Il Segreto per il Lancio di un Nuovo Prodotto che Coca Cola non conosce

Uno degli esempi migliori di lanci di nuovi prodotti e creazione di famiglie di brand ovviamente è la Apple.

Apple non è realmente il brand, ma lo sono invece come abbiamo detto più volte iPod, iPhone, iPad e Mac.

Il successo di iPhone, il prodotto di punta di Apple che in questo trimestre ha fatto più profitti di tutti gli altri smartphone messi assieme non nasce nel vuoto e solo perché Steve Jobs ha “azzeccato il prodotto”.

Il successo di iPhone deriva dal fatto che :

  • Abbia creato una nuova categoria (lo smartphone touchscreen)
  • Appoggiasse sui precedenti successi della famiglia di brand, iPod e iTunes.

Partendo dall’inizio, con iPhone, Steve Jobs fece un mezzo miracolo perché superò il problema della trappola della convergenza.

La trappola della convergenza è quella nella quale cadono le aziende pensando che unire televisore e lettore blu ray (una volta avremmo detto videoregistratore) sia una buona cosa.

O che unire stampante e fax sia una buona cosa, o unire una lavatrice con un’asciugatrice lo sia, la stampante con il pc, ecc…ecc…ecc….

Ci sono infiniti esempi di tentativi di convergenza nel corso della storia e non hanno mai realmente funzionato. Le categorie, come i rami di un albero genealogico tendono a divergere, non a convergere.

La televisione non si è fusa con un altro mezzo di comunicazione. Si è divisa. Una volta avevamo la televisione e oggi abbiamo la TV normale, la TV Satellitare, la TV col digitale terreste, la TV Pay per view ecc…

Gli smartphone all’inizio non funzionavano come vendite. Perché cercavano di unire un cellulare, un’agenda elettronica, un servizio di posta elettronica e un pc.

Per farlo avevano lo stesso problema che avevano i televisori con il videoregistratore : non riuscivi a fare realmente al top nessuna di queste funzioni e se ti si inceppava una funzione per mille motivi dovevi sostituire, riparare tutto in blocco.

Se ti si inceppava la videocassetta nel tv/videoregistratore dovevi portarlo a riparare e rimanevi anche senza TV. Per questo non ha mai funzionato come vendite.

Gli smartphone poi avevano il problema del multi accesso, cioè avevano lo schermo, ma avevano il pennino e ricordo ancora con affetto il mio HTC di tanti anni fa con la sua tastierina estraibile.

Quindi andavi in giro cercando di digitare qualcosa su una mini tastiera scomodissima e scorrevole e dovevi puntare sullo schermo col pennino. E il pennino si rompeva e si perdeva e se lo perdevi non potevi più usare lo smartphone (all’epoca lo chiamavamo telefono palmare) perché con il dito non funzionava.

Beato chi ha cominciato a usare gli smartphone da dopo l’avvento di iPhone perché prima era veramente un gran casino di convergenza.

Ma Jobs creò questo smartphone touchscreen e risolse almeno un grande problema della convergenza, cioè che con un dito si faceva TUTTO.

Quindi non avevamo più un televisore e un videoregistratore collegati insieme ma un unico device con le sue applicazioni. Geniale. Davvero, fottutamente geniale.

In questo e in solo questo tutti intravedono il successo di iPhone, ma le cose non stanno proprio così.

Appartenere a una famiglia che funziona.

Il secondo punto, come abbiamo detto, è il fatto che iPhone appartenesse a una famiglia di estremo successo che comunicava con forza un attributo e cioè: “Device di fascia alta figo”.

L’errore che fanno tutti i marketer dilettanti e gli accademici è creare i loro bei grafici con ascisse e ordinate per vedere dove altro possono spalmare il loro brand. Ma non è così che funziona.

Le vere opportunità non sono nel lanciare nuovi prodotti, men che meno quando il brand principale è debole come tentativo di aumentare le vendite.

Le vere opportunità sono nascoste nell’entrare per primi in una categoria, creare un brand focalizzato, portarlo al successo e sulla spinta di quel successo creare un nuovo brand. Non lanciare un’estensione di linea.

Te la rifaccio schematicamente con gli occhi dell’accademico:

Oggesumaronn! Le vendite stagnano, anzi sono in calo! Fammi tirare due righe e creare un grafico! Presto!!! Che altro prodotto possiamo lanciare col nostro nome per vendere di più???
Gli azionisti! il CDA!!! Le scie chimiche!!! i Rettiliani!!!!”

E come sempre accade, un prodotto lanciato come estensione di linea partendo da un brand debole e defocalizzato non potrà mai essere un grande successo.

Le opportunità vere sono invece come detto nell’entrare primi in una categoria e costruire un brand focalizzato e forte.

Nel 2006, dieci anni fa le vendite di iPod arrivarono a 5 miliardi di dollari e il brand iPod dominava il proprio segmento di mercato rappresentando il 91% di tutti i lettori MP3 con dischi fissi.

iPod non fu il primo lettore MP3, ma fu il primo a imporsi nella mente dei clienti perché non era un’estensione di linea e nasceva focalizzato e con un nome che funzionava. E un Visual Hammer che spaccava.

ipod

La mitica silouette delle cuffie bianche resiste ancora oggi e permetteva a chiunque di capire che avevi un iPod perché le tue cuffiette erano bianche.

Il prodotto infatti a differenza del successivo iPhone ovviamente si teneva in tasca o in borsa ma Jobs ebbe il genio di usare il visual bianco per gli auricolari quando tutti quelli esistenti sul mercato all’epoca erano neri.

Come si crea un brand come iPod?

Come già detto, bisogna arrivare primi nella mente dei clienti diventando il primo brand in una nuova categoria.

Non ci sono altre strategie così efficaci nel marketing come essere i primi a creare un brand in una categoria.

  • Coca Cola è stata la prima Cola.
  • McDonald’s è stata la prima catena di Hamburger.
  • Nescafè, il caffè più venduto del mondo è stato il primo caffè istantaneo.
  • Ferrari è stata la prima supercar.
  • La Juventus è stato il primo club non legato ad una città ad imporsi a livello italiano.
  • Venditore Vincente è stato il primo sistema di vendita professionale.
  • iPhone è stato il primo smartphone touchscreen.
  • Barilla è stata la prima pasta ad andare all’estero con il claim “La Pasta numero 1 in Italia”

Eppure nei discorsi dei tromboni del marketing che pontificano nelle loro torri di avorio facendosi ricchi pompini a vicenda, dove è mai citata la necessità di arrivare per primi?

Al Ries mi dice sempre che è dal 1952 che legge ogni singolo numero di Asvertising Age, la più prestigiosa rivista del mondo sul marketing della quale è articolista da decenni, e non ha mai letto articoli sull’importanza di creare un brand che arrivi per primo in una nuova categoria, tranne negli articoli scritti da lui, Laura e Jack Trout.

Gli accademici son tutti lì a farsi le pippe con la brand equity, la brand value, la brand echitemmuort’ coi loro grafici fatti per giustificare il nulla delle estensioni di linea, e nessuno che si alzi e gli dica:

“Scusi ma perché non parliamo mai del fatto che bisognerebbe innanzitutto arrivare primi creando un brand
in una nuova categoria per avere successo?”

E io stesso non ho mai sentito nessuno di questi accademici, di questi professoroni, o di questi consulenti, o di queste agenzie marketing dire l’unica cosa sensata e cioè che per creare un brand potente sia necessario arrivare primi.

