute… ci sono tante sfumature, e nel mondo tante persone sono divenute di successo grazie all’aver capito che una regola poteva essere infranta con intelligenza.
        Solo una modesta opinione.

  56. Parecchio interessante. Manca una considerazione, pero’. Melegatti, il Pandoro sara’ pure l’originale ma non e’ il pandoro industriale piu’ buono in circolazione. Quindi la tradizione e l’originalita’ le possono comunicare pure con la nonna che apparecchia la tavola… Ma se io sto al supermercato Melegatti non lo compro perche’ non mi piace. Comunicare di farlo meglio, con maggiore cura, migliori ingredienti, piu’ soffice o che ne so… potrebbe soddisfare la voglia di innovazione e non incidere sulla tradizione del brevetto. In questo caso lo proverei, nonostante il packaging che tu apprezzi ma purtroppo non e’ piu’ tradizione. E’ antico. E senza una comunicazione efficace lo diventera’ ogni anno di piu’.
    Ancora complimenti!

  57. Bell’articolo e ben scritto, ma il grammar nazi che è in me urla leggendo “é”, “cioé” e “centra” (dove sarebbe “c’entra”).

    • Grazie Alessandro, qualche typo scappa sempre purtroppo e con la tastiera del mac scrivere gli accenti correttamente è uno sforzo XD

      Porta pazienza. Correggo come posso.

  58. Hat tip, Frank!

    Grazie infinite per questa perla, “free” di marketing & branding corporate.
    Alcune aziende storiche italiane, (IMHO) e credo sia valido un tale concetto per Melegatti, dovrebbero anche ricordarsi di focalizzare la loro strategia di marketing sul prodotto, ed in tal caso anche core business, che sicuramente è “Made in Italy”, sinonimo di qualità ed eccellenza nel mondo, per incrementare il loro fatturato all’estero.
    Valutazioni nonché pianificazioni di processi di turnaround errati, come magistralmente evidenziato nel tuo trattato, sono dei “boomerang” che nell’era digitale invece si manifestano palesemente nel brevissimo periodo.
    Grazie ancora per la “consulenza” 😉

    Buon lavoro
    G

  59. Interessante analisi.

    In realtà io non criminalizzerei un tentantivo di ringiovanire il brand melegatti.
    È il modo con cui è stato fatto che ricorda molto quando i 50 enni divorziano e si vestono come secondo loro vestono i ggiovani e fanno una figura barbina.

    • Non serve “ringiovanirlo”. Sono scemenze da creativi quelle.

      Serve ricordare alla gente che parliamo del Pandoro Originale. Sono decenni che non lo comunicano e la gente non lo sa.

  60. Ma nella cosa (non so come definirla altrimenti) con l’albero di natale e la frasetta spiritosa risalente forse al cambriano, le virgolette che si chiudono senza essersi mai aperte? (forse l’avrà accroccata il nipote di Serafini che s’era appena scaricato photoshop)

  61. Articolo magnifico, complimenti davvero! L unico aspetto su cui non mi trovo particolarmente d accordo e l aspetto della Coca Zero vs Coca Cola. Probabilmente cannibalizza, è vero, ma è anche vero che entra in un segmento in cui coca cola di fatto non poteva giocare, che è quella del calorie control. Non mi pare un segmento piccolo, e soprattutto non mi pare un segmento “volatile” come stretchare un brand da un prodotto core a uno molto lontano come i cornetti. Nel caso di coca cola, per tornare al tuo discorso sull’originale, piuttosto direi “cosa tieni a fare anche la coca cola light” visto che ha proprio un altro sapore? Il fatto che la coca zero non abbia zucchero, a mio avviso non vuol dire che l altra ingrassa e fa male, ma che da oggi possono berla tutti.

    Ciò detto, avresti da consigliarmi 2-3 libri di branding che approfondiscano i punti de tuo articolo?

    Grazie e bravo!
    D

    • Diego la Coca Cola ha fatto un errore. In realtà aveva già la sua “Coca Zero”. Si chiamava Tab e aveva il 43% di quote di mercato nelle cola zero calorie.

      Poi l’hanno uccisa con l’estensione di linea della Coca Light che non ha mai più avuto il successo della Tab.

      Quando devi uscire da un settore devi creare un brand nuovo. Non un’estensione di linea che uccida o cannibalizzi il tuo prodotto originale.

      Ad oggi la Coca Cola dovrebbe eliminare del tutto la sua bevanda zuccherata e rendere semplicemente la Coca Zero la “Coca Cola: L’originale senza zucchero”.

      Per il resto, parti da Focus. Scarichi il primo capitolo gratis qui nel blog e nella mail che ti arriva c’è anche il link per acquistarlo. Ma qualunque testo di Al Ries e Laura Ries se leggi in inglese va bene. Dovresti studiare tutti i libri che hanno scritto.

  62. Ciao Frank,
    letto, preso appunti e iniziato a mettere in pratica.

    P.S.
    Grazie a tutti i tuoi consigli step by step ho iniziato da qualche mese a muovere i primi passi in un nuovo progetto online! Grazie ancora.

  63. Il “PANDORO di Scanu” non è mai stato utilizzato dalla Melegatti per campagne di marketing e non sarà in vendita , la fotografia del prodotto è stata pubblicata esclusivamente sulla pagina di Scanu ed il caso è “esploso” nel momento in cui è stata ripubblicata da S. Lucarelli accompagnata dalla battuta : “Quest’anno prendere a coltellate il pandoro per tentare di aprirlo sarà un po’ più dolce ” , facendo passare una produzione limitata e per uno specifico evento (il raduno dei sostenitori di Scanu) per una “produzione di massa”.

    La foto del “PANDORO di Scanu ” è stata cancellata dal Twitter della Lucarelli il giorno successivo alla vittoria ( grazie al televoto) di tale e Quale da parte di Scanu………

    Tale e Quale è il programma TV più trasversale e più seguito dalle famiglie italiane .

    Lei stesso dice di non conoscere Scanu : “Non seguo la musica italiana, non ho mai sentito un suo pezzo e non ho nessun pregiudizio al riguardo. Semplicemente “Scanu” è un ragazzo giovane, dal successo non mi sembra nemmeno così “universale” e accostarlo ad un brand che parla di “tradizione” dicendo “L’originale” è una scemenza. ” ed è forse per questo che commette l’errore di considerare ” l’opinione dei fighetti ” come ” l’opinione universale “

    • Quindi anche se tutto questo ha legato al vostro marchio un personaggio che non c’entra nulla, immagino che per voi va bene lo stesso. L’importante è vendere, no?

      E immagino anche che aver fatto certe figure barbine a livello nazionale non è bastato, visto che siete qui a spiegare come ci siete riusciti (ce lo stavamo chiedendo tutti, e ora posso andare a dormire felice).

  64. Frank quando inizio a leggere un tuo articolo non riesco a smettere. Questa analisi, se applicata, varrebbe milioni di euro. E per chiunque voglia fare sul serio nel business, vale oro. Grazie Frank, sei un grande!
    Ps: le frecciatine sui bocconiani mi fanno morire hahahaha
    Pps: il presidente della Bocconi è Mario Monti e ho detto tutto!!!

  65. Sono perfettamente d’accordo col punto di vista dell’autore. Non ero a conoscenza della questione Melegatti, ma la confezione di Scanu l’avevo intravista e avevo pensato “Ma che diamine hanno creato? Peraltro non avevo minimamente associato a Melegatti quel faccione sul bel nero di sfondo (va detto che la forma del packaging e lo sfondo sono carini sotto l’aspetto meramente grafico), con ciò dimostrando proprio l’errore confusivo e la perdita di branding di cui si parla. Mi sembra che l’operato del Giorgione sia fin troppo grossolano nei sui errori, tanto che mi viene il sospetto che ciò faccia parte di un piano un po’ più complesso. Non si sono considerati, ad esempio, gli aspetti distributivi. Magari il Marketing mix ha previsto una comunicazione cosi disastrosa ed ha investito sul trade marketing. Voglio dire che al supermercato potremmo trovare molte più scatole di Scanu rispetto quelle della normale confezione dell’anno scorso perché magari anche il parlar male ha prodotto un effetto pull. Mi immagino dalle mie parti commenti tipo “Oh sta o panetton e Scanu, accattammn uno” (senza manco sapere che è pandoro e non panettone)… purtroppo l’ignoranza dilaga, come dimostrano le trasmissioni di maggior successo. O viceversa hanno spinto con maggiore marginalità per i rivenditori (push) e sperano di sfruttare comunque il collegamento mediatico ai vari scandali, quando si è nel “point of sale”. Se anche fosse questa la strategia, convengo che otterrebbero profitti in questo anno, ma nel complesso hanno distrutto valore del brand. Personalmente io ragiono esattamente come l’autore e suggerirei un ritorno alla tradizione. Non mi piace chi entra e sconquassa. Mi piace chi perfeziona, chi lentamente riposiziona. Il tempo e la pazienza, almeno nel lavoro, mi hanno sempre ripagato.

  66. Frank, alla Melegatti gli hai fatto un regalo ENORME!. Col senno di poi, altre aziende dovrebbero seguire l’esempio di Melegatti, distruggere un po’ il loro Brand per poi sperare di avere una tua analisi tecnica (ovviamente sto scherzando). Grazie! Marco

    • Gli basta prendere un direttore marketing uscito dalla Bocconi e lo distruggono tranquillamente. 😀

  67. Mi pare ci siano davvero molti errori in questa analisi. Prima di tutto il pandoro con la faccia di Scanu non era destinato alla commercializzazione, ma solo alla distribuzione in eventi dello stesso Scanu. Ammetterai quindi che le logiche possano essere diverse da quelle che tu proponi. Scanu non è stato scelto dalla Melegatti come testimonial del pandoro, ma era già testimonial di altre linee di prodotto, quindi tutto il tuo ragionamento sull’inopportunità di collegarlo a un prodotto così “tradizionale” viene a cadere. In secondo luogo l’azienda si è già scusata per il post su facebook, scaricando la colpa sull’Agenzia. Anche in questo caso il tuo ragionamento che quel post fosse una mossa voluta mi pare quindi contrario a quelli che sono i fatti. La cosa più sconcertante del tuo articolo, però, è quanto scrivi sulla “sessualità ambigua” di Valerio Scanu: non può fare il testimonial ai pandori perché è gay? O perché non è dichiarato? Ma dove vivi? 😀

  68. 92 minuti d’applausi. Seriamente.
    Questo articolo dovrebbe essere portato come lezione alla Bocconi, al MIP o in generale dove insegnano Business Administration, perché la gestione del Brand è, casualmente, sempre qualcosa che chi fa marketing sembra aver skippato, in università.

    “Brand? Ah sì il logo… Lo mettiamo qua, là, su giù ed ecco che abbiamo fatto brand awareness!”

    Quante volte ho sentito cazzate di questo genere.

    Complimenti ancora per l’articolo

    • E’ tutta gente che esce con “licenza di uccidere”. Nel senso che non sanno che cazzo stanno facendo ma una “Laura” alla Bocconi li legittima come esperti agli occhi di chi ovviamente è nato con la cazzuola in mano.

      Vanno estirpati per il bene dell’imprenditoria. Questa gente ruba uno stipendio nelle grandi aziende ma in una PMI la farebbe chiudere.

  69. Grazie mille Frank! Sono un fotografo, da un anno vivo e lavoro a Dubai dove ho fatto un grande salto di qualità. Alcune delle cose che hai scritto qui le avevo in qualche modo “intuite” da solo, ma leggere questo articolo mi ha fatto capire molti dei passaggi che cercherò di seguire per valorizzare il “brand me stesso” (che suona malissimo ma ci siamo capiti). Nell’ultimo anno sono passato da “fotografo che fa tutto per tutte le tasche” a fotografo specializzato in food e Interior design, solo per aziende di un certo tipo, e sto vivendo sulla mia pelle queste questioni di focus, di visual hammer, di battlecry, di non andare a riempire qualsiasi buco ma di diventare un riferimento in un segmento (mi piacerebbe crearne uno io, vedremo se un giorno avrò l’idea fotografica rivoluzionaria..!).
    Adesso mi stampo alcuni passaggi del tuo articolo e me li attacco vicino al computer, per averli sempre sotto mano come incoraggiamento e guida. Grazie mille, davvero.

  70. L’assegnazione degli “appalti” a societá esterne in Italia è spesso la conseguenza di una marchetta e solo di rado dietro alla marchetta hai societá terziste – e referenti dell’azienda – che sanno quello che fanno. Una triste realtá a tutti nota. Questo detto, come ben dici non si può fare un’analisi e quindi tracciare una strategia marketing, senza avere un progetto oculato. Quindi ti giro l’argomentazione, come fai tu ora a tracciare una controstraregia quando non sai come sono distribuite le vendite, chi è la target audience nel 2015, come è improntata la linea produttiva e se sia economicamente sensato un rilancio verso l’alto di un brand ormai da anni consolidato nella vendita di prodotti entry level?

    Le tue obiezioni posso anche essere corrette quando metti in discussione l’assenza di premesse nella loro strategia, ma a tua volta non hai sotto i dati concreti per sostenere un’alternativa credibile. Hai supposizioni, magari valide, che andrebbero analizzate alla luce delle statisitche di vendita e messe alla prova con dei microtest. Il punto che andrebbe enfatizzato non è tanto “cosa potrebbe fare Melegatti in alternativa”; ma la questione che nel marketing reale non basta un personaggio che vende una teoria – che sia esso il laureato della bocconi, tu o io – ma ci vuole un approccio graduale e una razionalizzazione degli interventi, con chiari step dove le strategie vengono rivalutate e aggiustate alla luce dei risultati ottenuti.

    • Io traccio una controstrategia perché sono un esperto di branding. Tu no.

      Di base non è nemmeno una contro-strategia. E’ l’unica cosa che Melegatti avrebbe dovuto fare da sempre e dovrebbe tornare a fare con chiarezza. Focalizzarsi e enfatizzare la propria idea differenziante nella testa dei clienti.