E’ un messaggio che i tromboni accademici con i loro grafici e i “creativi” del marketing (due categorie famosissime per farsi pompini a vicenda mentre sventrano le aziende prendendole ai fianchi) non vogliono ascoltare.

Pensano che svilisca la funzione del marketing indicando che il marketing che fanno loro non conta. Che la facciamo facile dicendo che ciò che conta sia solo arrivare primo.

Ma quello che questa gente non vuole sentire in realtà è la seconda parte della frase. Non ascoltano.

“Arrivare per primi” significa arrivare per primi nella mente dei clienti, non nel mercato.

  • iPod non è arrivato per primo nel mercato ma primo nella mente.
  • Google non è arrivato per primo nel mercato ma ha resistito focalizzandosi finché non è arrivato primo nella mente.

Qualunque fesso può arrivare primo nel mercato. Ma ci vuole un marketing eccellente per arrivare per primi nella mente dei clienti.

Sta tutta qui l’essenza della creazione di un brand di successo.

Pochi brand leader sono arrivati materialmente primi nel mercato.

  • Il primo brand automobilistico in USA è stato Ford come in Italia è stato Fiat. Ma Duryea aveva prodotto la prima automobile negli Stati Uniti pur senza riuscire a decollare.
  • Il primo televisore mai prodotto fu prodotto dalla Du Mont. Mai funzionato, mai entrato nella mente. Altri sono diventati colossi al posto della Du Mont.
  • La prima lavatrice mai prodotta fu della Hurley. Mai sentita da nessuno. Non è mai entrata nella mente.

Ci sono sempre un po’ di passi falsi di solito in ogni categoria (a meno che tu non sia Steve Jobs) prima che qualcuno capisca come entrare nella mente dei clienti.

Prendi la Krating Daeng, una bevanda thailandese frizzantina alle erbe con molta caffeina. Esiste da tantissimi anni.

Ma finché Dietrich Mateschitz dall’Austria non l’ha assaggiata e non ne ha visto il potenziale, a nessuno era mai venuto in mente di imporla nella testa dei qualcuno.

Mateschitz la immise sul mercato con il nome di Red Bull, creando la categoria degli energy drink e il resto è storia.

Per informazione dei vari tromboni in ascolto, fu proprio grazie a tutti i laureati ad Harvard e a Warthon assunti dalla Coca Cola e ai loro modi di ragionare da coglioni che la Coca Cola ha perso per sempre la battaglia degli energy drink, proprio quando il consumo di bevande gassate si stava contraendo sempre di più nel mondo.

I tromboni accademici con master in Business Administration super pagati dalla Coca Cola guardavano i grafici e per i primi anni dicevano:

“Non sta andando da nessuna parte,
non abbiamo interesse ad entrare in quel mercato”.

Perché i tromboni cresciuti alla scuola di Cozzler il Cozzleriano non sanno che ci vuole tempo per costruire un brand, spesso molti anni, soprattutto quando si crea una nuova categoria.

Red Bull ci mise dieci anni a decollare veramente e in quei dieci anni in cui i tromboni strapagati avrebbero potuto clonarla e ucciderla con la semplice forza del denaro, rimasero a guardare convinti che non sarebbe successo nulla.

Poi la Red Bull ,con effetto incrementale come sempre accade in questi casi, prese quota.

Fu allora che i tromboni con master in Business Administration sciamarono come mosche capendo che avevano preso una cantonata, ma era troppo tardi.

Red Bull ormai era entrata nella mente dei consumatori. La battaglia dell’energy drink era persa.

Coca Cola, con tutta la sua potenza di fuoco e i milioni di dollari che spende in marketing ha lanciato i suoi energy drink. In USA hanno cambiato nome già tre-quattro volte perché non ha mai funzionato. Oggi si chiama Full Throttle. In Europa la Coca Cola ha Burn.

Nè Burn nè Full Throttle riescono ad arrivare al 2% delle quote di mercato del settore energy drink.

E Coca Cola è tra le aziende più importanti e potenti del mondo insieme a Apple e Google, ha pagato per anni i migliori laureati super master bacio sulla cappella del magnifico rettore in Business Administration del mondo, e prende gli schiaffi da un omarello austriaco che ci ha creduto fino in fondo andando contro a tutti i sondaggi che gli davano torto.

(Ti ricordi quando ti ho detto di non credere ai sondaggi un paio di articoli fa? I sondaggi sono quelli che dicevano che gli 11 energy drink provati da Coca Cola avrebbero funzionato e Red Bull no. O frechete!)

Nel corso degli anni Coca Cola ha provato a lanciare i seguenti brand nel settore degli energy drink:

  1. NOS,
  2. Full Throttle,
  3. Burn,
  4. Mother,
  5. BU,
  6. Gladiator,
  7. Samurai,
  8. Nalu,
  9. BPM,
  10. Play e
  11. Power Play.

Non ne ha mai funzionato nessuno, perché sono arrivati troppo tardi. La creatività, le strategie di “brand extention equity preservesciòn ambliamend raggio di azion” proposte da tutti i “Gran maresciall lup mannar bel fidiputt business administesciòn” non hanno funzionato nemmeno per un secondo.

Perché?

Perché ogni categoria nel lungo periodo è una gara a due.

E negli energy drink i primi due competitor che sono Red Bull e Monster si spartiscono quasi l’80% del mercato. il rimanente viene suddiviso tra circa 927 marche di energy drink (saranno cambiate dall’ultima volta che ho controllato ma il numero è quello) che si uccidono per le briciole.

monster-cokeDopo anni e anni di inseguimento di Red Bull grazie alle grandi strategie degli accademici strapagati master di Harvard e Warthon, Coca Cola ha deciso di arrendersi e fare l’unica cosa che avrebbe dovuto fare sin dall’inizio: rilevare il n° 2, cioè Monster.

Il 12 Giugno 2015 Coca Cola annunciava di essere entrata in Monster acquisendone una quota del 16,7% con prospettive di crescita, cedendo loro tutti e gli undici marchi fallimentari di energy drink che hanno provato a lanciare nel corso degli anni.

Ben svegliati, Coca Cola.

Coca Cola in particolare ha violato la legge del lancio dei nuovi prodotti che ripeto sempre (e che a scuola non ti insegnano, ti insegnano i grafici con le supercazzole che loro hanno usato perfettamente per anni con i risultati che hai visto):

“I nuovi prodotti si lanciano se possono essere primi o massimo secondi in una categoria nuova e se il Brand é forte e in crescita.
Non si lanciano prodotti per fare più vendite come rimedio a un brand in crisi. In quel caso serve prima focalizzazione.”

Nel caso specifico, Coca Cola ha già i suoi problemi con la confusione e le estensioni di linea generate da Coca Light, Coca Zero e Coca Life e Diet Coke in USA nonchè altre varianti regionali che è inutile citare.

Coca Light dice che la Coca Cola fa ingrassare. Ottima mossa.

Coca Zero nasce perché le parole Light e Diet vennero reputate con poco appeal per il pubblico maschile perché ricordavano il concetto di dieta. Bravi geni ma era troppo tardi.