      Fine.

      Il farlo richiede tempo e richiede gente che sappia quello che sta facendo.

      La gestione dei numeri viene DOPO ed è subordinata alla strategia di branding.

      Non è il branding – come insegnano a te a scuola – che si deve piegare ai numeri che VOI facendo puttanate e estensioni di linea avete creato.

      So che si fa prima a mettervelo in culo che in testa perché a scuola vi insegnano il contrario. Infatti sapete solo sventrare aziende, come avete fatto con Melegatti.

      La gente come te è quella che distrugge le aziende in Italia e nel mondo. Siete il male assoluto.

      • ahahah…sarebbe interessante ottenere una controreplica di Alessandra, ora.

        Effettivamente, da quanto posso vedere, nel mondo (pseudo)accademico, e conseguentemente in molte ditte dove si implementano i fuoriusciti dallo stresso, la strategia di branding viene posta in conseguenza di tutti gli altri ambiti, finance, produzione, etc… e finisce quindi spesso per essere semplice comunicazione non strategica.

        Occorre dire che per “tenere duro” sulla linea di brand positioning come tu la intendi, chi la propone deve essere a braccetto col cda/proprietà, sopra a tutto il resto..

        • Fanno le cose a rovescio e poi le condiscono con le supercazzole. Poi quando l’azienda è andata a puttane “Eh ma i sondaggi, i numeri dicevano che…”. Prendono la buonuscita e vanno a creare danni da altre parte.

          Ignoranti, presuntuosi e incapaci.

          • Purtroppo Frank è così in ogni settore. I “teorici” di grande livello non mancano mai, e sempre a replicare ai “tuoi” errori quando si parla dei loro.

            Credevi forse che il tuo settore fosse differente? XD

  71. Stavo vedendo il sito dell’azienda… sono grafico pubblicitario da oltre 20 anni…da notare gli obroriosi fotomontaggi opera forse di qualche stagista non pagato.. che denuncia di fatto l’assenza di volontá di destinare un budget minimo per realizzare buone foto in studio. Anche la foto della discordia, quella del PandorU, il pandoro di Scanu… fatta con un telefonino sottomarca, con il riflesso del flash, tagliata e decentrata.
    Vedendo le immagini che usano per il sito e per la loro comunicazione in generale è da supporre che stanno risparmiando sull’immagine, mentre nello stasso tempo fanno cazzate sui social..(per inciso anche quello del post omofobo é un montaggio fatto male, con il cornetto appiccicato sulle mani dei due ignari modelli, con lo sputo). Da una azienda cosí grande e con tanta tradizione queste cose non ci si aspettano e fanno tristezza, trasposizione dei giorni nostri, di un’Italia approssimativa ed alla deriva.. meno male che io vivo alle Canarie 😉
    Saluti.

  72. Faccio l’ambulante quindi di marketing non me ne è mai fregato una cippa però questo articolo l’ho letto tutto d’un fiato …e comunque qualche spunto me l’ha dato.
    Grazie

  73. Da direttore marketing per un’importante azienda italiana nel settore sport posso dire solo una cosa…complimenti!!!

  74. L’Articolo è fantastico; appassionante, ben scritto e per nulla noioso. L’ho letto tutto d’un fiato 🙂
    Ora, nulla da eccepire sulle riflessioni riguardanti il marketing ma, per la Melegatti, rimane un problema di fondo: La qualità e le proprietà organolettiche del loro Pandoro. Forse potranno “ingannare” il resto dell’Italia e dei paesi in cui esportano. Ma non possono ingannare un Veronese.
    Il loro pandoro è assolutamente mediocre.
    Possono riuscire a spingerci a provare a comprarne uno l’anno successivo.. magari anche quello dopo.. Ma alla fine arrivi alla conclusione che non può reggere il confronto con le altre aziende presenti sul territorio.

    • Alessandro concordo con te ma volevo stare fuori dalle beghe della qualità per non aprire un ennesimo “fronte di guerra” soggettivo.

      Concordo che mentre lavorano di rebranding, aumentare la qualità percepita sarebbe auspicabile. E quell’euro in più al kg potrebbe venire in aiuto 🙂

  75. Il suo articolo è assolutamente condivisibile. Da ex Direttore Generale di azienda alimentare e da consulente aziendale, mi permetto tuttavia di sottoporre alla sua attenzione un aspetto che a mio avviso ha trascurato nella sua analisi.
    Melegatti è una S.p.a.: ciò significa che ci sono azionisti ai quali rispondere. Una scelta coraggiosa come quella di restringere il ventaglio assortimentale, le LOB, e di rinunciare in ottica di breve alle quote di mercato derivanti dalle vendite in GDO è prassi non accettabile da un asset societario di tal genere. Può farlo l’Azienda padronale, adulta, scolarizzata e ben conscia dell’effetto “momento nullo dell’elastico” derivante dalla contrazione del sell-out, che inevitabilmente avrebbe importanti ripercussioni sulla produttività aziendale non hé sulla stabilità dei posti di lavoro.
    Lungi da me dare liceità alla campagna attualmente posta in essere dal marchio del quale stiamo parlando, ma credo vi possano essere (al netto di mastodontici errori, primi fra tutti il ricorso a stock images con fotomontaggi meno che scolastici e la prolificazione di pay-off disordinati) delle attenuanti generiche derivanti dalle probabili richieste degli azionisti: più fatturato, più vendite.
    Possiamo dire che la domanda sia anche corretta ma le risposte sorprendenti, ma è un aspetto da tenere in considerazione, a mio modestissimo avviso.

    • Marco ti ringrazio del tuo commento, sinceramente. E aggiungo che concordo al 100%.

      Il problema delle aziende é assolutamente questo, cioè avere un CDA che non spinga ottusamente su “Più fatturati, più vendite”, anche perché in un mercato saturo come il dolce da ricorrenza, i numeri dopo un po’ sono quelli.

      E’ un mercato in contrazione ma pur sempre un mercato da 600 milioni di euro nei quali è possibile con la giusta focalizzazione conquistare una fetta maggiore di mercato.

      Inoltre é sempre possibile lanciare nuovi brand per nuovi prodotti, senza usare Melegatti e distruggerlo lentamente, facendogli perdere di significato.

      Una volta compresa la strategia di branding, che é quella che ho delineato, servono manager che la sappiano applicare, con un piano di medio lungo, evitando di lasciare a casa persone ecc… e soprattutto senza un azionariato che rompa i coglioni.

      Senza un timone fermo, è impossibile portare a galla l’azienda. Sono costretti a continuare a espandere la linea, danneggiare il brand, veder le quote di mercato contrarsi all’infinito e ripetere il ciclo fino al collasso.

      • Grazie a te.
        L’idea della “mano ferma” è assolutamente condivisibile e mi rappresenta: tuttavia è, in larga parte, inapplicabile. Purtroppo la maggior parte della PMI italiana è ancora lontana dalla necessaria presa di consapevolezza che deve esistere per armare in modo consapevole un cambiamento del genere. Io stesso l’ho predicato e lo continuo a predicare in prima persona, ma mi rendo conto che abbia poche argomentazioni sulla quali poter far leva in modo efficace.
        Nessuno ragiona più in ottica di medio-lungo, tant’è che anche le crescite professionali sono totalmente orizzontali: vengono assunte persone che facevano lo stesso mestiere altrove. E se scelgono di cambiare per qualche euro in più e l’azienda li lascia andare, forse due domande ce le si dovrebbe fare. Mentalità totalmente assistenzialistica, dove l’uomo nuovo è il “prodotto-soluzione” ai propri problemi. Poco importa se siano i processi ad essere corrotti. Attenzione poi a non armare troppi cambiamenti, in quanto “troppo” diventa inimplementabile. Ahimè.
        Ottima analisi comunque, la sua: molto lucida. Da collega a collega. 😉

        • Marco che le aziende non abbiano la cultura per farlo concordo al 100%. Ma è un vaso di pandora che prima o poi va scoperchiato.

          Io come detto, mica ho scritto per la Melegatti. Ho scritto per la gente comune che fa i medesimi errori e può imparare da questo caso studio gratuitamente per salvare la sua azienda rimettendola per tempo sulla giusta rotta.

  76. Molto interessante il vostro articolo. Che tristezza vedere che la communicazione pubblicitaria in italia è fatta di stereotipi, volgarità, sessismo, banalità. Che tristezza vedere pezzi du corpi femminili (perché à volte i volti neanche si vendono) per
    vedere un prodotto o sfogliare le patetiche riviste di interior design dove modernità e tradizione sono le immancabili parole chiave per vedere un divano o una cucina!
    Cari pubblicitari, leggetevi un buon libro, andare à vedere una bella mostra e ad ascoltare un bel concerto. Fatevi un po’ di cultura e sopratutto non prendeteci tutti per poveri ignoranti! Come communicatori avete una responsabilità etica verso i cittadino. Elevate le “masse” , non rendetele stupide!

  77. Per un attimo, circa a metà della lettura, ho pensato: “Sta a vedere che alla fine questa pagina è una furbata pensata da Melegatti insieme ai post omofobi e tutto il resto…” 😀 . Sarebbe stato geniale.

      • L’ho pensato anch’io, lo ammetto, che l’articolo facesse parte di una strategia iniziata in maniera suicida. D’altra parte stai facendo più notizia tu della campagna stessa. Fammi sapere se è quando ti contattano (o ti hanno contattato) ????

  78. Un appunto minore: Melegatti non “ha il brevetto”, che è scaduto da decenni e quindi non può più essere un asset né un vantaggio competitivo: resta solo il prestigio che dovrebbe derivare dall’essere stati i primi.

    • Marco certo che il brevetto è scaduto altrimenti nessuno potrebbe fare pandoro e chiamarlo tale. Ma non conta. Conta essere l’Originale.

  79. quoto in toto ma la verità è che le perdite sono dovute al prodotto scadente.
    Il pandoro Melegatti è secco, stopposo, non è morbido, soffice proprio come quello argianale e centenario…vuoi metterlo con il Bauli? Meglio 1€ in più Bauli che cartone secco Melegatti.

    La qualità è scesa e di molto…potresti fare l’analogo con la Bauli in pari settore.

    Ok il marketing ma non dimentichiamoci della qualità del prodotto. E il Melegatti non è buono.

  80. Pingback: Melegatti e il social - disastro - Framino

  81. Il marketing mi affascina ed incuriosisce ma non lo conosco e non è affatto ciò di cui mi occupo per lavoro. Questo post l’ho trovato estremamente interessante e formativo. Grazie

  82. Ottimo, complimenti, condivido quanto scritto, vorrei aggiungere che di norma un direttore marketing fa un buon lavoro se condivide dati, analisi, sintesi e obiettivi di marketing con il direttore della comunicazione e il direttore commerciale, perché ognuno ha competenze, dati e analisi specifiche e il lavoro migliore lo ho sempre letto, visto e vissuto quando le tre competenze ci sono e lavorano insieme. Quando il marketing, le vendite e la comunicazione sono in un sol uomo ci vuole davvero un “fuoriclasse”.

  83. Analisi ineccepibile, però il diverso packaging IMHO può non essere dovuto solo alla gaffe social, indiscutibile, io lo vedo bene per raggiungere un nuovo segmento di pubblico, non tutti conoscono Melegatti, chiamali teenager, generazione Z o come vuoi … seguono Scanu sui social, non Melegatti, se vedono al supermercato il brand associato ad una persona per loro “importante” può diventarlo anche il brand.

  84. Io ti voglio ringraziare sentitamente per questo interessantissimo post. Non sono nel settore pubblicitario, sono anzi solo una fumettista e una libera professionista nel campo dell’intrattenimento, ma tutto quello che ho letto è assolutamente interessantissimo.
    Avrebbero dovuto assumere te, allora sì che avrebbero fatto un ottimo lavoro. Grazie ancora.

  85. Bellissimo articolo, come sempre.
    Anzi, più che un articolo è un report pieno di consigli utili che possono essere applicati ad ogni azienda di ogni settore.

    L’unica cosa che mi dispiace è che quando ho messo un’immagine dell’impennata dei “mi piace” della Fan Page della Melegatti nel gruppo VV, specificando che quelli NON sono numeri che contano e che NON si rifletteranno nelle vendite (e mi sembra di aver capito che è così, ma sono giovane e potrei aver sbagliato), sono stato bannato dal gruppo 🙁

    Est la vie!

    • E’ il rischio del mestiere Matteo 😀 Gli admin hanno le palle parecchio girate ultimamente per via dei subumani che prendono d’assalto la pagina, quindi bisogna essere cauti.

      • Fa niente, lo capisco 🙂

        Ma tale evento traumatico è accaduto proprio in un momento di fragilità emotiva e di dubbio spirituale dovuti all’inizio della mia attività imprenditoriale che, ormai priva della guida salda e sicura del gruppo VV, inevitabilmente naufragherà verso il lato oscuro della vendita portando altra morte e distruzione all’ormai devastato mondo imprenditoriale italiano!

        🙂 Grazie per l’articolo e a presto!

  86. Mi sono avvicinata al mondo della grafica pubblicitaria abbandonando la mia scelta dopo qualche anno perché mi ero resa conto di non essere all’altezza di questo tipo di lavoro. Spesso si tende a sottovalutare l’impegno e la preparazione che richiede questo mestiere, oltre al fatto che non tutti coloro che intraprendono questa strada così tortuosa, hanno la possibilità di avere a che fare con docenti abbastanza capaci, come lo è lei signor Merenda, senza ombra di dubbio. La ringrazio per questo articolo illuminante, questa sua analisi è davvero preziosa e alla portata di tutti. Abbiamo bisogno di persone competenti e capaci come lei. Spero possa essere da esempio per le aziende, gli operatori del settore e tutti i coloro che intraprendono questo tipo di percorso volto al marketing e al settore pubblicitario.
    E comunque, a prescindere dal fatto che questo fantomatico pandoro Scanu sia un edizione (a quanto pare) per pochi eletti, credo anch’io che la Melegatti non abbia davvero bisogno di spingere eccessivamente l’acceleratore su campagne alternative, cadendo poi nella banalità più svilente.