Nel 2005 quando Coca Zero venne lanciata, la linea di Coca Cola era estesa in questa maniera:

  1. Coca-Cola
  2. Caffeine-free Coke
  3. Coke with lime
  4. Vanilla Coke
  5. Cherry Coke
  6. Diet Coke
  7. Caffeine-free Diet Coke
  8. Diet Cherry Coke
  9. Diet Coke with lemon
  10. Diet Coke with lime
  11. Vanilla Diet Coke
  12. Diet Coke with Splenda
  13. C2

La Coca Zero fu l’ennesima estensione di linea che diluì il brand Coca Cola, pensando che i maschi evidentemente siano così pirla da non sapere che è uguale alla Coca Light.

Un sacco di gente mi chiede se però non sia stata una necessità per la Coca Cola lanciare la sua bevanda dietetica dato che sempre più persone ovviamente vanno nella direzione di bevande senza zuccheri che non facciano ingrassare.

Capisco la domanda e la mia risposta è: “Certamente sì”.

Il problema è che Coca Cola lo aveva già fatto.

E stava vincendo. Il primo a lanciare una estensione di linea nel campo fu la Pepsi, non la Coca Cola, con la “Diet Pepsi”.

Coca Cola aveva il suo brand di Cola dietetica che era Tab! Tab andava in maniera favolosa perché non era una estensione di linea e infatti dominava il segmento delle cola senza zucchero con un impressionante 43% del mercato e stava letteralmente distruggendo la Diet Pepsi.

In un lampo di genio di qualche laureato ad Harvard con Master in Business Administration, la Coca Cola Company decise di abbandonare il brand Tab che era leader di mercato nel suo segmento e di sostituirlo con estensioni di linea del marchio principale. Nacque così la Diet Coke per imitare la Diet Pepsi che la Tab stava distruggendo.

Non solo tutte le estensioni di linea senza zucchero messe insieme non hanno mai più ottenuto quella porzione di mercato che aveva il brand Tab da solo, ma inoltre ogni vendita di Coca Light o Zero o Life è una vendita che cannibalizza direttamente quelle del brand principale.

Perchè in alcuni raptus di follia le aziende preferiscano una estensione di linea al posto di lanciare un nuovo brand non ha nessun senso.

Hanno il brand Fanta, non la “Orange Coke”.

Hanno il brand Sprite, non la ” Soda Coke”.

Avevano il brand Tab che era Leader delle cola dietetiche. L’hanno dovuta uccidere.

Perché la Coca Cola abbia abbandonato un brand leader in un segmento che stava battendo tutta la concorrenza per sostituirlo con estensioni di linea cannibalizzanti é da ricovero nel più sicuro e sigillato ospedale psichiatrico di massima sicurezza che si possa trovare.

Bella mossa Coca Cola.

Per i meno intelligenti che stanno leggendo, e che se ne escono con scemenze del tipo “Quelli sono Coca Cola, sono grandi, che ne sai tu… ecc…” vorrei dirvi che “quelli” non sono affatto Coca Cola.

Coca Cola non sta in piedi “grazie” a “quelli”.

Coca Cola sta in piedi perché è un brand centenario che ha creato una categoria e per tutte le cazzate che puoi farci dentro avrebbe bisogno di decenni prima di collassare o avere ripercussioni negative.

Solo che se le cazzate di questo tipo le fa una azienda più piccola, si sentono molto di più. Se le fa un’azienda più piccola che non è leader da decine di anni di mercato col suo brand, si sentono estremamente di più e prima.

Se le fa una qualunque delle PMI e micro imprese italiane nello sciocco sillogismo:

“Loro sono grandi, sanno quello che fanno,
se vogliamo diventare grandi copiamo loro”

l’unico effetto che incontrano è sigilli ai capannoni e libri in tribunale alla velocità della luce.

State attenti quindi quando vi viene in mente di mettervi lo Sculley di turno (sempre quello che veniva da Pepsi, l’ha abbandonata dopo estensioni di linea folli con buonuscita milionaria per andare a distruggere Apple nell’interregno senza Steve Jobs) in casa perché sfoggia una laurea in kazzabuboll administresciòn.

Apple si è salvata per miracolo.

Voi potreste non essere così fortunati.

E no, i “grandi” non sanno quello che fanno. Lo sapeva il “vecchio” che ha creato l’azienda. Questi campano grazie al fatto che il brand fatto dal vecchio sia più resistente (almeno per qualche anno) delle puttanate e delle estensioni di linea che questi mentecatti cacciano a raffica nel mercato.

Chiaro una volta per tutte? Bravo.

Ripeti con me per sicurezza:

“I grandi non sanno quello che fanno. Io non li imiterò. Stanno in piedi grazie al brand nonostante le cazzate dei manager che assumono e licenziano di continuo con laute buonuscite.”

Forza e coraggio.

Tornando a Coca Cola, il lancio dei suoi energy drink non avrebbe mai potuto funzionare, perché tradiva la legge di cui sopra.

C’era già Red Bull e c’era già Monster. Hanno dormito per troppi anni e sono arrivati troppo tardi. Ogni loro tentativo é stato inutile.

Per entrare in quel mercato avrebbero dovuto entrare o in Red Bull o in Monster. Red Bull nasce nel 1984.

I geni di Harvard e Warthon hanno rubato uno stipendio per soli 31 anni prima di capirlo. 

Il successo di iPhone non deriva solo dal prodotto

Come già detto il successo di iPhone va compreso e analizzato nella sua interezza.

Le persone con la memoria corta non sanno ad esempio che iPhone non è sempre stato un successo stratosferico. E’ di questi giorni la notizia che iPhone in questo trimestre abbia realizzato grazie alla sua focalizzazione e all’essere leader di una categoria, dati incredibili:

Secondo una ricerca dell’istituto IDP,  iPhone ha:

  • Venduto il 13,5% degli smartphone venduti in tutto il mondo ma…
  • Ha realizzato grazie ad iPhone la stratosferica cifra del 94% dei profitti di tutto il settore smartphone.

Questo vuol dire che con il 13,5% delle vendite totali, iPhone realizza il 94% dei profitti del settore.

Questo dato è importante per farti capire che la focalizzazione o il marketing non siano qualcosa che abbia a che fare col “reparto marketing” o con i “creativi”.

Il branding è management. Per questo i direttori marketing non contano un cazzo nelle aziende strutturate. Perché prendono ordini dal CDA. Il CDA prende ordini dagli azionisti e dagli stakeholder in generale.

Il direttore marketing è solo un fantoccio che esegue ordini di gente che vuole:

“Più vendite. Domattina.”

Il branding è l’azienda. Il branding deve nascere nel cuore del management e guidarlo. Non può essere una conseguenza di obiettivi dati da chi ha comprato le azioni, porcalamiseria.

Apple funzionava quando il direttore marketing era il CEO, cioè Jobs.

Ha smesso di funzionare quando Sculley è subentrato con le sue teorie di Business Administration imparate a Warthon. Warthon come Harvard come tutte le università “presitigiose” dove si insegna a essere dipendenti e fare il bene della finanza, non delle imprese.

Sculley faceva quello che era stato addestrato a fare. Compiacere la finanza. Estensioni di linea e sondaggi che giustificavano altre estensioni di linea per fare più soldi subito e domattina.

Distrusse Apple perché era un baciaculo della lobby finanziaria, non amava Apple come l’amava Jobs.

Cosa fece Jobs quando tornò? Lanciò un nuovo prodotto? Ricorda la legge:

“I nuovi prodotti si lanciano se possono essere primi o massimo secondi in una categoria nuova e se il Brand é forte e in crescita.
Non si lanciano prodotti per fare più vendite come rimedio a un brand in crisi.
In quel caso serve prima focalizzazione.”

Jobs non lanciò un nuovo prodotto. Passò invece i primi sette anni del suo insediamento a rimediare al bagno di merda delle quarantasei estensioni di linea create da Sculley per riportare a 4 i modelli venduti.

Una volta rifocalizzato il brand, lanciò iPod e il resto è storia.

Il tizio con il diploma che rompe il culo a uno dei manager più blasonati e pagati della storia. Applicando solo qualche regolina di base. Strano il mondo.

Ciò detto, dicevamo che il focus è management, non marketing. E impatta sui margini dell’azienda. Non voglio ridire 200 volte le stesse cose quindi se sei interessato a capire ti leggi per cortesia Focus – il futuro della tua azienda risiede nella focalizzazione – di Al Ries che è un libro di storia tutto a base di esempi concreti e bilanci alla mano.

Numeri, non pugnette.

Vale anche per tutti quelli che “Eh ma Samsung fa tanti prodotti in tutte nicchie diverse”. Certo, e non ha margini manco se s’ammazza. Non fa profitti. E come tutte le grosse conglomerate asiatiche è tenuta in piedi dalle banche e dal governo perché fa girare denaro e dà posti di lavoro.

iPhone vende il 13,5% degli smartphone e ha il 94% dei profitti del settore. Ti suona? Bravo.

Samsung in questo trimestre invece ha raggiunto la ragguardevole cifra di 1,3 miliardi di dollari di perdite. Vuoi ancora imitarli lanciando estensioni di linea ovunque perché loro “sono grandi e sanno quello che fanno?”.

Ma parlavamo di iPhone…

Come dicevo iPhone non ha avuto vita facile all’inizio, proprio perché gli smartphone in generale tiravano poco.

Solo che iPhone aveva dalla sua:

  1. La creazione di una nuova categoria
  2. Un imprenditore che teneva dritta la barra del timone
  3. Una famiglia di brand forti alle spalle come iPod e iTunes.

Questi tre elementi più uno che ti svelo tra un attimo, hanno decretato la riuscita di iPhone in un settore, quello “convergente” dei primi smartphone che era destinato al fallimento (e infatti è fallito).

Il successo di iPhone non sarebbe stato mai possibile nel vuoto. Divenne possibile grazie al successo trainante di iPod.

Inoltre iPhone cominciò a vendere davvero tanto solo con la terza generazione. Sai perché?

Perché fece breccia finalmente nel settore consumer, dato che era esploso Facebook.

Facebook è il quarto ingrediente segreto dietro al successo di iPhone. La voglia delle persone di essere sempre connessa con i propri amici e conoscenti come non era mai successo prima.

iPhone, e non lo sminuisco nel fare questa affermazione, è un magnifico gadget che ti fa sentire figo tutto il giorno mentre ti connetti a Facebook davanti agli altri.

L’unico vero rivale che abbia mai avuto iPhone nei primi anni della sua vita infatti non era un altro smartphone touchscreen. Samsung Galaxy arrivò dopo.

Il vero competitor inizialmente era il Blackberry, uno smartphone con tastiera destinato al mercato business. Blackberry aveva la sua nicchia di appassionati ovviamente tra i professionisti che avevano (e hanno) bisogno di comunicare spesso via email.

E per inviare email, la tastiera di Blackberry è sempre stata infinitamente più comoda del touchscreen di iPhone che è decisamente più macchinoso e impreciso (mi impappino io ancora oggi a scrivere che ho la versione Plus dell’iPhone 6 e comunque faccio errori di battitura di continuo).

Blackberry aveva la possibilità di “relegare” iPhone al mercato consumer della serie:

“I ragazzini e quelli che cazzeggiano su Facebook e hanno tempo da perdere si prendano pure iPhone.
A noi professionisti con le palle serve lavorare con Blackberry”

Ma serviva una visione corretta e molta focalizzazione. Cosa fece Blackberry invece?

Eccola…

blackberry

Una bellissima estensione di linea per inseguire iPhone su suo stesso terreno! Ottimo.

Blackberry non si è mai più ripresa e ancora oggi continua a perdere denaro come Samsung. Questo trimestre le perdite sono di 66 milioni di dollari.

iPhone ha sfruttato in ordine:

  • la creazione di una categoria
  • il brand iPod
  • l’avvento della necessità consumer di avere uno schermo grande per navigare sui social
  • il suicidio dell’unico competitor business come BlackBerry
  • il suicidio di Samsung che è una una imitazione con sistema Android come qualunque telefonino da 50$

per raggiungere un incredibile 94% dei profitti del settore.

Questo per dirti che se segui poche regole semplici, non è detto che tu abbia un acceleratore come Facebook che soffia il vento a tuo favore ma:

  1. Se prima focalizzi il tuo brand e lo fortifichi
  2. Poi lanci un brand in una nuova categoria e non cloni altri nè entri da terzo in una categoria già occupata
  3. Tieni la barra ferma sulla focalizzazione
  4. Aspetti che gli altri sui suicidino col giusto tempo

Puoi fare come Apple o Procter & Gamble e avere successo in praticamente ogni avventura imprenditoriale.

Ma devi sapere bene quello che stai facendo e non farti distrarre dai canti delle sirene delle estensioni di linea nè farti sedurre o guidare dagli ayatollah delle torri d’avorio accademiche.

I cornetti alla marmellata di merluzzo

Findus è un altro esempio che possiamo fare, molto caro agli italiani di come si possano fare le cose sia molto bene che molto male.

Per anni Findus ha fatto le cose non bene, ma benissimo, creando una famiglia di brand.

A partire dagli anni 60 sono nati infatti famosissimi brand tra i quali ricordiamo quelli più noti in Italia come:

  1. Capitan Findus (legato ai surgelati di pesce).
  2. Sofficini
  3. Quattro salti in Padella

Findus è un’ azienda che racchiude famiglie di brand. Ma non è un vero brand “commerciale”.

  • Capitan Findus con i bastoncini ecc… è una categoria. Sono un brand.
  • I 4 salti in padella sono una categoria. Sono un brand.
  • I Sofficini sono una categoria. Altro brand.

Esattamente come iPod, iTunes, iPhone e iPad.

Ed esattamente come la Apple, Findus si basa sul primo grande successo che è quello di Capitan Findus per “lanciare” gli altri successi.

Findus quindi nasce forte come “pesce surgelato” e poi pian piano ha lanciato altri successi ma con nuovi brand, sempre appoggiandosi ai lanci precedenti.

Ovviamente la connessione tra i vari brand è l’attributo “surgelato” che per Findus è “Surgelato di alta qualità”.

Torniamo a cosa succede oggi alla Findus:

Findus_Dolce-Buongiorno_Croissant-con-confettura-di-albicocche

Qui il problema è che hanno messo in evidenza il logo Findus e aggiunto un generico “cornetti”, facendo estensione di linea e un salto molto lungo dalla loro percezione.

E se fai così alla gente viene in mente il cornetto al Merluzzo perché senza un nuovo brand lasci troppo forte il richiamo al primo prodotto, che é pesce surgelato. Se poi ci metti anche il Visual Hammer del capitano in basso a destra il gioco è fatto.

Non è detto che alla Findus non debbano fare cornetti nella maniera più assoluta. Anzi.

Ma dovrebbero creare un brand apposito, come hanno sempre fatto e seguendo la ricetta che li ha sempre portati al successo.