  87. Questo articolo è pazzesco, ogni frase vale oro. La mossa sulla farcitura in particolare mi ha fatto spataccare, è veramente geniale!!! Penso che alla Melegatti potrebbero dare veramente una svolta all’azienda già “solo” leggendo questo articolo (e non escludo che lo faranno). A parte loro, comunque, valore estremo per tutti, da studiare con molta cura e applicare ciascuno nel proprio. Thanks!!

  88. Articolo da incorniciare e rileggere periodicamente, magari prima di incontrare un nuovo cliente.

    Ho un solo dubbio: ritieni proprio indispensabile la parola “Natale” nel Battlecry?

    Grazie di cuore.

    • E’ molto importante. Considera che se dici Natale ovviamente non significa che la gente lo comprerà solo per il giorno di Natale.

      Significa che stai creando un gancio mentale per il quale ogni volta che le persone sentiranno “Melegatti” penseranno alle emozioni che porta il Natale.

      E quindi, coerentemente a tutto il periodo “freddo” dell’anno, il battlecry farà la sua porca figura e il suo sporco lavoro 😉

  89. Una disamina tanto precisa, interessante e utile da far passare in secondo piano le varie “é” e altri errori (e detto da un correttore di bozze come me è un complimento 😉 ). Complimenti davvero 🙂

    • Grazie Stefano, faccio schifo a scrivere lo so. Lo faccio di getto e non rileggo quasi mai.

      • Il contenuto (più precisamente la sostanza) è così perfetto che la forma te la lascio passare anche io che, però, sono solo una semplice studentessa di Marketing e che da tale, al contempo, ti ringrazia molto.
        (ti permetto di mandarmi a quel paese per l’ appunto fatto :D)
        Buon lavoro, è stato di grande ispirazione!
        Saluti

      • Se l’hai scritto di getto, rinnovo i miei complimenti: c’è qualche errore, è vero, ma non è affatto scritto male, si legge molto volentieri ed è chiaro e comprensibile anche ai “non addetti ai lavori” (dei quali faccio parte) 🙂

  90. Per non parlare dell’arretratezza del sito, cosa imbarazzante nel 2015 per un’azienda del genere. Ormai anche il salumiere sotto casa ha il sito responsive, cioè visualizzabile correttamente sui vari dispositivi mobile. Il loro tecnicamente è rimasto indietro di 8 anni, un’eternità nel campo del web.
    Bocciati anche in questo campo.

  91. La verità è che le vendite si recuperano migliorando la qualità, non con la pubblicità, demenziale o meno che sia. E Melegatti, negli anni, ha diminuito la qualità, evidentemente per mantenere basso il prezzo. Comunque, grazie per la lezione di marketing. Ne attendo una analoga per quello relazionale, vero deficit di tutte le aziende di prodotti e servizi.

    • Remigio la qualità è un problema importante ma si lavora a partire dalla percezione e dal focus.

      Melegatti deve tornare a focalizzare i suoi sforzi sul pandoro, aumentare la qualità degli ingredienti e aumentare i prezzi quel tanto che basta per avere i margini di manovra.

      Ma finché continuano a considerare il loro pandoro qualcosa in mezzo alle altre, non ce la faranno.

  92. Per un neo-laureato nell’ambito, ti dico grazie per l’articolo. È stato molto istruttivo.

  93. che dire?! Articolo scritto bene, ma il danno subito dagli azionisti (oggi e pure per il Natale 2016) é pari a zero. Chi sa dire il perché ? Astenersi i laureati in Economia e Commercio e chi lavora negli uffici di una qualsiasi gdo.

  94. Assolutamente d’accordo su tutta l’analisi, ho solo un veloce appunto da fare sul ‘non convenzionale sul quale ho una certa esperienza. Quello di cui si parla qui non è ‘non convenzionale’, è semplicemente non comprensione delle regole del branding, del marketing e della comunicazione. L’assenza di un ragionamento strategico che sia anche solo un millimetro più in là del ‘purché se ne parli’ non ha niente a che fare con il ‘non convenzionale’. Al contrario, il non convenzionale punta a rafforzare la strategia di un brand, lavorando in sinergia alla comunicazione tradizionale e usando anche spazi e mezzi non convenzionali, nel senso che esulano dagli spazi tradizionalmente preposti per l’adv. Per capirci: è una forma di PR di lusso, tutto l’opposto di quello che è stato fatto in questo caso.

  95. Complimenti per l’articolo!
    Grande Frank come sempre per il tuo lavoro e impegno nel diffondere il marketing che FUNZIONA.

    • Andrea non è lui il problema. Lo hanno messo lì per eseguire un piano. Non è il direttore marketing da mettere in croce ma il vertice dell’azienda.

  96. C’è un problema, che dietro le quinte, per così dire, avrebbe condizionato le scelte…..
    non so quanto sia vero, visto che non lavoro alla Paluani, ma ho amicizie in quel settore…..
    si dice che ad un certo punto, ci si è posti il problema del posizionamento rispetto al prodotto artigianale, del tipo: paluani, quello originale, ma industriale, ed appunto, vista anche la pubblicità comparativa che oggi è consentita, ci si sarebbe (ho spiegato prima perchè il condizionale) sentiti assediati da un posizionamento competitivo a favore del prodotto del settore artigianale, nel senso che oggi sempre più aziende dicono di usare metodi artigianali, oltre che prodotti genuini ecc.
    Cioè sempre più aziende presentano il loro prodotto come artigianale.
    RIpeto, non so dietro il tutto ci sia questo discorso, ma certo, ha una sua logica, nel senso che ovviamente un’impresa che lavori aritigialmente, e la Paluani non lo è…, avrà sempre la possibilità di dire una cosa del genere: preferisci il prodotto originale, ma industriale, o il prodotto originale, ma artigianale?
    Che ne pensate?

    • Pietro c’è un errore di fondo nel tuo ragionamento che ora ti spiego: parliamo di due categorie diverse.

      Una è il pandoro (industriale). L’altra è il pandoro artigianale.

      Paluani dovrebbe preoccuparsi di posizionarsi in maniera corretta – e non lo sta facendo – per competere innanzitutto nella sua categoria, che é quella del pandoro industriale, per strappar quote di mercato a Melegatti e Bauli ad esempio.

      Porsi il problema della competizione col prodotto artigianale è insensato. E’ come per i 4 salti in padella Findus porsi il problema del ristorante di Carlo Cracco.

      • c’è un equivoco…
        quel ragionamento non è il mio….sarebbe quello fatto dall’azienda, secondo mie fonti..poi non so fino a che punto vero o meno…….

  97. Dopo aver letto questo articolo ti chiedo: ma da quanti Geni sei posseduto? Perchè uno da solo qui non basta 🙂
    Non ne hai lasciato per nessuno. Leggete, poi zitti e basta.
    Questo è in assoluto la miglior analisi che abbia mai letto, altro che pepite questo report è un vagone di lingotti d’oro.

    • Ilario ti ringrazio ma in realtà per un esperto fare branding per la Melegatti, soprattutto sul pandoro è facilissimo.

      Sarebbe più complesso posizionare il pandoro Motta ad esempio, un’azienda milanese (il pandoro è di Verona) che è forte appunto sul panettone.

  98. Leggendo i commenti sembra che tu non ce l’abbia solo con la Bocconi ma anche con tutte le altre università. Perché? Conosci tutti i docenti di tutti gli Atenei?
    Come fai a sapere cosa insegnano a lezione se ogni università ha piena autonomia nel programma dei corsi?
    Hai letto tesi di dottorato e articoli in peer review sull’argomento per poter dire che tutta l’accademia italiana è su questa linea?

    • Chiara non fare la polemica su. Non serve conoscere i docenti di tutti gli atenei. Serve sapere quali sono i programmi accademici.

      E in nessun ateneo, ti assicuro, si studiano le fonti giuste. Al Ries non sapete manco chi cavolo sia, per dire solo il primo. E ci fosse uno che lo sa, lo conosce per sbaglio, di striscio e soprattutto il marketing non si fa solo sui banchi di scuola.

      Non si dovrebbe farlo nemmeno sulla pelle delle aziende altrui, ma questo è un altro discorso.

      PS: Vorrei che tu capissi che ovviamente sono ironico. Non è che se fai l’università sei stronzo. Capisco benissimo i sacrifici che uno debba fare e quanto uno ci creda ecc…ecc… Rispetto per questo.

      Ciò detto, per quanto riguarda il marketing, si studia merda. Non certo per colpa degli studenti, sia chiaro.

      Poi sei libera di credermi e cercare di approfondire il marketing corretto se ti interessa o di non credermi e fare assolutamente come ti pare.

      Buon tutto 🙂

  99. pensavo di essere infinito io nei miei post ma il caro Frank mi batte.

    Articolo lungo e un po’ troppo da: “io sono l’esperto maximo ….” ma l’analisi iniziale sugli errori è fatta decisamente molto bene
    Bravo!!

    • Ma io sono l’esperto maximo. Sopra di me se parliamo di branding c’è solo Al Ries, che è il mio insegnante.

      • Boh a me come parli sembri un pallone gonfiato stile imprenditore anni 80 dei fim di Vanzina. Peró non nascondo che la pubblicitá la valuto al pari dell’inquinamento.E tutte quelle infi nite cose che hai detto allungandole come si fa col brodo a me sono sembrate abbastanza scontate ed evidenti. E comunque mi sembra che tu non abbia motivo per preoccuparti visto che di gente che ti considera come il Messia ne hai…… Anche se questo mi deprime abbastanza..niente contro di te, che non conosco, ma contro questa “scienza dei poveri”.

  100. Sarebbe tutto molto interessante se non si basasse un errore madornale basato sulla superficialità con la quale ci si è accostati alla notizia “Pandoro Scanu”
    QUESTO PRODOTTO NON SARÀ IN VENDITA!!!!! Quindi non è necessario nessuno studio di packging o posizionamento sul mercato.
    Scanu è testimonial Melegatti per la nuova linea di prodotti …ved. cornetti quindi nessun legame con la vostra amata tradizione (nel 2015 anzi 2016 stiamo ancora a parlare di queste cose…bah!!!).
    Melegatti ha sempre supportato l’artista anche durante le tappe dei suoi concerti spesso intervenendo con proprio motorhome per far conoscere i nuovi prodotti che strizzano l’occhio ai giovani perché in versione light. In occasione del primo raduno dei fans che si terrà il 5 dicembre, l’Azienda ha riconfermato la sua partecipazione producendo SOLO per questa occasione il pandoro con un packging dedicato a Scanu apposta per i fans.
    Quindi solo tanto rumore per nulla

    • Oh ebbasta! Scanu è stato citato nell’articolo SOLO perché ha dato il la a un chiacchiericcio online che poi è degenerato come visto successivamente.

      L’articolo è un brand report che esula da ciò che è accaduto negli ultimi giorni e lo usa solo a scopo di introdurre l’argomento.

      Fai lo sforzo di leggere prima di commentare magari.

  101. Insegno in una scuola professionale e parlando di marchio, i ragazzi (16 anni) mi hanno detto “ha visto prof il pandoro di Scanu?”, ho risposto che mi sarei informata. Quello che mi fa pensare di più è che il pandoro non è associato a Melegatti, ma a Scanu! Ha fatto un’analisi illuminante! Grazie

  102. Non sospettavo nemmeno della sua esistenza, non mi occupo di marketing ma sono semplicemente un commesso curioso con voglia di imparare.
    Raramente ho trovato analisi tanto lucide quanto sincere.
    Mi spiego: ogni qualvolta mi sono imbattuto in articoli come il suo, il relatore non aveva nessuna intenzione di spiegare qualcosa ma solo di porre se stesso su un piedistallo e di portare la verità rivelata facendo il fico.
    Lei no.
    Non ha assunto posizioni da “lasciate che i bimbi vengano a me” per attirare l’attenzione ma ha spiegato, con chiarezza e competenza il suo punto di vista.
    Una delle cose migliori che mi sia capitato leggere negli ultimi anni, complimenti davvero.

  103. Bell’articolo… Coerenza delle leve di marketing, una strategia di branding basata su un processo scientifico e rispetto dell’heritage aziendale. Tutte cose molto giuste, e infatti é quello che viene insegnato ai corsi di marketing della Bocconi!!!!!!!!!!

  104. Complimenti..sei l’esperto maximo..chiaro e esaustivo tanto da far capire, a chi il marketing non l’ha mai nemmeno incrociato per sbaglio, io appunto, non solo cosa sia in senso tecnico ma anche qual è l’approccio. Grazie

  105. Leggere quest’articolo è stato un piacere! Analisi impeccabile, ho imparato un sacco di cose e mi sono anche fatta due risate! Complimenti!

  106. Penso sia nel sogno di tutti noi fans che ti seguiamo e di tutti i tuoi studenti, avere la nostra azienda con un brand forte come Melegatti, avere un prodotto di punta come “l’originale” pandoro, e questi che fanno?????……… Roba da schiaffi!!!!
    Sei un grande Frank!!!!

  107. Sono d’accordo sul fatto che gli elementi chiave che hai citato facciano distinguere il prodotto,
    Quindi la forma, il bordo dorato e il colore blu perchè di sicuro sono quelli che creano l’ancòra con il brand, al contrario del logo che se ci penso non so nemmeno come sia fatto e come me probabilmente tanti altri.

    Invece tu pensi che la Coca cola abbia fatto una cazzata a lanciare altre linee?
    Io non credo però che la Coca Cola si rivolga alla Bocconi per il marketing… quindi magari ha un senso..
    Voglio dire… oramai è risaputo che la “Coca” non faccia benissimo… è famoso il video del tipo che ci toglie la ruggine… forse hanno lanciato linee più “soft” per rivolgersi al target di quelli che “la Coca Cola è dannosa smetterò di berla…” fosse così probabilmente hanno evitato di perdere dei profitti… che ne pensi?