Invece ultimamente stanno “tirando indietro” tutti i brand creati compresi i Visual Hammer storici, mettendo in evidenza il logo Findus.

E’ esattamente come se Apple cominciasse a nascondere i loghi iPhone, iPad, iPod e Mac per fare l’ Apple Smartphone, l’Apple MP3 player e l’Apple Tablet. Ma perché?

Infatti la Apple per non farsi mancare nulla ha lanciato l’Apple Watch… ma sono così forti e grandi che sticazzi.

Solo che queste operazioni così non hanno senso.

Ti ricordi il Visual Hammer, l’originale Capitan Findus che ha fatto la storia? Eccolo:

capitano old

Poi nel tempo hanno cominciato a cambiarlo in modo idiota rendendolo un giovanotto aitante. Lo scopo probabilmente nella testa del mentecatto che ha commissionato la campagna era quello di “far bagnare le mamme”.

Anche qui mi taglio i coglioni se non è così.

E ci ritroviamo da una sorta di Babbo Natale / Nonno Eroe marinaio che era un simbolo fortissimo per i bambini a una sorta di George Clooney dei sette mari.

Poi rinsaviscono un attimo tornando a presentare un uomo di mezza età sempre figo ma almeno con barba e capelli bianchi e poi si arriva a questo:

capitan findus

Il logo del Brand “Capitan Findus” viene rimosso completamente per dare spazio solo all’enorme “Findus” centrale.

Il capitano viene disegnato in maniera orribile sulla scatola e viene eliminato completamente dagli spot. Clicca sul player qui sotto per vederlo:

Spot Findus

Un Brand distrutto e buttato alle ortiche senza nessun motivo.

Farà bene a Findus disintegrare i brand che l’hanno portata al successo per creare di tutto una unica e immensa estensione di linea a marchio Findus? Forse. Ma più probabilmente no.

Con tutta questa follia che aleggia negli ambienti del marketing, mi aspetto che da un giorno all’altro torni sulle nostre tavole il Tonno Simmenthal.

tonno simmenthal

Che peccato che sia sparito. Chissà come mai.

E dire che mi piaceva tanto…

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57 pensieri su “Il Segreto per il Lancio di un Nuovo Prodotto che Coca Cola non conosce

  1. Ti odio.
    In questa settimana mi stai facendo saltare tutte le pianificazioni lavorative notturne.

    “Stasera devo fare…”
    “Ah, ma aspetta, un nuovo articolo di Frank su Brand Positioning Italia… Diamo un’occhiata”

    Ed ora dopo mezz’ora mi accorgo che sono rimasto incollato allo schermo come un cretino dalla prima all’ultima riga.

    Guarda che se non lavoro, poi l’iscrizione a Business Merenda la pago a rate 🙂

    PS: ma il tonno Simmenthal è esistito veramente? E’ stata colpa delle radiazioni giapponesi?

  2. Non voglio lanciarmi in analisi di brand e loghi , non ne sarei capace. Però osservo come una multinazionale italo-francese sta proprio agendo nei modi e nei termini che tu insegni su questo blog. La Parmalat ha completamente tolto dal suo latte “Zyimil” ogni accostamento al gruppo Parmalat , negli spot tv si parla solo di Zymil come il latte digeribile e cosi anche sull’etichetta. Idem con il Puro Blu più giorni. Un addio al marchio parmalat e una nuova etichetta con Marchio Puro Blu. Quindi via , ci saranno anche aziende che ti seguono.

  3. Magistrale , come sempre!
    Anche se un po’ meno “popolare” trovo molto interessante l’evoluzione che ha fatto DuPont negli anni.Non sono preparato per fare un’analisi ma sarebbe interessante.
    Grazie ancora

  4. Altro articolo magistrale!

    Anche se il Thanksgiving è domani, ti dico “Grazie davvero” già stasera! 🙂

  5. Grande Frank.
    Bellissimo articolo.
    Scritto magistralmente come sempre.
    Pur conoscendo questi concetti, perché ti seguo, ho letto i libri, ho frequentato VV Legends, ogni tuo articolo mi illumina di immenso.
    Ogni volta é una lezione.
    Ogni articolo va stampato e studiato.

    Grazie mille

  6. articolo molto interessante. per una PMI il discorso da te fatto é alquanto diverso però… come si può fare breccia senza avere i soldi della Coca Cola? Se la mia impresa sta già in perdita, è probabile che non avrà nemmeno 5 anni o più per aspettare che il mercato cambi. Alla base di tutto ciò c’è sempre un elevato investimento in pubblicità, cosa che molte PMI non si possono permettere. Si può pure cercare di crescere progressivamente, ma bisogna sempre stare attenti alla concorrenza con più soldi che magari può fregare l’idea. Cosa consigli a chi vuole lanciare un prodotto in modo progressivo ma sta in una situazione economica brutta se non disperata?

    • Ciao, in realtà per le PMI il discorso non è affatto diverso. Io sono un imprenditore seriale e ho portato al successo solo PMI. Con la prima azienda sono partito solo col marketing di un blog gratuito.

      Se la tua impresa sta già in perdita il problema non è che sei una PMI. Il problema è che hai sbagliato tutto sin dall’inizio e non sei partito focalizzato ma sicuramente come copia della copia della copia di un’altra azienda. Tipico delle PMI italiane.

      Quindi quello che devi fare se stai in una situazione economica brutta se non disperata è quella di trovare finanziatori.

      Non è colpa di nessuno se non tua se hai purtroppo fatto errori gestionali. Capita, non è una vergogna come vogliono farti credere in Italia. Capita anche a me. In USA avere qualche fallimento alle spalle è un valore perché stai imparando, non segno che sei un “fallito” personalmente.

      Ti serve trovare la tua idea differenziante, la tua focalizzazione che ti permetta davvero di fare breccia nel mercato. Poi ti serve crearci un business plan intorno che attiri investitori o potenziali soci che credano nel tuo piano di ristrutturazione.

      Oppure purtroppo chiudere evitando che le banche ti mangino casa e altro se hai lasciato garanzie personali.

      Purtroppo il marketing non fa miracoli se stai andando a 300 all’ora contro un muro e il muro è a pochi centimetri dalla tua faccia.

      Tutta esperienza per la prossima volta, nella peggiore delle ipotesi,sperando che non ti faccia alcun male.

      Ovviamente il mio augurio è che tutto ti vada nel migliore dei modi.

      • Caro Frank, leggo da poco il blog con divertimento e apprezzo gli spunti che dai.
        in particolare questa cosa della differente percezione di un fallimento tra italia e usa è molto vera e detta sempre troppo poco.
        fatta salva la doverosa puntualizzazione tra un “fallimento sano” ed uno “spolpamento delinquenziale” in cui c’è gente che si fa molto, molto male (e spesso non i delinquenti responsabili…), sarebbe bene insegnare a gestire le difficoltà in maniera diversa, anche per superare il complesso italiota del “posto in comune/asl/ente pubblico” fino alla pensioncina che attanaglia i nostri giovani.

        detto ciò, non posso esimermi dal notare che alcune cose che scrivi sono messe un po’… “alla furba”.
        blackberry (che all’epoca era rim) non è morta per lo z10 (peraltro ottimo terminale), visto che questo è stato presentato nel 2013 mentre iphone è del 2007.
        è morta per l’assenza di un ecosistema di servizi ed applicazioni da una parte e per la contemporanea congiuntura economica, dall’altra, che ha praticamente imposto alle aziende di limitare i costi per i telefoni aziendali. il risultato è stato che un sacco di persone si erano comprate l’iphone per uso personale quando la loro azienda ha cominciato a dirgli “il telefono aziendale non te lo dò più. telefona col tuo e ti rimborso le chiamate di lavoro”.
        la cosa è ormai strutturata e nota come BYOD.

        tra le altre cose che esponi in modo da confermare le tue conclusioni ci sono le condizioni del successo di iphone. hai anche difeso l’articolo di Ries al riguardo il suo profetizzato fallimento, quando la cosa più semplice da dire è che Ries, in questo caso, aveva detto una cazzata. succede, non è niente di vergognoso.
        e, per quanto ho letto, l’ha detta perchè aveva applicato quello che ha sempre suggerito, ovvero “guardare alla storia” con la faccenda delle convergenze.
        solo che con iphone la convergenza è stata letta male.
        le convergenze nel settore tecnologico funzionano raramente non per qualche misteriosa macumba, ma perchè spesso la maturazione delle componenti tecnologiche che convergono seguono logiche e tempi differenti. la tv col videoregistratore integrato non vendeva perchè in giro cominciavano già ad esserci i dvd, quindi ti ritrovavi una parte ancora valida (tv) ed una parte superata (vhs).
        la difficoltà è allora trovare convergenze che siano sinergiche (e non semplicemente aggiuntive) e che maturino parallelamente.
        così le cose funzionano, vedi i forni a microonde con il grill.
        quello su cui hai certamente ragione è che iphone ha fondato il suo successo sul credito d’immagine (e di brand) costruito da Jobs prima su imac e poi su ipod, oltre all’esperienza (anch’essa “positivamente fallimentare”) fatta col newton in epoca di palmari col pennino…

        concludo il mio lungo commento con un suggerimento: capisco il percorso che te lo fa dire, ma leggo davvero troppo spesso questi tuoi slanci contro questa laurea o quel master.
        lasciatelo dire: fa brutto. fa cheap ed un po’ provinciale.
        studiare aiuta sempre. sono d’accordo che un titolo non garantisce il fatto di aver capito come funzionano le cose e che spesso ci vorrebbe più umiltà dal top management verso gli “onesti lavoratori del marketing” che magari non hanno il master prestigioso ma hanno esperienza, ma da qui a dire che chi ha frequentato l’università blasonata sia automaticamente un coglione ce ne passa.
        peraltro, un’altra grande verità che dici è che ormai c’è questa cultura del “vendere di più domani”, quella che io da anni chiamo “tirannia della trimestrale”, che è responsabile delle più sbagliate scelte di management di sempre ma che, appunto, non è quasi mai colpa del responsabile marketing di turno, laureato o meno che sia…

  7. Strepitoso! Dovresti essere il ministro dell’ economia/attività produttive!!!! Ho stampato e me li sto studiando gli ultimi articoli, materiale didattico eccezionale! (Questi articoli possono essere considerati un altro libro della tua saga)

  8. Certo che quelli della Findus hanno un logo che ricorda un pesce rosso…per forza che viene in mente di mangiare cornetti al merluzzo…sono pazzi sti strateghi del marketing!!!!!

  9. beh cosa dire….articolo stupid proof…:)

    Esaustivo, con esempi pratici, scritto con un linguaggio semplicissimo…perfetto..

    Grandissimo Frank…:)

  10. Articolo molto interessante ed emblematico. E’ proprio vero, nella storia del branding sono state fatte tante di quelle cazzate….
    Siamo spesso portati a sopravvalutare le capacità dei vari supermegamanager e consulenti marketing, che invece, a uno studio più approfondito, si dimostrano autori di autentiche scempiaggini. Proprio come il tonno Simmenthal, che è talmente grottesco e surreale da sembrare un fake (e infatti c’è qualcuno che ha chiesto se fosse esistito veramente).

  11. Ciao Frank,
    Grazie e mi rendo conto di quanto c’e da imparare.
    Oggi Fabrizio Corona da lezioni di Marketing a 100,00 Euro l’ora roba da matti.

  12. Una meraviglia leggerti, e una goduria spolverare questi concetti anche durante la mie consulenze private.
    La cosa incredibile che quando parlo con certi imprenditori di Brand e Focus mi guardano come se stessi bestemmiando in aramaico.
    Grazie Frank, sei il faro che illumina il mio cammino, e molto molto molto molto umilmente seguo fedelmente i tuoi passi.
    PS:
    Ti ringraziano anche i miei clienti.

  13. Non avevo mai considerato l’estensione della linea come ad una cosa negativa, ma effettivamente non fa una grinza. Io stesso per primo, quando mi accorgo che nascono estensioni di linea di prodotti noti, più o meno inconsciamente, mi chiedo “ma perchè…”
    In questo articolo è spiegato tutto molto bene.
    Il punto principale di tutto resta sempre l’idea differenziante, la focalizzazione e l’aggressione della tua nicchia.
    Non penso ad altro durante tutta la giornata, ed è tutta colpa tua… 🙂

  14. Veramente un bell’articolo. Chi legge libri o articoli sulla focalizzazione sa già di cosa stai parlando, ma fare esempi concreti è illuminante. Chi invece si avvicina ora a questo mondo, sia perchè inizia solo adesso, o perchè ha capito che da qui bisogna passare, dovrebbe stenderti il tappeto rosso quando ti vede…

  15. Frank indovina? Mi è piaciuto un sacco il riferimento ai numeri sui margini operativi di Samsung… 🙂 grazie. Devo girare l’articolo ad un mio amico che ci lavora dentro e pensa che Samsung sia una grande azienda perché fa di tutto… ho sentito che adesso si vogliono pure buttare nel settore degli integratori!

  16. La tua forza è riuscire a semplificare tutto e creare attenzione in chi ti segue. C’è da imparare da te più dei concetti di cui parli il modo in cui lo fai

  17. Grazie, davvero bello e l’esempio della Tab mi ha fatto capire molto.
    Pensavo tipo alla Disney: secondo me, anche nel campo “intrattenimento” funziona uguale – hai il target “famiglia con bambini piccoli/preadolescenti/adulti che vogliono tornare bambini”, segui quello; e se devi sponsorizzare produzioni diverse (a mio parere di dubbio gusto) per adolescenti, come “Hannah Montana”, usa un marchio diverso – così ti crei in caso una famiglia di marchi riconducibili a Disney, ma non mi metti insieme Cenerentola e Dumbo (che mi fanno comprare i tuoi film per i miei bambini e sono “la” Disney) e programmi come Violetta o Hannah Montana, che non c’entrano niente, né per stile né per target. Mi sembra, magari mi sbaglio.
    Invece la Pixar – anche ora ll’interno della Disney – secondo me rimane molto più focalizzata sul genere/target; fatto sta che quasi ogni produzione è un successo.
    Non so se valga lo stesso il concetto, ma ora che sto imparando i rudimentissimi di come funziona il posizonamento di marca mi pare di riconoscere alcune strategie a mio parere errate in molte operazioni, aldilà di prodotti industriali…poi magari mi sbaglio io che non so nulla e alla Disney invece sì.
    Grazie mille, sto imparando molto e credo mi aiuti nel mio settore, anche se non è impresa!