    • Emanuele ma non ce l’ho con la Bocconi! La cito solo perché è la migliore università d’Italia ed è divertente riderci su 😀

      PS: Ho già risposto in dettaglio alla domanda sulla Coca Light e Zero nei commenti, ti chiedo solo la cortesia di andarti a ricercare la risposta 😉

  108. Ciao Frank, grazie per la tua analisi. Penso che Melegatti possa essere salvata mentre distrugge il suo brand se non pretende di soppiantare il ricordo di Franca Valeri propinandoci come nuovo testimonial Valerio Scanu (perchè i trentenni e quarantenni che ora comprano i pandori per le loro famiglie se la ricordano ancora e con affetto!).

    Dopo aver letto le tue riflessioni ho dato anch’io uno sguardo alla pagina FB del brand ed ho notato che la trovata dell’edizione speciale di Valerio Scanu è solo l’ultima di una lunga, terrificante serie di azioni autolesioniste (concorsi con in palio vacanze estive, post con aforismi non attinenti allo spirito del brand, gattini, cagnolini e una valanga di pessimi fotomontaggi) alla ricerca spasmodica del fattore virale.
    Gestivano la pagina così dal 2013 e Scanu era già loro testimonial più o meno da allora.

    Ma a parte la pessima gestione, la mia perplessità riguarda la scelta del canale: ha senso che un’azienda come Melegatti decida di aprire un canale social da aggiornare settimanalmente quando fondamentalmente vende un prodotto stagionale? E se ne ha, sul serio che benefici porta?

    Grazie in anticipo!

    • Flavia ha senso perché Melegatti ha due ricorrenze innanzitutto che sono Natale e Pasqua. Ma non si vende solo negli immediati giorni prima delle feste ma durante tutte le festività (ovviamente con volumi differenti).

      E la battaglia nella mente dei clienti va vinta durante tutto l’anno. Non puoi fare marketing solo a ridosso delle festività 😉

      Inoltre Melegatti ha lanciato prodotti non da ricorrenza e immagino voglia spingere quelli.

  109. Quest’articolo è una lezione di marketing migliore di tante fatte all’università (ne sono appena uscito). Grazie mille!

  110. Complimenti per l’ottima ed interessante analisi. Secondo me dietro a questo errore di marketing della Melegatti si cela ben altro.
    È chiaro anche al più semplice consumatore che non sia una buona mossa tentare di incrementare gli introiti ponendo il faccione di Scanu con il braccio brillantinato in contrasto su sfondo nero (colore non propriamente natalizio) per tutte le valide ragioni da te esposte sopra.
    È altrettanto chiaro che dietro ci sia una enorme propaganda Gender ( Scanu, anche se non famosissimo è il giovane italiano che più può rappresentare un esempio gender fluid, come Miley Cirus insomma, un po’ uomo un po’ donna per intenderci ).
    Vi immaginate la potenza del faccione di Scanu sulle tavole di mezza Italia nel momento più importante dell’anno per le famiglie? Minima, ovvio, tanti neanche sanno chi sia, ma sufficiente per poter far parlare di lui, della sua promiscuità, abbastanza per far aprire dibattiti nelle famiglie, per incominciare ad abituarsi a personalità gender fluid, e occhio che la teoria gender non ha nulla a che vedere con gli omosessuali! Sarà un processo lungo..cosi si inizia molto bene
    Ad ogni modo la tua analisi e fatta dal punto di vista economico del marketing del prodotto e la sua validità e qualità resta chiaramente intatta! Complimenti ancora e grazie
    Questa è solo la mia lettura di questo “apparente” errore, o meglio un errore c’è effettivamente stato, ma per arrivare ad un fine ben preciso. Chissà da chi finanziato..

    • Dimmi che è una battuta, una sorta di parodia.

      Perché, tralasciando l’assurdità del tuo gombloddo, è una versione limitata per il raduno dei fan di Scanu, non in vendita.

      E ci sono cantanti tipo Ferro che avrebbero più senso.

  111. articolo STUPENDO…. complimenti vivissimi! ….in certi momenti ho avuto i lacrimoni agli occhi dal piangere (DAL RIDERE), ahhahaha…. e posso dire che appoggio completamente l’intero suo punto di vista! complimenti…complimenti….complimenti!

  112. Tutto questo papiello di millemilapagine e chi scrive non ha menzionato (e quindi NON conosce) gli spot anni 80 che hanno reso MELEGATTI un brand unico, entrato nelle famiglie italiane per merito di spot spocchiosi, “omofobi”, irriverenti, GENIALI! Sarebbe bastato dedicare 2 minuti di youtube per capire cos’è Melegatti… e invece no, chilogrammi e chilometri di fuffa e nulla cosmico. Lo studio non finisce con un 102 e l’aperitivo post laurea.

    • No certo, li conosci solo tu. Da ragazzino ero un profugo di guerra e vivevo in una casa bombardata in kosovo senza corrente.

      Ma sparisci pirla.

      • Ma qualcuno l’avrà capito che questo articolo non è stato scritto per parlare della Melegatti, e che di che cos’è non ce ne frega niente?

        Gna posso fà.

      • più che “sparisci” direi “dimettiti”. articolo utilissimo, chiaro, perfetto.Grazie per averlo condiviso.

    • Tua madre da piccolo ti picchiava con i tondelli di ghisa? Quando mai la melegatti spingeva sull’omofobia per vendersi?

  113. Questo articolo mi rende proprio felice. Ci sono tutti gli elementi che considero fondamentali nella comunicazione. Pensate che solo perché siamo su social, mobile, online, tech etc.
    le regole cambino?
    Io ci sono arrivato a ritroso. Partito anni fa da una passione nerd per tutto ciò che è nuovo e tecnologico, mi sono accorto presto che le regole di comunicazione restano le stesse. E chi sa rispettarle, online viene premiato ancora di più.

    Allo splendido articolo di Mark aggiungo che il marketing “non convenzionale” si può anche fare, ma solo se sappiamo essere religiosamente fedeli al focus del brand.

    Esempio pratico:
    cosa hanno in comune
    i (geniali) finti fail di Ceres
    https://www.youtube.com/watch?v=_XmDTIRVPNs
    e URSA Italia?
    https://www.youtube.com/watch?v=oK8WrNtfFKw
    Non tanto il fatto che creino un finto fail,
    quanto la fedeltà ai loro valori.
    Entrambi i marchi si possono permettere di osare al punto di fare incazzare apposta i propri fan esattamente perché sanno molto bene cos’è che fa incazzare i propri fan. Perché sanno qual è il focus, sanno qual è il loro battlecry. Non hanno pubblicato una cazzata a caso per creare un fail, hanno pubblicato ESATTAMENTE l’opposto dei valori del loro core target.
    Solo così si può fare marketing anticonvenzionale. Non sparando “creatività” a caso.

  114. Sfortunatamente conosco chi ê l’artefice della collaborazione tra Paluani e Scanu. La cosa risale a ben prima della nomina del nuovo direttore marketing, quindi – almeno di questo – non ne è totalmente responsabile. Certo, un direttore marketing con le palle avrebbe immediatamente fermato la collaborazione e si sarebbe smazzato i problemi derivanti dalla scissione del contratto con l’agenzia di Scanu, ma diciamo che l’inizio di questa collaborazione risale almeno al 2014.

    Purtroppo vi posso anche dire che dietro a questa insulsa collaborazione gioca un ruolo chiave chi si occupa della parte legale dell’azienda, che – per qualche ragione che ancora non mi è chiara – ha dettato legge nelle decisioni che dovrebbero essere affidate ai copy.
    Ve la ricordate la pubblicità delle brioche in cui Scanu fa l’occhiolino? Ecco, per quella pubblicità fu fondamentale l’intervento di questa persona in corso d’opera per adattarla alla pesante presenza di Scanu. La musica fu scelta da lei. Persino l’idea di far fare l’occhiolino a Scanu fu scelta da lei, che impose questa poracciata al regista e a tutta la produzione. Il risultato fu lo spot più trash e dimenticabile dell’anno.

    Il colmo è che questa persona, come dicevo, fa l’avvocato e non si occupa nè di marketing, nè tantomeno di pubblicità. Io mi domando se la Paluani abbia completamente perso il lume della ragione e se abbia idea di chi stia tenendo le redini della comunicazione della loro storica azienda.

  115. Articolo molto interessante, l’analisi mi sembra appropriata e “to-the-point”.
    Da Bocconiano che non ha mai fatto un esame di Marketing e non l’ho scelto come corso di laurea perché non l’ho mai ritenuto “scientifico”, ma semplicemente “la scienza del buon senso”, ti posso dire che non so chi sia Kotler! Mi verrebbe quasi da cambiare idea dopo aver letto questo articolo, ma ripensandoci alla fine è ancora una volta vero: basterebbe un veloce corso di nozioni base e poi tanto, tanto buon senso.
    Il motivo per cui scrivo però è che, purtroppo, è vero quanto detto nell’articolo, ovvero che c’è l’incentivo per i manager di aumentare le vendite nello short term e di non curarsi di cosa succederà poi, in stile mordi e fuggi… quello che a me hanno insegnato (in mezzo ad altre cose più o meno inutili) è che i contratti dei manager sono fatti in modo tale che se guadagnano prendono dei bonus e se perdono non succede niente, quindi c’è un grande incentivo a prendere delle decisioni rischiose, di investimenti ad alto rischio che spesso non sono favorevoli per l’azienda ma solo per il guadagno personale. Per risolvere questo problema, bisognerebbe proprio modificare l’idea alla base dei premi contrattuali e bei benefits, ma questa è una cosa ancora più a lungo termine di ciò di cui si parlava prima… la soluzione nel breve secondo me è incentivare i managers di alto livello a restare nell’azienda, non solo con incentivi pecuniari ma anche con possibilità di carriera, mansioni motivanti e chi più ne ha più ne metta (qui sì forse servirebbe qualche idea non convenzionale), altrimenti saremo sempre in mano a personaggi dalle più o meno buone intenzioni che saranno incentivati a pensare solo al qui e ora, massimo massimo alla fine del prossimo trimestre.
    Ora pongo fine alla mia Filippica e torno a cercarmi un lavoro soddisfacente, pagato e possibilmente più lungo di 3 mesi (buona fortuna a me) nel management di arte e cultura, o come direbbero gli altri Bocconiani, di “taglio e cucito”, giusto per sfatare il mito che usciti da lì siamo tutti squali della finanza o grandi fan di Kotler!
    Buona serata!

  116. Ciao Frank, ottimo articolo che tocca diversi aspetti e offre spunti di riflessione su come si dovrebbe lavorare sul brand di una azienda o del suo prodotto.
    Saludos.

  117. Complimenti per l’analisi.
    Ti assicuro che, avendo lavorato come direttore creativo nell’agenzia che ha seguito Melegatti per tanti tanti anni, questa suicida scelta di marketing non mi stupisce. I fondamentali del buon senso erano a loro sconosciuti già una quindicina di anni fa e ancora prima. È stata la buona volontà dell’agenzia che ha tenuto ferme per anni le briglie del brand (almeno in comunicazione) . Ora evidentemente lo sbando è completo. Un vero peccato dato il potenziale che hanno in casa.
    Con la speranza che qualcuno di loro abbia la voglia e il tempo di leggerti e l’umiltà di accettare qualche consiglio saggio.

  118. Bell’articolo, bella analisi, ben strutturata.
    La domanda però è: mosse azzardate per non dire scellerate come quella che hai puntualmente analizzato, nascono per caso o sono frutto della ricerca affannosa di un diverso piazzamento del prodotto? C’è qualcuno che si è svegliato una mattina in Melegatti e ha detto: basta, dobbiamo vendere ai giovani, perchè altrimenti quì piano piano si chiude? C’è qualcuno che ha detto: se non piazziamo efficacemente anche altre linee di prodotto non ce la facciamo a mantenere una organizzazione sostenibile solo con i prodotti “stagionali”? E se si, come si concilia un brand con un posizionamento così tradizionale con le esigenze di ampliamento del mercato verso la fascia dei più giovani (quelli che spendono o fanno spendere, diciamo 16-25) ? E’ uno dei problemi di marketing che ci sono, nel F&B, e che molti marchi prestigiosi si stanno domandando e provano ad affrontare, con esiti magari discutibili, ma il problema c’è. Non so se sia strategico per Melegatti. Da quello che hai analizzato direi di no. Ci sono tanti marchi che rinascono ora e cercano affannosamente di ricostruirsi una storia alle spalle per darsi una brand reputation a posteriori, se uno ce l’ha già, e di grande spessore, dovrebbe presidiarla al meglio, su questo concordo. A meno che non sia un isolotto sempre più eroso da cui è meglio scappare…

  119. Ciao,
    Ho finito ora di leggere il tuo articolo è non potevo non commentare. Non so nulla di marketing e di pubblicità, mi occupo di tutt’altro, ma leggendo quanto hai scritto mi sembrava di saperne molto di più. Hai fatto un’analisi molto dettagliata e precisa di un bel problema pubblicitario.
    Quello che mi sono però chiesta leggendo il tuo articolo è se non ti dia fastidio la possibili che qualcuno della Melegari possa rintracciare questo tuo articolo è farlo suo, cioè, se qualcuno di loro lo leggesse potrebbe, fosse furbo, utilizzarlo a vantaggio dell’azienda. …..
    Comunque ancora complimenti!

    • No Lucia, ne sarei felice. Come vedi non ho tenuto nulla per me. Gli ho scritto integralmente la strategia da utilizzare.

      Non hanno bisogno di nessuna consulenza, gli basta applicare quello che ho scritto controllando i numeri.

      Sono orgoglioso se una grande azienda come Melegatti può trovare utile quello che ho scritto ma io ho altro da fare che consulenze alle imprese 😉

  120. Complimenti per l’articolo, condivido buona parte del contenuto e soprattutto le conclusioni.

    Non ho avuto modo di leggere tutti i commenti e non so se qualcuno ne ha già parlato. Volevo però farti sapere che, quando nel 2009 ho iniziato la mia prima lezione della laurea specialistica in Marketing Management in Bocconi, alla domanda di uno studente “ma il libro di Philip Kotler che è indicato per i non frequentanti è meglio se lo comperiamo anche noi?” il docente ha risposto “se vuoi acquistare il Kotler puoi poi usarlo come ferma porta o da lanciare al tuo coinquilino quando ti infastidisce”. Nel corso di tutto il biennio, nelle lezioni e negli approfondimenti suggeriti, si è affrontato il marketing di cui parli tu, compreso Ries.

    Lo stesso discorso vale per il corso di Brand Management, dove il testo di riferimento per non frequentanti era Strategic Brand Management di Keller, Apéria e Georgson – lettura comunque molto utile e preziosa – ma poi, in aula e negli approfondimenti suggeriti, si andavano a studiare altri approcci al branding e, soprattutto, casi reali.

    Insomma, questo per dire che secondo me il problema più grosso continua a restare quello del modo in cui questi manager sono misurati, di come la proprietà li cerca, li assume e li incentiva. Certo, anche dal lato del Direttore Marketing dovrebbe esserci dell’altro…

  121. l’articolo è interessante, dice le cose come andrebbero dette e fossi in Melegatti assumerei l’autore seduta stante. se posso permettermi una nota piccola piccola e, lo so, anche fastidiosa, è chiedere di sostituire tutte le “é” con “è”, come grammatica vuole 🙂

    • Sì lo so Christian ma digito furiosamente e “nel flusso” quando scrivo. Non rileggo quasi mai e i typo da ignorantone mi scappano, mea culpa.

  122. Complimenti, un post ricco di dettagli e riflessioni interessanti. Da leggere e rileggere ogni volta che qualche azienda si scotterà con il marketing digitale 🙂

  123. Devo fare anch’io i miei complimenti per l’analisi che è veramente interessante ed approfondita, anche se ritengo che il “marketing non convenzionale” possa essere, per molte realtà, una strada da non sottovalutare (in particolare mi riferisco ad azioni di viral e guerrilla marketing). L’importante è che (come dici tu) venga sviluppato in modo corretto e nei valori aziendali.
    Vorrei segnalarti un esempio eccellente di Coca Cola (dato che la citi spesso mi sembra l’esempio più adatto): https://www.youtube.com/watch?v=hd7eOxQ8kgI
    Lascio a te i commenti e mi complimento ancora per l’eccellente lavoro.

  124. Una analisi lucida, esaustiva e soprattutto concreta. Ammiro molto che tu non ti sia limitato semplicemente a distruggere e criticare, ma hai apportato un vero “plus” fornendo soluzioni che – pur se apparivano scontate – è evidente che non lo erano per qualche direttore marketing… Non concepisco la folle corsa al profitto di tante, troppe aziende che poi finiscono regolarmente con il perdere di vista la propria identità; dovrebbero avere una gigantografia nei propri uffici del poster “KEEP CALM &… punta a consolidare il brand!”: così forse si ricorderebbero una volta di più che l’essere originali a tutti i costi non è per tutti e soprattutto non serve a tutti. Complimenti ancora, mi è molto piaciuto quel che hai scritto e ancora di più come lo hai scritto. Un saluto.

  125. Articolo davvero ben scritto, puntuale ed estremamente interessante nei contenuti.
    Conoscendo da vicino la storia di Melegatti e dei suoi trascorsi, anche con precedenti fornitori agenzie media, posso solo affermare che purtroppo non tutti possono giudicare oggettivamente l’accaduto non conoscendo il reale asset aziendale.
    Sarebbe giusto dare, nel prossimo futuro, evidenza di ciò che a livello manageriale e societario sta accadendo in Melegatti.

  126. Il dubbio che io ho, e che in qualche maniera tu sembri confermare, è che non vi sia un errore casuale ma la volontà di sbagliare.
    Può, almeno nel breve termine, la goffaggine creare una sorta di simpatia che mi renda più riconoscibile?

    E’ la sensazione che crea in me questa operazione, il vedere la Melegatti come il Pippo di turno, imbranata ma buono come il personaggio dei fumetti.

    Chiaro che un’azienda così importante non può apparire imbranata…

  127. Pingback: Social Media Epic Fail | Da Melegatti a Barilla, tutti gli «errori» di comunicazione che hanno fatto notizia! - iCircle

  128. Grazie per avermi ricordato come si dovrebbe (in questo caso come non si dovrebbe, ma per inferenza…) fare quello che è anche io mio mestiere.

    Nelle aziende italiane, specialmente a conduzione familiare, come sono certo sa benissimo, non è semplice.

  129. Nell’articolo dici che Melegatti dovrebbe puntare sulla tradizione, originalità, sull’essere il pandoro per definizione e quindi lasciar perdere strade non convenzionali troppo “giovani”. Ma non pensi che l’avessero già fatto e rifatto, e che effettivamente avessero visto, dati alla mano, che la cosa cominciava a portare scarsi risultati? Lo dico perché mi sembra impossibile che un brand del genere si dia all’improvvisazione tanto per.

  130. La prima cosa che ho pensato dell’azienda è l’incoerenza: non puoi prendere un’icona musico/televisiva dai dichiarati gusti omosessuali e poi fare una campagna “figo e dell’altro sesso”. Sicuramente hanno scelto un personaggio constatando quanto successo ha in una fascia superiore a quella giovanile (vai a vedere che hanno indagato che il programma televisivo più di successo è “Tale e quale show” e hanno preso quello più gradito dal pubblico). Per quella ancor meno giovanile hanno usato frasette che si scrivono agli amici sulle Smemoranda delle scuole medie (giuro, identiche proprio!). Sono tornata indietro nel tempo con un velo di nostalgia triste. Ma triste proprio anche per la manovra da loro adottata.
    Ottimo articolo, comunque. Spero che alle alte sfere della Melegatti si rendano conto che il marketing non convenzionale a loro non fa proprio.
    Magari possono puntare a una campagna minimalista, come quella relativamente recente della McDonald. Tanto il brand noi l’abbiamo già interiorizzato da anni, deve solo essere richiamato alla memoria, giusto? 😉

    • > hanno preso quello più gradito dal pubblico

      All’epoca non aveva mai partecipato né, a maggior ragione, vinto.

      E per la cronaca, non ha dichiarato nessuna omosessualità.

  131. Articolo molto interessante (per me che non ho fatto la Bocconi :-p) anche se più sintetico e meno arrabbiato sarebbe stata una lettura più agevole. Evidentemente questo è il tuo brand e lo rispetto 🙂
    Due cose al volo andrebbero valutate meglio:
    – i prodotti derivati (anche se cannibalizzano il prodotto principe) a volte sono inevitabili perchè il mercato li vuole o perchè i concorrenti ce li hanno. Bella l’idea di come evitare i farciti però!
    – la diversificazione è fondamentale per aziende che lavorano su prodotti molto stagionali come i dolci industriali: il cornetto va tutto l’anno e noi non conosciamo i numeri. Magari fatturano più coi cornetti che con i pandori (per alcuni concorrenti di Melegatti è così)!

    • Davide sì, ma per la centesima volta ho detto di farlo, ma con altri brand. Non di non farlo. Vatti a leggere l’ultimo articolo che ho pubblicato sulla “battaglia dei panettoni” 😉

  132. Articolo bellissimo, lucido,illuminante.
    Sei sempre il numero UNO.
    Articolo da stampare e da tenere …come tutti gli altri
    Mi rammarico soltanto che, a volte, non riesco a leggerli subito e me li perdo.

    Se io fossi uno dei “Melegatti” ti chiamerei subito per un contratto di consulenza…. A VITA !!!!!

  133. Pingback: Melegatti: un pandoro al gusto di clusterfuck | MIEW

  134. Pingback: Melegatti: un pandoro al gusto di clusterfuck | MIEW

  135. Ottimo articolo, una vera lezione di marketing. Sono capitato su questo sito per caso, e adesso lo seguirò con molto interesse.

    Adesso però mi aspetto la confezione con la facciona di Gigi d’Alessio!!! In Campania andrebbe a ruba!!!! 😀

  136. Gentile Frank,

    sono un laureato Bocconi e direttore marketing di una famosa azienda di alcolici.
    Concordo pienamente con quanto scrive, ma le posso assicurare che in Bocconi ci hanno insegnato esattamente quello che lei consiglia.

    Un caro saluto

    • Leo non ho dubbio… ma cazzarare rende il tutto più divertente. E’ ovvio che uno che sa quello che vale non si scompone davanti a una presa in giro che ovviamente non lo tocca.

      Invece tanti sfigati si sentono toccati.

      Dalla Bocconi escono fior di professionisti e anche tanti che hanno capito poco e niente ma che sfoggiano con arroganza il loro titolo senza aver capito nulla.

      E non è certo colpa della Bocconi.

      E dovrebbe far ridere sia me che loro quando li prendiamo in giro 🙂

  137. Frank…spero qualcuno della Melegatti SpA abbia letto questo articolo, compreso Giorgione che forse farebbe meglio a tornare sui banchi di scuola…

  138. Pingback: Web LoversMelegatti, l'omofobia e il pandoro di Scanu. Storia di un'inspiegabile gaffe social | Web Lovers

  139. Articolo eccellente, i miei complimenti.

    A tutti quelli che ancora sostengono la testi del “basta che se ne parli” voglio dire si può funzionare ma per quanto? Per fortuna non siamo tutti figli di canale 5. Un’azienda del genere con un prodotto così rappresentativo ed esclusivo (oh il pandoro è questo gli altri davvero mettono la merda) dovrebbe puntare non solo ad una comunicazione coerente ma anche all’etica stessa del marchio che in teoria dovrebbe farne il successo.

    PS

    Lavoro nella comunicazione, non millanto chissà quali capacità ne cerco di farmi pubblicità ma vogliamo parlare del sito di Melegatti??? è un cancro che aspetta un chirurgo.

  140. Analisi molto bella e coinvolgente. Mi è sorto però un dubbio: se Melegatti non ha bisogno di far altro che pandori, di cosa vive da gennaio a novembre?

  141. Bell’articolo complimenti…
    domanda….ma quante persone sono a conoscenza di questa caduta di stile di Melegatti? Il target medio qual è? famiglie?anziani? non lo so sinceramente…quanti di questi sono fruitori dei social e quindi hanno seguito la vicenda se non un pò noi intrippati di marketing?
    Quindi mi domando quanto inluirà questo strafalcione sulle vendite? manca un mesetto a natale solo il tempo penso possa darci una risposta

  142. Impeccabile e implacabile, complimenti!
    Nota personale: buffissimo pensare all’immagine omofoba riportata nell’articolo come ad un tentativo di comunicare ai GGiovani, quando ricordo che la stessa frase con la variante “bello, biondo” al posto di “figo” (a questo punto direi una variante razzista) veniva scritta sui diari (la versione analogica di Facebook) quando andavo al liceo… e sono della leva del ’72!
    😀

  143. Complimenti vivissimi per l’articolo. Devo ahimé riconoscere che all’inizio mi sono riconosciuto in quei “pochi che non lo sapessero” che Melegatti è il pandoro originale, ma poi dopo qualche secondo, mi sono ricordato che a 7/8 anni d’età, negli anni sessanta, questa era un’informazione in mio possesso, e che era anche l’unica marca di pandoro che conoscessi. Evidentemente chi di dovere non me l’ha ricordato e me lo sono dimenticato. Questo a conferma della disamina portata avanti nell’articolo. Sto pensando di proporre la lettura di queste pagine ai miei studenti di quinta in caso qualcuno le voglia utilizzare per una tesina di maturità sull’imprenditoria veronese, postando il link della pagina sul blog della classe. Di nuovo, grazie

  144. Frank, hai con la tua analisi specifica sul branding illustrato un panorama ben più ampio tutto italiano. Per capirci, quello in cui il social e il web sono considerati un prodotto e non un mezzo. I “nuovi geni” che non conoscono le basi del fare comunicazione e branding, non possono fare altro che queste figure e sono d’accordo con te nel definire ridicola e quanto meno disarmante la frase “basta che se ne parli”. Proprio una dichiarazione figlia dei social fatti di gossip e curiosità. Certo che, se sei fortunato ad avere un prodotto con una peculiarità unica (l’originale pandoro della tradizione), e la metti in secondo piano, sono d’accordo con te che non esistano parolacce e imprecazioni sufficienti a commentare la scelta. Hai tutta la mia stima e rispetto professionale.

  145. Tutto giusto. Ma il marketing non convenzionale qui non c’entra proprio affatto.
    Non risulta che il direttore marketing di Melegatti abbia mai fatto campagne di questo tipo e nessuna delle azioni segnalate ha qualcosa a che vedere con il “non convenzionale”: testimonial, packaging, adv, social media… è tutto molto “convenzionale”, sebbene male utilizzato.
    Che poi il “marketing non convenzionale” non sia affatto “marketing” poichè lavora soltanto sulla quarta P di Kotler è tutt’altro discorso.

  146. Melegatti,come tante altre aziende italiane, deve imparare dal grossolano errore di dare al marketing poca importanza, perchè di questo si tratta,per questo Natale si terrà Scanu sul camino.Nessuun recupero adesso!!
    E’ assurdo che una azienda così conosciuta, che entra da sempre nelle case di tutti commetta un errore così. Il marketing, i social, il content marketing cribbio, tutti strumenti a disposizione delle pmi, ma come mai ancora non capite che i soldi investiti in queste attività vi assicurano crescita e vendite???