  18. Veramente un articolo a dir poco magnifico (anche gli altri ovviamente) che rafforza tutto
    ciò che ho imparato al corso VV nell’ottobre 2014.
    Piccola nota: dal momento che conosco benissimo Rio mare, guarda caso il gruppo B…..
    ha appena acquisito la Simmenthal….e ti assicuro che con tutte le calzate che stanno facendo con il tonno, non è escluso che arriveranno a produrre anche il Tonno Simmenthal (se non l’hanno già fatto!)
    Come al solito però, essendo il gruppo più potente per quello che riguarda il tonno, anche questa volta in qualche maniera salveranno il culo.
    Maurizio.

  19. Ciao Frank,

    ti seguo da una vita da venditore vincente a brand positioning, come regalo di natale mi farò i 5 libri che hai suggerito in alcuni post passati, mi spiace andare offtopic, ma vorrei sapere se oltre al focus per brand, esista qualche libro che sia inerente alla promozione e focus di brand musicali (intendo il nome di un gruppo o di un artista, con accluso sviluppo a riguardo), in inglese, visto che qui non esiste alcunchè a riguardo (e online non ho trovato granchè, e cosa più grave, non so se sia valido), penso che tu sia l’unico che possa darmi una guida funzionale e focalizzata.

    Grazie di cuore se vorrai rispondermi, e scusami ancora se sono uscito fuori dal target dell’articolo.

  20. Bell’articolo, pero’ vorrei vedere adesso una analisi di un altro brand “mondiale” che abita qui vicino, anzi vicino a dove stavi Tu Frank! Cosa dici della “Ferrari” e di tutti I modelli presentati in questi 10 anni?

    • Ottima idea…. Io vorrei chiedere a Frank di fare una analisi degli ultimi dieci anni del marchio Lancia, magari proprio in un confronto con la Ferrari.

        • Si….monomodello, purtroppo….. ma se fai un giro sul web scopri che è ancora molto ricordato (quando ho tempo cerco anche i dati di vendita più recenti e li confronto con Alfa Romeo, potrebbero uscire considerazioni interessanti sull’estensione di linea, lo dico perché questi articoli sono veramente utili!)

  21. Avvaloro tutto ciò che dici, per quello che può valere la mia opinione o meglio esperienza.
    Sono entrato, all’inizio del 2006, in un’azienda produttrice di infissi legno alluminio, fortemente focalizzata su un un’unico prodotto legno alluminio per l’appunto con due modelli, partendo dal progetto alla realizzazione dello stesso, risultati: nei primi due anni sono partito per fidelizzare la clientela esistente con il recupero di alcuni clienti persi, per poi cominciare ad acquisire clientela nuova fino ad arrivare nel 2010 ad aver raddoppiato il fatturato.
    Quello che professi è difficile da capire ed intuire in quanto queste strategie sono come la corrente non si vede, eppure sono concetti elementari e semplici, ed è per questo che non si riescono a comprendere.
    Frank tu regali tutte queste informazioni che hanno un gran valore, voglio farti io un regalo. Un quadro con una tecnica particolare “fatto col vino” raffigurante Julia Roberts per le vie di Roma tratto dal film “Mangia Prega Ama” fatto da mia moglie Pompea.
    Fammi sapere dove posso inviartelo.

  22. Condivido tutto, dalla prima all’ultima parola. Però vorrei aggiungere un particolare importante sul BlackBerry, che qui in Canada i media seguono da anni in ogni sua più piccola vicenda. Come giustamente dicevi e come ho potuto constatare di persona parlando con tanta gente che ce l’aveva, il BlackBerry era… “I ragazzini e quelli che cazzeggiano su Facebook e hanno tempo da perdere si prendano pure iPhone. A noi professionisti con le palle serve lavorare con Blackberry”. Definizione perfetta. Ma proprio perché era uno strumento di lavoro per professionisti, quando nell’autunno 2011 i server centrali dell’azienda andarono completamente in tilt per ben 4 giorni di seguito, impedendo l’invio e la ricezione di e-mail tramite BlackBerry in tutto il mondo, con un mostruoso black-out mai visto prima nel settore, la RIM si è giocata buona parte della sua credibilità proprio nei confronti di quello che era il suo target principale: quelli che usano lo smartphone per lavoro.
    Questo, ovviamente, non cambia una virgola del significato dell’articolo in generale né di quello che dicevi sul BlackBerry, ma per dirla “papele papele”, la RIM oltre a non rimanere focalizzata sul suo prodotto, ha provveduto anche a darsi tecnicamente la zappa non sui piedi ma direttamente sui coglioni.

    • Roberto è verissimo quello che dici. C’è anche da aggiungere però che ci sono modi di rimediare a una gaffe aziendale che è sempre possibile. Nel caso specifico non ricordo come l’azienda abbia gestito la situazione ma sicuramente dopo si è comportata in modo suicida.

      • Da appassionato del settore telefonia…. Sin dal 2009 RIM cercò di rispondere ad iPhone semplicemente proponendo gli stessi modelli business anche alla clientela consumer, con in più il Blackberry Storm, terrificante touchscreen con display basculante. Il dramma fu spingere display da tre pollici e tastierine scomode verso gli utenti che non volevano solo email e messaggi, ma foto e social. Ai tempi dello Z10 il danno era già fatto, e usare il nome Blackberry non aiutò visti i disastri precedenti (usare nuovi brand e nomi veri invece delle sigle no eh? Odio le sigle).

        In realtà l’unica ad avvicinarsi ad iPhone fu proprio Samsung, quando lanciò la linea top di gamma “Galaxy”, poi Galaxy S e poi S2 ecc. Era perfettamente posizionata (Android, da smanettone, in opposizione totale ad iPhone), poi sono spuntati i Galaxy per ogni fascia di prezzo e hanno rovinato tutto, e non è ancora finita. Avevano la seconda posizione e se la sono giocata malissimo.

        Ho scoperto questo sito oggi, complimenti per gli articoli. Non mi occupo di marketing, ho studiato alcune cose all’università ma il fascino del settore si è sempre scontrato con la fumosa teoria. Ci fossero state analisi del genere come caso studio magari….

  23. In pochi giorni, una triade di articoli da PiùCheMaster.

    Stavo notando che è facilissimo sbagliare…a riguardo delle estensioni di linea, intendo. Verrebbe quasi naturale farle, mentre è contro intuitivo non cadere nella trappola e mantenere la propria rotta. Ecco un altro codice svelato. Ed ecco perché avere successo costa così caro, e non si tratta solo di soldi.
    Giustamente, tu parli di scienza. E qui non s’improvvisa nulla.

    …tonno Simmenthal? Dei. Del. Cielo. Ma è contro natura. Evito di chiederti se è una performance Photoshop perché ho seriamente MOLTA PAURA della risposta.

  24. “Apple non è realmente il brand, ma lo sono invece come abbiamo detto più volte iPod, iPhone, iPad e Mac”. Posso chiamarli Brand figli?

    Anche le case automobilistiche lavorano tanto con i Brand Figli, la VW fa la Golf da 40 anni, la Ford fa la Fiesta da 40 anni, se questi modelli di auto cambiassero anche nome ad ogni nuovo restyling sarebbe un bagno di sangue. Quindi, auto nuova con nume consolidato e rodato uguale fiducia del consumatore e vendite a iosa. Se la Golf diventasse Audi invece che VW non penso che cambierebbe molto nella mente del consumatore, perche il brand forte è GOLF.