  147. MA CHE FINE HANNO FATTO LE PORCHE CHE METTEVA IN PALIO NON SO MAI RIUSCITO A SAPERE CHI LE VINCEVA !!!!! M’ERA VENUTO IL DUBBIO CHE MENEGATTI OGNI ANNO SE CAMBAVA LA PORCHE ……..

  148. Complimenti! Davvero un’ottima analisi di marketing, ho letto l’articolo (e condiviso) con immenso interesse e “divertimento”. Chissà se questa loro strategia di Marketing non convenzionale porterà un incremento del fatturato o semplicemente un dannegiamento della loro immagine di brand..

  149. Ciao Frank!
    Uno studio davvero interessante che si legge d’un fiato!
    Il tema (autodistruzione di un brand) è comune anche al settore ove io opero (l’automotive), ove alcuni “guru” del marketing con nessuna competenza ma con scarpe di mogano e cravatte intonate alla camicia, o tailleur di marca con tacchi da 12, producono i medesimi danni, senza essere mai stati un solo giorno a contatto con chi i prodotti li acquista.

    Pensando a costoro mi viene in mente una bella poesia di Wislawa Szymborska:
    Chi sapeva di che si trattava
    deve far posto a quelli che ne sanno poco.
    E meno di poco.
    E infine assolutamente nulla.

  150. Buongiorno, bell’articolo, molto ben scritto e sicuramente intelligente. Ho solo un’obiezione, piuttosto importante: la destagionalizzazione per le aziende che lavorano nelle ricorrenze non è un a semplice scelta tattica per “aumentare i fatturati”. E’ piuttosto una necessità strategica. I volumi e i margini nei mercati ricorrenze sono da anni inesorabilmente in calo, e la battaglia nella grande distribuzione è pesantissima. Il controllo sul prezzo è sempre meno in mano alle aziende. Restare ancorati al pandoro nel lungo sarebbe una scelta suicida (il pandoro è un transatlantico che affonda). Il problema magari è che Melegatti la sta facendo davvero male questa transizione. Altri, come i loro dirimpettai di Bauli hanno dimostrato che si può fare, e anche molto bene.

  151. Pingback: La Battaglia del Panettone che si vince con la focalizzazione

  152. Grazie e complimenti per l’articolo, l’ho letto tutto d’un fiato! Ragionamenti fulgidi e visione chiara, un bel ripasso di come si ragiona come si deve. A presto
    Davide

  153. Tu sei fuori, secondo me, non mi sembra ci sia nessuno scandalo e poi se lo vendono vuol dire che la scelta è stata giusta, magari hanno allargato la loro clientela, se l’avesse fatto la Bauli magari compravano quello e quei soldi andavano a quell’altra ditta, e non provare a dire che chi comprava Melegatti smette di farlo per questa pubblicità perchè è una boiata pazzesca!!!!

  154. Una cosa però non capisco: lo Scanu Pandoro è una edizione limitata, che si troverà solo in Canali non convenzionali ( raduno dei fans, mercahndising ecc.)… Ora tutto questo accanimento dei social, in effetti, per me ha portato solo più notorietà al brand.

    Inoltre mi apre che il personaggio sia veramente un po’ sottovalutato: Carlo Conti l’ha rilanciato.

    Non sto discutendo l’altra parte della interessante analisi (l’errore omofobo è veramente qualcosa che si poteva evitare ed è stato decisamente spiacevole), ma sulla parte Scanu… sarei più cauta ecco.

  155. Sono docente di un corso di Packaging presso l’Accademia di Belle Arti di Verona, all’interno del quale spendo sempre molte parole per chiarire il concetto di positioning. Due anni fa ho proposto agli studenti la case history di Melegatti pervenendo alle sue stesse conclusioni: l’azienda non sa di essere in possesso del primato storico sul prodotto e lascia la leadership a Bauli, il secondo arrivato. Nell’esercitazione ho chiesto agli studenti di enfatizzare la figura del fondatore e il concetto di originale. Ho anche tentato, senza successo, di entrar in contatto con l’azienda per presentare i risultati senza successo. Vox clamantis in deserto.
    I miei vivi complimenti per l’analisi puntualissima ed ineccepibile; sono lieto che qualcuno in Italia dia spazio alle idee di Jack Trout, che lessi per la prima volta nel vicino 1988.

  156. Il pandoro con Scanu è stato fatto solo per i partecipanti al raduno del suo fan club. Quindi gente che già apprezza Scanu. Quindi non capisco tutto il discorso sul posizionamento. Non ha valore nazionale nè per la GDO, ma solo per i fan del cantante.
    Poi sessualità ambigua che cavolo vuol dire? Perché si dice che sia che sia gay allora è ambiguo? Allora su chiunque ci potrebbe essere ambiguità. Sai, dicono che Eros Ramazzotti sia etero! Che chiacchierata la sua sessualità!

  157. Complimenti per l’articolo, molto interessante! E soprattutto lungo, completo ed esaustivo.
    Tramite conoscenze personali sapevo la situazione “difficile” che sta affrontando Melegatti nella gestione del cambiamento.
    E direi che hanno toccato il fondo!
    E non so quanto sia colpa dell’ultimo direttore mktg….
    Personalmente concordo sul 90% delle cose che dici… mi piace il posizionamento che proponi, la focalizzazione della range e le considerazioni sul prezzo, però rivedrei qualcosa del packaging…. Mulino Bianco, e anche Coca Cola, per diversi anni hanno insegnato come i ritocchi non percepibili “ad occhio nudo” aiutino a svecchiare un Brand, pur tenendolo aderente ai suoi valori e al proprio posizionamento.
    Ma ho una domanda su tutte: perché c’è l’hai tanto coi laureati alla Bocconi?
    L’Università non può darti quello che Dio non ti ha dato…. se bastasse studiare per essere di successo, la ricetta sarebbe troppo facile!

    • Eleonora non ce l’ho con i lauretai alla Bocconi! E’ un pretesto narrativo per far arrivare un concetto 😀

      In particolare che puoi essere laureato nella miglior università del mondo ma devi essere un bravo studente. Dalla Bocconi escono geni ed escono coglioni che hanno scaldato le sedie ma rimangono dei tromboni ignoranti.

  158. Mi unisco al coro dei complimenti.. (e dissento dai soliti noiosi, invidiosi di tanto genio ed estro).
    Per me è stato un articolo non solo molto interessante ed illuminante su certi aspetti.. ma che spero vivamente faccia parte delle prossime pagine di manuale (magari anche bocconiano) sulla fenomenologia del marketing italiano.
    (dove non mancherà la vicenda Melegatti).
    Chapeau all’autore, blogger, esperto marketing, pensatore e uomo contemporaneo!

  159. grazie,

    è stata una lettura parimenti avvincente e interessante, oltre che istruttiva.

    Trovare articoli come questo dà un senso ai soldi spesi per la connessione.

    Ancora grazie.

  160. Prego notare che i 2 slogan “Gggiovani” citati (“la vita è come l’albero di Natale…” e “ama il prossimo tuo ecc. ” ) erano un must in ogni diario di adolescentella di metà anni ’80.
    A proposito: hanno fatto anche quello con “i ragazzi boni sono come il telefono: sempre occupati” oppure “se un ragazzo ti lascia digli America, perché siete Stati Uniti”?

    Complimenti per la suprema spiegazione, grazie!

  161. Ottimo articolo. Da profano mi viene da aggiungere che tutto il caos intorno all’azienda si e’ verificato anche per via delle tante e troppo supercazzole come fossero antani che i creativi inventano come se non ci fosse un domani per cui tentano dietro tante belle frasi ad affetto di vendere frigoriferi agli esquimesi

  162. Complimenti, mi trovi d’accordo su ogni punto.
    Ma toglimi una curiosità, che tu ti chiami “Merenda” di cognome è anche una strategia di marketing per il tuo articolo? ????

  163. Complimenti per la splendida analisi. Condivido tutto.
    Sono confusi già dal direttore marketing precedente.
    Gli ho fornito dei premi per una promozione da 300k e loro hanno venduto il prodotto con premio (un bel premio!) a 10 euro o poco più. Grosso flop.

  164. Ma a prescindere dalla questione eterosessuale vs omosessuale, mi domando come si fa a far passare il cornetto, che onestamente io associo alle corna e quindi al tradimento, forse per colpa dei film pecorecci anni 70, come prodotto pubblicizzato con una relazione di coppia (sia etero che omo) ? Non so se mi son spiegato

  165. L’articolo di per se e’ interessante, l’analisi fatta bene ed avvincente. Quello che mi sorprende e’ l’esaltazione di una azienda decotta, puntellata ancora non si sa per quanto, che è costretta a svendere il suo prodotto di punta per poterne piazzare un po’ e sulla cui qualità ci sarebbe molto da ridire.

    • Marco non c’è nessuna “esaltazione”. Sono incazzato anche io per come si stanno comportando da molti anni a questa parte, ma il brand – che si costruito in oltre un secolo di storia – è un asset molto importante. Poi lo stanno buttando letteralmente via e vabbè.

  166. Bellissima analisi, concordo su tutto.
    La Melegatti avrebbe dovuto, ma.
    E la società di comunicazione che ha ingaggiato? (se esiste veramente, comincio a dubitarne).
    Guardando la loro comunicazione social, era matematico che prima o poi accadesse: tutto, dallo slogan all’immagine è sbagliato, senza senso comunicativo, dilettantesco.

    • E’ un’analisi competetente, che mette a nudo le deficenze di un’azienda che sta cercando di mantenere il mercato. Ma queste “genialità” non rafforzano il brand dell’azienda. Fanno parlare momentaneamente della Melegatti (ho pensato anche che tutto fosse fatto apposta in questo preciso momento)
      Ma se non cominciano a studiare un brand che li caratterizzi e li faccia realmente emergere e quindi ricordare, il loro reale problema non lo risolveranno mai.
      Ancora quelle immagini patinate, quei claim che li confondi con mille altri! e poi il cambiamento, la rottamazione quale sarebbe? Che basso profilo! Tutto da rifare.

  167. Ti leggo da parecchi anni, ma questa è stata in assoluto la lettura più coinvolgente, d’un fiato, compresi commenti e risposte intelligenti. Sono un ex Olivetti e mi hai fatto venire in mente carlo de benedetti e il suo imporre al Marketing interno strategie, prodotti e margini, legando tutto al suo personale utile, ben diverso dal fondatore Adriano Olivetti. E, pur sapendo come è andata con TUTTE le aziende che ha toccato, ancora qualche imbecille lo intervista o lo invita in tv.

  168. Da semplice consumatrice mi sono chiesta come un’azienda possa infilarsi in una simile ‘strategia’ di marketing suicida generando continue toppe peggiori del buco. Anche l’ultimo dei dipendenti con un minimo di sale in zucca non avrebbe mai pensato a pubblicizzare il marchio in questo modo. Prima della laurea servirebbe il buonsenso. Ho letto dunque con estremo interesse questa disamina e concordo, dovrebbero mandarti un assegno in bianco.

  169. L’unica pecca è questa prendersela a casaccio con il laureato in marketing in bocconi che francamente in questo caso non centra nulla. Il direttore marketing non era un novellino di primo pelo uscito dal corso di marketing management. E battere su qurl tasto, a livello di marketibg dell’articolo è una puttanata. Fa tanto volpe all’uva, ma tanto

  170. Congratulazioni per l’articolo.
    Ho lavorato 30 anni su un prodotto (già allora) di successo.
    Ce ne ho messi tre per capirci qualcosa.
    Dopo venti, i consumi sono finalmente e stabilmente esplosi.
    Forse io sono un po’ lento, ma non c’è di peggio per un brand che l’avvicendarsi di manager per periodi brevi. E anche per i partner esterni ci vuole continuità.
    Cordialmente
    VC
    Ps1 ho letto Rier-Stout
    Ps2 mi son perso un po’ di buonuscite
    Ps3 aggiungerei Verona nel vissuto di M da preservare

  171. Complimenti Frank! Un articolo da copiare e incollare per le proprie attività! Per la nonna di mia moglie il Pandoro è Melegatti da generazioni, non è Natale SENZA Pandoro Melegatti. Quando ha visto la nuova confezione ha esclamato in dialetto ovviamente “Cusa l’è cul rob li?” mi voli solo il Melegatt!(perdonate lo scritto del mio dialetto) ma per capirci Cos’è quella roba li? Io voglio solo il Melegatti!(Riferendosi alla confezione Blu ovviamente).E se ci è arrivata la Nonna!Grande Frank sei un mito!Complimenti

  172. Condivido in tutto e per tutto l’analisi fatta, Frank, soprattutto la caustica valutazione circa il cosiddetto marketing non convenzionale che “infiniti lutti addusse alle vendite”.
    Anche i commenti dei lettori sono interessanti, specialmente quelli dei bocconiani piccati dalle critiche presenti nell’articolo: i miei preferiti sono quelli scritti da “laureati alla Bocconi che dirigono oggi il marketing di una prestigiosa impresa italiana”, i quali però non precisano che si tratta di quella del papà o del nonno e che prima di accedere alla serra di piante di ficus e sedersi sulla poltrona in pelle umana (cit.) non hanno nemmeno provato il brivido di uno stage in un’altra impresa, ma del resto possiedono già il kit del markettaro provetto fornito dall’ateneo e quindi non hanno bisogno di vedere cosa succede fuori casa.

  173. Una sola cosa…. Non conosco Scanu, ma non mi pare che a carico dell’artista ci siano eventi di tipo penale, quindi accostare l’effetto che l’immagine di questi possa avere nei confronti del prodotto che la Melegatti ha deciso di reclamizzare a l’immagine di un delinquente pedofilo mi pare un pochino azzardato.
    Da persona comune e non laureato (grazie a DIo) alla Bocconi posso dire che “l’importante che se ne parli” non è detto che sia del tutto negativo se per fare parlare di un prodotto si usano immagini pulite e che non urtino la suscettibilità morale di alcuno. Io aspetterei gli effetti della campagna per trarne le conseguenze (magari funziona e a quel punto si possono anche rivedere i manuali della comunicazione).
    La cosa squallida in tutto ciò potrebbe essere affidare le sensazioni di un pandoro ad un cantante e non agli ingredienti.
    Purtroppo, e ripeto purtroppo, la guerra dei prezzi che l’industria sta facendosi sul dolce o dolci, se vogliamo accorpare il panettone, sta svilendo le vere emozioni che un dolce da ricorrenza dovrebbe dare cedendo di conseguenza quote sempre più importanti al prodotto realizzato nelle botteghe artigianali.

  174. Complimenti a Frank, che ha raddrizzato una situazione tragicomica alla Melegatti defenestrando di fatto il guru del marketing che lo ha preceduto…..Auguri

  175. L’articolo è veramente illuminante per quanto riguarda il marketing… ma non ho capito una cosa, questa versione del pandoro con Scanu viene venduta nei supermercati regolarmente? Perchè mi pare di aver capito che non è un prodotto destinato al pubblico, ma destinato agli utilizzi di Scanu come merchandising…

  176. Pingback: Gli errori grossolani di Melegatti

  177. …giusto per dare un esempio di cambio di stile di comunicazione (vi ricordate “Altissima, Purissima, Levissima”?) senza perdere i valori e le keywords del brand, ma anzi enfatizzandoli e creando un’empatia straordinaria: https://www.levissima.it/everydayclimbers/

    Certo, e’ vero anche che si tratta di Nestlè ed hanno soldi a palate… 😉

    • Lucio, Serafini non ha colpa. E’ il CDA aziendale di oggi che non ha le competenze per gestire un brand prestigioso come quello di Melegatti. Il direttore marketing conta poco e nulla.

  178. Grazie Frank, lucido, diretto al punto come al solito.
    Ho una domanda: la strategia di Melegatti che proponi è ATTACCARE perché Melegatti è in seconda posizione? Quale potrebbe essere la risposta del leader, Bauli?

    Non preoccupatevi per il direttore Marketing di Melegatti, andrà a fare conferenze e scriverà un libro come è successo a Schettino……….

    Un abraccio da uno studente del primo corso VV……

    Paolo

    • Paolo ciao! In realtà non propongo di attaccare. Anzi, propongo il contrario cioè focalizzarsi per attaccare sè stesso… cioè riportare chiaro nella mente delle persone come Melegatti sia il pandoro originale.

  179. Articolo interessante e stimolante, su cui mi permetto di dare una prospettiva critica.
    Che Melegatti stia gestendo male la sua brand equity è (tristemente) noto da tempo, e la parte diagnostica dell’articolo è obiettivamente centrata. A mio avviso discutibile è invece la parte propositiva, dove ho notato un po’ di approssimazione sui punti strategici e un certo volontarismo sugli elementi esecutivi.
    Sul piano strategico, il defocus di Melegatti dal suo core è evidente ma ciò non implica che il posizionamento possa/debba essere “io sono il pandoro, l’originale” e fine. Prima di stabilire un positioning, bisognerebbe avere visibilità (ad esempio) su informazioni di Usage & Attitude per capire le attese dei consumatori dalla categoria. Cosa vuole un consumatore di pandoro? Cosa è rilevante per lui? In cosa Melegatti è percepito meglio di altri? Nell’articolo non si fa menzione di alcun dato, ed è oggettivamente improponibile un salto di passaggio come quello proposto: la definizione del posizionamento è operazione importante e complessa, che richiede analisi accurate e profonde sia sugli users che sui non users. A me vengono in mente almeno un altro paio di possibili opzioni di posizionamento, in funzione di come si definisce il quadro strategico di riferimento. E’ chiaro che quella ottimale è solo una: il fatto è che, per sapere qual è, bisogna fare l’analisi.
    Questa impostazione un po’ “di pancia” (e non di dati) porta a scelte esecutive difficilmente valutabili, perché figlie di un positioning la cui unicità, credibilità e rilevanza sono tutte da dimostrare. Il problema di Melegatti non sono i suoi packaging, i suoi copy-claim, il suo tono di voce. Il problema è il vuoto di brand strategy che caratterizza la gestione da anni e che si palesa in ogni scelta aziendale. Parimenti, la soluzione non sarà in un certo claim, o in una data copy-idea o in un packaging specifico. La soluzione non potrà che essere nella definizione di un posizionamento centrato sul bisogno-chiave del consumatore target, declinato in modo coerente ed efficace su tutte le leve del mix e sostenuto con investimenti decisi.
    Un ultima, piccola, provocazione: sei sicuro che “i brand si costruiscono con le PR e una volta maturi si difendono con l’advertising”? Per carità, ci saranno casi in cui questo è successo. Ma come la mettiamo con tutti i brand (soprattutto nei Consumer Goods) che hanno costruito equity importanti, da leader, attraverso una gestione incisiva della leva advertising?
    Grazie per i contenuti che proponi, sempre stimolanti.

  180. Egregi Partecipanti al dibattito Buonasera. Una bella sintesi di concetti ed adeguate applicazioni. Complimenti all’Autore. Una piccola Nota da chi è Medico e per di più Oncologo: alla Bocconi i concetti di creazione del valore di Brand li insegnava un “certo” Luigi Guatri……. del quale non ho avuto opportunità di seguire i corsi….ma del quale possiedo quasi tutti i libri…… e scatenatevi…..il Marketing è una essenza connaturata all’Uomo!!!!!!!!!!

    • Perchè non sono sul mercato Francesca. Faccio l’imprenditore, non il dipendente per qualche azienda 🙂

  181. Complimenti! Dovresti farti assumere, o quanto meno farti pagare per il servizio
    Nel mio piccolo confermo appieno che ciò che paga è specializzarsi in qualcosa, non disperder le forze in tanto…

  182. Pezzone! Gran bella spiegazione. Ma il posto “direttore marketing” alla Melegatti è vacante? Perché faccio un altro mestiere, ma per metà soldi potrei anche non fare danni…

  183. In sintesi : mediamente i post di FM ottengono 25/30 commenti , ne ho trovato uno con più di 50……. questo post supera i 400…..
    Forse centra Scanu ?
    Frank impara dalla Melegatti !

  184. E quindi in teoria questo lungo articolo – dove il brand Melegatti è stato ripetuto 294 volte (incluso il mio commento) – è quasi un opera di brand re-positioning (?)
    Se poi includiamo migliaia di altri articoli (news) citazioni quest’anno sfondano il tetto delle vendite! Tra un mese in pochi ricorderanno la gaffe ma in tanti ricorderanno il brand…
    mi viene quasi dubbio che sia una gaffe questa storia!

  185. Le scelte sono scelte, e non sta a nessuno giudicare. Se Melegatti abbia sbagliato o no lo sapremo solo a Gennaio, e non sarà nessun maestrino a doverlo dire, lo diranno solo i clienti. Per ciò che riguarda l’articolo sinceramente se fossi al posto del “Sig. Melegatti” un bel vaffa all’autore dell’articolo non lo toglierebbe nessuno.

  186. Ottimo articolo, che in qualche modo evidenzia anche un approccio alla comunicazione abbastanza diffuso e, a mio avviso, poco lungimirante.
    Poi il concetto “basta che se ne parli” personalmente lo vedo in caduta libera. Il consumatore in questi pochi anni di rete ha fatto un salto quantico nella capacità di scegliere e valutare. Vuoi anche l’enorme esposizione a qualsiasi tipo di messaggio, promozione e tentativo di engagment. Non a caso si è sviluppato il marketing relazionale, che cerca di instaurare un awarness affettivo più che cognitivo.
    Se venderanno di più o di meno credo nessuno lo possa prevedere, personalmente auguro sempre il meglio, visto che dietro ai prodotti ci sono le persone e le loro famiglie.
    Resta da vedere, se venderà di più, quanto sarà il costo nel medio lungo periodo. Un conto è vendere di più nel proprio posizionamento, un conto è fare uno strappo.

  187. Pingback: Supercazzole e fuffa a grappoli quando si parla di professioni digitali - Ver.Ba. Web Writing

  188. illuminante parafrasi dei processi mentali del consumantore, visti in slowmotion.
    l’unoca cosa che non comprendo e quindi non condivido appieno è la proposta per il Battlecry “Da sempre” anzichè “Dal 1894” che mi sembra ancora più potente in quanto nessun competitor potrebbe dimostrare di averi iniziato prima. capisco che usando una data specifica un qualsiasi competitor potrebbe usare il “da sempre” vincendo nell’immaginario la guerra di chi è nato prima, ma questo sarebbe assai poco efficace se nella confezione del pandoro melegatti inserisse un breve accenno alla storia di Domenico Melegatti che ottiene il brevetto e il chiodo sarebbe piantato definitavamente nella testa del consumatore. sbaglio di molto?

    • Marzia devi essere breve nel battlecry e non fraintendibile. 1894 sarebbe legato alla tradizione. Ma “originale” nella scala gerarchica delle idee differenzianti è sopra “tradizione”. Quindi potendo devi usare quello.

      Ciao.

      • ok ma io non intendevo eliminare “l’originale” piuttosto anzichè
        “Melegatti, il Pandoro.
        Da Sempre per il tuo Natale, il Pandoro Originale”
        avrei scelto:
        “Melegatti, il Pandoro.
        dal 1894 il Pandoro Originale per il tuo Natale”
        ecco.

        • Marzia va bene tutto ma non stiamo facendo a una gara di creatività 🙂

          Ci possono essere alcune varianti e possono funzionare bene.

          La tua non mi dispiace affatto e può andare bene.

          L’importante è rimanere focalizzati nel comunicare un messaggio preciso e non vago.

          Anche la tua soluzione lo fa perfettamente. Brava.

          • WOW grazie !!! Non volevo certo innescare una gara, con te… ma capire. mi hai fatto rinverdire i tempi dell’università, anche se non ho studiato mktg alla Bocconi ma solo scienze della comunicazione 🙂

  189. Oh mamma. Ho impiegato quasi mezz’ora per leggere tutto il post, ma – accidenti – è a dir poco generoso da parte tua regalare questa approfondita analisi a Melegatti. I miei più sinceri complimenti a te per la capacità dimostrata nel saper analizzare la questione da cima a fondo.

  190. Complimenti, bellissimo articolo, analisi direi perfetta! Traspira la tua passione per l’argomento e la rabbia nel vedere che spesso non c’è la giusta visione aziendale da parte di chi gestisce, vuoi per ignoranza o per sogni di facili guadagni (ma gli antichi sogni di grandezza, orgoglio e bellezza di un marchio e quindi di riconoscimento di un lavoro ben fatto dove sono?). Questo articolo è una lezione densa che tutti gli studenti e non del settore dovrebbero leggere…

  191. Mi occupo ma sempre di marketing e comunicazione… e spesso mi trovo in disaccordo con le scelte creative fatte da chi pensa solo a fare “figurine” carine e dimentica il brand.
    Quest’articolo non solo è scritto molto bene ma soprattutto è incredibilmente centrato sul tema!
    E per inciso non mi interessa se quest’anno forse venderanno qualche pandoro in più (cosa che cmq nn credo) stanno distruggendo un brand che ha attraversato 3 secoli, pazzesco 🙂
    Cosa aspetta Melegatti a chiamarti? 😀

  192. Non sono un’esperta di marketing, anzi, notoriamente ci capisco poco o niente. Ma questo articolo l’ho letto tutto e l’ho apprezzato molto. Raramente trovo articoli così interessanti.

    Soprattutto, grazie per aver utilizzato un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori (di solito è il grosso problema degli articoli tecnici)

  193. Io ho 40 anni e mi ritengo un consumatore consapevole, ma non mi ero mai accorta che Melegatti detenesse il brevetto di originalità della produzione industriale di pandoro. Riflettendo da acquirente, mi rendo conto che l’articolo è illuminante e condivido da inesperta ciò che afferma. Poi oltretutto, quando mai il pandoro lo comprano i giovani? Non vedo la necessità di avvicinarlo a generazioni che non si occupano di cosa viene messo sotto l’albero. Se io, che ho una mia famiglia da qualche anno, non mi ero accorta di questo punto di forza di Melegatti, molti come me non lo avranno fatto, quindi se è vero che certo il problema non è il testimonial dell’edizione limitata, è anche vero che non sono poi così concentrati sui loro punti di forza e quindi la disamina, al contrario di quanto detto da molti, non è poi così campata in aria

  194. Che poi è palese che per funzionare una qualsiasi comunicazione deve essere chiara e semplice più che creativa. Al massimo se proprio dovevano inserire scanu io avrei proposto una cosa del genere: uno spot in cui scanu canta “a mangiar pandoro in tutt modi, in tutti luoghi, in tutti i laghi… ???? , (con lui che mangia il pandoro in riva al lago insieme al mostro di lochness con il cappellino di Babbo natale)….

  195. Sono d’accordo. In ogni esperimento che è stato tentato di “diversificazione” selvaggia, la percezione nel medio periodo è stata sempre e solo non tanto il “riposizionamento” del marchio. Ma l’annacquamento di un marchio premium perchè spessissimo infestato di Budget Line.

    E questo è verissimo.

    Guardate cosa ha fatto Renault con Dacia. Ha acquisito un marchio ormai decotto, con fabbriche vetuste e ha trasformato Dacia, in una macchina da soldi. Senza sporcare il marchio Renault. E’ bastato allungare i tempi, annunciare ennemila volte che avrebbero fatto l’auto da 5000€ e soprattutto “diversificare” il prodotto. Il che significa che, almeno all’inizio, sulle Dacia il Navigatore Satellitare te lo scordavi. Che le tinte a catalogo erano solo 4 o 5. Che le maniglie delle portiere erano della vecchia Clio, ed i motori depontenziati.

    Possiamo dire che VW abbia fatto lo stesso con Skoda? Assolutamente no, il prodotto Skoda è un prodotto in tutto e per tutto assimilabile al prodotto VW con la risultante che il marchio Skoda ha guadagnato, cannibalizzando però quote di VW.

    E taccio, per pietà, la sorte di Seat.

    La morale della favola è che, se davvero Melegatti avesse voluto diversificare, lo avrebbe dovuto fare con un nuovo Brand creato ad hoc senza andare ad intaccare il prodotto di punta. Che come dice l’articolista va difeso dagli attacchi competitivi dei follower.

    Poi, la polemica con la bocconi ed i bocconiani è al limite anche un po’ pretestuosa e stucchevole, ma effettivamente non è che al dipartimento mkt siano dei gran geni.

    Una mia collega, nel marketing da 30 anni, mi dice sempre: ghe nient de inventà.

    Ha ragione.

  196. Pingback: 3 punti: Università di Firenze, Melegatti, Veri Amici - GoHasta - Blog

  197. Pingback: Scritture, riscritture, branding, rebranding | Digital Update

  198. Tento di lanciare un’idea o provocazione o un obiettivo di Marketing sul quale potremmo sbizzarrirci, tanto il vantaggio sarebbe solo nostro.
    Se il Marketing ha lo scopo,semplifico forse in modo esasperato di migliorare complessivamente il benessere dell’azienda mandante.
    Invito tutti voi che avete seguito questa “lezione” a immaginare un Marketing per il benessere del mandante, dove il mandante è per esempio, una la collettività benchè ridotta di volontari che si prefiggono il benessere dell’ambiente più o meno ampio intorno a loro. Per dare un termine di grandezza diciamo 20.000 – 30.000 persone.
    Possiamo provare a lavorarci insieme per questo marketing?
    cittadini-volontari.simplesite.com
    In questo periodo personalmente il Marketing è impastato, o meglio intriso con la finalità della mia esistenza. Carlo.
    ma domani è un altro giorno.

  199. Il Posizionamento si rafforza con la Ripetizione!
    l’opera di ripetizione di brand più evidente si trova in questo articolo…
    qualche guru del marketing mi dà conferma? 🙂

  200. E pensare che prima ancora degli ultimi sviluppi “marketing” stavo per convincere i colleghi americani ad effettuare una analisi in termini neuromarketing per melegatti….quando poi ho assistito alla rapida escalation di martellate sui testicoli che si stavano auto infliggendo non mi è rimasto che constatare con amarezza quanto la retta via fosse stata smarrita e quanto inutile sarebbe stato pensare ad aggiustare il tetto in una casa con le fondamenta distrutte.

  201. Bellissimo articolo, lo trovo perfino troppo dettagliato e sinceramente spero che alla Melegatti l’abbiano letto, un’analisi del genere l’avrebbero pagata cara… o la stanno gia pagando?

    Complimenti ancora.

  202. Unica cosa da obiettare… Melegatti non è Coca-Cola, ma Pepsi (per sua sfortuna).
    Hanno un prodotto di qualità e hanno la tradizione, ma resteranno sempre i follower di Bauli a livello di portata e copertura…
    Dovrebbero iniziare ad effettuare strategie promozionali performanti, magari evitando questi scivoloni 🙂

  203. Pingback: Come sbagliare tutto sui social media

  204. Da una studentessa magistrale in marketing,
    grazie.
    Tutto quello che non ci insegnano all’università, spiegato in maniera efficace ed accattivante.
    Fortunati i suoi studenti, non dubito che abbia sempre le aule piene.
    La seguirò ancora sicuramente!

  205. Pingback: Melegatti può essere salvata mentre distrugge il suo brand?

  206. Ho apprezzato l’articolo ma ho trovato alcune incongruenze. Prima di tutto, ammetto, ho da sempre (ma questo e’ dovuto solo ad una mia sensibilita’ del tutto personale) una certa diffidenza nel marketing: ho sempre la sensazione sia una disciplina che per esistere abbia bisogno di un pubblico da “manovrare” e dal (molto) limitato spirito critico. Lei invece mi dira’ non e’ affatto in questo in questo modo. Sta bene, non e’ certo questo l’argomento con il quale volevo dare la mia opinione. Vorrei partire con la semplice constatazione che, sulla carta, discettare di strategie e posizionamento in questo modo ha la stessa valenza di parlare, al bar, di calcio: davanti ad un prosecchino tutti siamo un po commissari tecnici insomma… 😉 Senza avere davanti i bilanci, senza conoscere la logistica di un’azienda, senza avere i dati di vendita e’ davvero difficile, a mio parere, anche solo osare di poter dare qualche parere anche solo pallidamente illuminante (“illuminante” e’ l’aggettivo piu ricorrente fra gli oltre 400 commenti ad ora presenti) sul brand e posizionamento della marca. Se invece vogliamo solo discettare amabilmente di percezione (leggasi stereotipo o luogo comune) alora va benissimo … ma in questo caso mi sentirei autorizzato a non nominare ogni tre secondi ne kotler ne la bocconi: dunque rimane semplicemente un esercizio alla portata piu o meno di chiunque. E’ indubbio che Melegatti sia un brand ormai ampiamente storicizzato, il vero problema e’ pero’ capire cosa possa veramente significare senza esser troppo innamorati di un’idea che, forse, e’ pure errata… voglio dire che il concetto di “primogenitura” e’ stato gia’ ampiamente utilizzato negli anni passati: ho 42 anni, ricordo benissimo che, ben prima degli spot della valeri, (che risalgono alla seconda meta’ anni 80) uno slogan era: “Melegatti. il primo” Purtroppo non ne trovo traccia su youtube (sembra esista solo la Valeri) ma ricordo benissimo che a casa arrivava il bauli e, da bambino, mi chiedevo come mai dato che “alla tv” si diceva fosse quello “il primo”. Anche sul termine, a lei caro, di “originale” mi permetta … avrei una obiezione. In italiano (ma ad esempio pure in francese) l’aggettivo “originale” ha due pericolissimi significati (la pericolosita’ deriva dal fatto che tali significati stanno all’esatto opposto): dunque con valenza di “che esiste dall’origine, autentico e non falsato…” ma pure di “fuori del comune, bizzarro” dunque, in un ambito che trova la propria natura d’essere in una immediata ed universale riconoscibilita’, il caso di un aggettivo a due (opposte) valenze e’ immediatamente da scartare. Un pandoro con impasto color verde e glassato alla fragola e’ “originale” come “originale” e’ invece quello inteso come l’archetipo della produzione industriale. Mi permetta inoltre l’obiezione piu, a mio avviso clamorosa, sul suo elaborato. Ad un certo punto leggo che Melegatti, in virtu’ della sua “originalita” dovrebbe essere rigorosamente puro, puro genuino e fragrante, con cui la mamma amorosa dovra’ preparare le altrettanto pure e genuine creme per farcirlo. Faccio solo una umile osservazione: stiamo parlando di un chilo di “robbba” che nel periodo di massima redditivita’ e di massimizzazione di vendite arriva ad un prezo al pubblico inferiore al prezzo del pane comune. E parliamo di un chilo di robbba con cui la stessa pubblicita’, direttamente o indirettamente, vorrebbe farci bere (opss… in questo caso e’ piu indicato “mangiare”) come genuino fragrante tuttoburro e uova fresche… dato che la realta’ e’ del tutto all’opposto (parliamo di un prodotto industriale magari cotto a giugno e sicuramente mangiato dopo sei mesi) dove e’ meglio non indagare il mistero della fede per cui, se un panetto di burro fuori dal frigo dopo un giorno e’ da buttare … invece se impastato con altra roba si mantiene anche sei mesi… Dunque meglio lasciar perdere le lezioni di cucina dedicate alle mamme amorose, perche’ le mamme amorose sanno benissimo che non ha alcun senso preparare una freschissima crema all’uovo per farcire qualcosa che proprio cosi’ genuino non e’. Poi avrei qualcosa da dire pure sulla scatola: siamo proprio sicuri che sia cosi’ irrinunciabile? a mio avviso se parliamo di packaging quello che vince mille a uno e’ bauli: sia per il colore (quel rosato-lilla molto delicato che piace moltissimo ai bambini) quello si assolutamente “originale” in quanto risulta davvero l’unico e subito immediatamente riconoscibile ..e pi vogliamo discutere pure della forma? se prendiamo un campione di bambini e li mettiamo a scegliere fra una forma rotonda e una vagamente squadrata … cosa pensa sceglieranno? ovviamente la tonda! Non vorrei annoiarla ulteriormente ma in questo caso sto solo rifacendomi alla premessa, per cui meglio non innamorarsi troppo di una propria idea ..se poi forse tale idea inizia a fare acqua da tutte le parti. Poi tutto questo discettare sui filetti d’oro mi ha lasciato abbastanza incantato …devo essere sincero… non ci ho mai fatto caso: siamo proprio sicuri siano un tratto cosi’ distintivo e irrinunciabile? L’operazione scanu, sono assolutamente d’accordo con lei, e’ stata sciagurata… probabilmente la colpa ricade solo su qualche alto papavero dell’azienza che, trovandosi una figlia teenager evidentemente fan scatenata, ha ben pensato di fare una semplice trasposzione: se mia figlia che e’ cosi’ giovane, cosi’ moderna ed immersa in questo mondo social e ama scanu, cosi’ come e’ amato da un numeroso gruppo di altre ragazzine… allora se lo accostiamo al nostro pandoro ci portera’ di conseguenza l’attenzione di tutto quel pubblico adorante … Il concetto di per se non e’ sbagliato, in quanto vorrebbe affidare il rilancio ad un testimonial .. il problema semmai e’ il pensierino da prima elementare che ha portato a tale scelta completamente sbagliata. Ritengo che le migliori campagne siano proprio quelle della Valeri, in quanto ricordate pure oggi anche dopo 30 anni. Se ci facciamo caso (nessuno sforzo, basta solo guardale su youtube) sono tutte incentrate sulla figura chiave della testimonial, viene pure lasciato comodamente fuori dalla porta (senza alcuno scandalo e senza che nessuno se ne accorga) il fatto della “primogenitura” del Melegatti (tema per lei invece assolutamente irrinunciabile), il pandoro quasi manco si vede e nemmeno lontanamente si prova a spingere sul tasto (perdente in partenza) di fragranza e genuinita’… dove il messaggio che entra in testa e’ il gingle finale che ricorda come sia “davvero” natale in quanto se ti va bene puoi vincere pure una porsche o una pelliccia … insomma il messaggio perfetto per chi non si puo’ permettere di acquistare il dolce di natale a 40 euro in pasticceria (lì si che si pretende la freschezza e la fragranza) …ma che al massimo puo’ spendere tre euro al super (ma dopo le feste anche a uno e cinquanta) per un chilo di robbba dolce. Dunque, esattamente come per le compagnie telefoniche, dove il pubblico e’ il piu trasversale (ma pure il piu infedele possibile) tutto il lavoro dovrebbe essere incentrato sulla ricerca di un testimonial che dialoghi con il pubblico piu’ popolare ma pure quello piu elevato (la valeri era assolutamente perfetta in questo frangente), un personaggio amato, o perlomeno considerato piacevole sia da giovani che dai meno giovani, un personaggio amato sia al nord che al sud (anche in questo caso la valeri assolutamente perfetta: celebre nei panni della sciura milanesa cosi’ come nella popolare e romana sora cecioni) e che soprattutto strappi un sorriso positivo ogni qualvolta appaia cosi’ che tale positivita’ passi al prodotto … cosi’ che, piu o meno direttamente, poi il ricordo si traduca nell’acquisto al supermercato. Mi scusi se l’ho annoiata e … buon natale 😉

  207. Ciao Frank. Direi che condivido pienamente tutto quello che dici nel tuo post tranne le conclusioni nelle quali “addolcisci” la tua analisi che invece è lucida e tremendamente penetrante. Io non so se Melegatti venderà di più o di meno degli altri anni ma quando parliamo di brand facciamo un discorso diverso rispetto alle vendite. Il brand è una garanzia che dura nel tempo, ha a che fare con il medio e lungo periodo è uno sguardo che travalica il presente rifacendosi ai valori fondanti di un’azienda. Difendere a denti stretti la propria brand awareness può anche avere svantaggi nel breve periodo ma di sicuro garantisce le vendite del domani che rischiano di scomparire del tutto se invece ci dimentichiamo della nostra immagine. Sarei curioso di sapere quanti sono al corrente del fatto che quello Melegatti è il pandoro originale, temo che negli ultimi anni siano sempre meno e questo a lungo andare avrà effetti devastanti. Il marketing ha le sue leggi non seguirle vuol dire semplicemente essere inevitabilmente destinati all’insuccesso!

  208. Pingback: bla bla blogger 11 dicembre 2015 - Social-Evolution di Paola Chiesa

  209. Melegatti, come sa benissimo anche Frank, non deve nulla a Frank: l’articolo è un investimento di Frank che si ripaga con con l’effetto virale delle condivisioni.
    Detto questo, il contenuto come sappiamo non aggiunge nulla di nuovo: avrei fatto la stessa analisi grosso modo, forse in modo molto più sintetico e meno didascalico. Frank lo propone in una bella forma, con esempi e metodi da bravo venditore.

  210. Ciao!

    Ricordati: /è/, terza persona singolare dell’indicativo presente del verbo «essere», vuole l’accento grave (tu usi tre volte su quattro l’acuto: «é»); e si scrive «beh», non «bhe»

  211. Pingback: Facebook e Adwords quale è migliore e perchè utilizzarli entrambi - Ecommerce-school.it - Formazione in E-commerce Management

  212. Pingback: Fedez e i Baci Pergina…e se il brand in crisi fosse San Valentino? | Marketing Bergamo

  213. Pingback: Appunti di Marketing | Andrea Camporese

  214. Pingback: Il fail Melegatti: storia di una rapida caduta e di una lenta ripresa social

  215. complimenti frank un articolo ben fatto e a mio aviso con molti spunti interessanti , concordo che un bel assegno la melegatti dovrebbero dartelo o quanto meno una super fornitura di panettoni ..senza scanu 🙂 aahhha

I commenti sono chiusi.