    Alla Fiat ci hanno messo un pò per capirlo. Se la nuova panda del 2004 non si fosse chiamata Panda ma “Orsetto” pensate che avrebbe avuto lo stesso boom? eppure la macchina è sempre quella che tra l’altro non ha un solo bullone in comune con la vecchia panda del 1982.

    Hanno distrutto il brand figlio “Fiat Uno” che è stato fortissimo dal 1984 al 1992 per lanciare poi il brand “PUNTO” nel 1994 (perchè non hanno continuato con il nome UNO??, forse perchè non avevano mai sentito parlare di AL Ries). Adesso a distanza di 20 anni col ca**o che cambiano il brand PUNTO, hanno capito la lezione così bene che sono andati a riprendere anche il brand “500” per farlo diventare una linea a sè, proprio come ha fatto la BMW con il marchio “MINI”.

    E’ pazzesco come dopo tanti dati di fatto, ci siano “esperti” che fatto l’errore di ammazzare i brand figli.

  25. È da poco che ti seguo ed ho letteralmente divorato i tuoi articoli belli interessanti e soprattutto alla portata di uno che decisamente ci capisce poco o niente di marketing. ….ora provo a metterli in pratica nel mio piccolo business. Grazie

  26. Non sono per nulla di questo campo, ma leggendo per caso uno dei tuoi articoli ora mi ritrovo a leggerli praticamente tutti. Sono molto interessanti.
    La tua ultima parte sul visual hammer di Findus mi ha ricordato Aunt Jemina, prodotto numero 1 negli stati uniti per quanto riguarda gli sciroppi per pancakes. Aunt Jemina ha praticamente invariato il suo visual hammer da quando è partita, cioè dalla fine dell’800. Ha variato leggermente il font del logo, ma l’immagine di zia Jemina è rimasta sempre la stessa, e ora comprendo appieno il suo successo. Da ai consumatori un senso di stabilità e autenticità. Variare l’immagine del capitano Findus ha creato disorientamento nelle persone.

  27. Bell’articolo come sempre!

    Mi permetto di fare solo due considerazioni su Ipod e Google.

    iPod, oltre al giustissimo discorso sul visual hammer e sul brand, in raltà portava GROSSISSIME innovazioni (pur non essendo il primo lettore mp3). La prima era la creazione dell’ecosistema iTunes (grazie agli accordi con le case discografiche) che rendeva facile anche per il consumatore “non smanettone” (il target di Apple) l’acquisto e l’importazione di musica dentro al dispositivo. Come seconda cosa aveva creato un rivoluzionario sistema di controllo, la click wheel, che lo rendeva estremamente più facile e comodo da usare rispetto alla concorrenza.

    Secondo me Apple in quella circostanza fù eccezionale soprattutto nell’individuare un nuovo modo di concepire l’acquisto della musica e Sony si deve mangiare le mani…

    Google, allo stesso modo, si è imposta non certo per il marketing ma perchè ha inventato per la prima volta un algoritmo veramente capace di pesare la rilevanza di una pagina e fornire risultati attendibili. Ricordo che Google all’inizio si diffuse quasi come il motore di ricerca degli smanettoni (un po l’equivalente di DuckDuckGo oggi) e divenne popolare proprio per il passaparola, perchè chi lo provava non poteva tornare indietro…

    Per il resto invece, come sempre, sono d’accordo al 100% con le tue considerazioni, in particolare quella sulla findus mi ha fatto ribaltare… 😀

  28. Vedo che hai usato il mio esempio Samsung, che infatti sta auto-affossandosi negli smartphone (non ho dati per gli altri settori che vanno dalle Tv ai frigoriferi, io sono un IT-man). La cosa mi ha ricordato i Lumia. Oh, ottimi smartphone, molto ma molto spesso meglio dei vari androidicosi incomprensibili. Ma, nonostante alle spalle abbia un nome “spendibile” come Microsoft (la quale ha possibilità di fuoco economico mostruose), non superano il 2% di mercato.
    E qui viene la domandona: ma Nokia? Come diavolo ha fatto ad affossare così? Eppure non molti anni fa Nokia=telefono.

    • Windows Phone ha 2 problemi: uno di marketing e uno tecnico

      Il problema di marketing sta nel fatto che è stato il terzo protagonista nei mobile phone: il primo è stato iPhone ovviamente, poi a ruota hanno seguito tutti i telefoni del filone Google Android (con samsung capostipite) ed ora sono arrivati loro. Ma mentre Android si differenziava effettivamente da iPhone per alcune caratteristiche fondamentali (sistema open source vs sistema super chiuso) Windows Phone ad oggi non presenta caratteristiche ben distinguibili. (hanno in realtà in mente il discorso di un sistema operativo unico tra mobile e fisso ma ancora è lontano dal diventare fruibile per tanti utenti).

      Il problema tecnico invece risiede nel fatto che Google non ha rilasciato le App per i suoi servizi (youtube, maps ecc) che devono quindi essere eseguiti in modalità web e che il windows store è ancora lontano dalla completezza di play store e soprattutto app store.

      Poi c’è da dire che in realtà nemmeno android ha fatto una buona politica di marketing, anzi l’ha fatta pessima, visto che il 99% degli utenti pensa che Samsung = Android

  29. Ciao Frank,
    in merito alla focalizzazione volevo farti una domanda riguardo la Disney.
    Ora che sta per uscire Star Wars 7, I Disney Store pullulano di gadget a tema. Da fan della saga sono felicissima ma devo ammettere che entrare in un negozio che nella mia mente vende pupazzi di principesse e animaletti, e trovarci spade laser e robottini, è strano, e alla luce di quel che sto leggendo direi anche sbagliato dal punto di vista del marketing.
    Ho trovato invece molto carino il video promozionale dove la protagonista di Inside out vede il trailer di Star wars. Insomma in questo caso mi sembra più una “partnership tra brand” e non saprei valutare ai fini del marketing se è positiva o negativa.
    La domanda che volevo farti è: fino a che punto Disney fa bene a usare il proprio brand per sponsorizzare Star Wars?

  30. per esempio l’azienda per cui lavoro che produce solo drenaggi chirurgici, dal 99 in cui è nata (io sono lì come product specialist da 5 anni) credo abbia commesso tutti gli errori che ho letto nei tuoi articoli, o almeno ha cominciato a farli da quando il fatturato ha smesso di crescere.
    Aldilà del settore medicale che è corrotto , gare d’appalto e tutto quello che vuoi, io adesso sto cercando di focalizzare un nuovo prodotto brevettato, che a parte essere primo sul mercato appunto perchè non esistono altri, vorrei che arrivasse per primo nella mente dei chirurghi toracici. Nella mia ignoranza (vogliono promuovermi a mkt manager area america ma non voglio fare gli stessi errori degli altri manager delle altre aree geografiche), vorrei che tu Frank mi dicessi quale fonte/libro studiare finchè sono in tempo per costruire un brand su questo prodotto.
    La mia azienda è diventata leader in Italia come quota di mercato, però nella linea toracica nella testa dei clienti anche i nostri prodotti si chiamano Pleurevac (che è della Teleflex nata negli anni 60). Ora, visto che i nostri drenaggi toracici storici sono ritenuti ugualoidi al pleurevac (si vince la gara quasi sempre col miglior prezzo), volevo chiedere a te Frank cosa potrei studiare per non bruciarmi questo nuovo prodotto che nel nostro mondo è totalmente nuovo e non ha nulla a che vedere con quello che esiste. I medici che da poco lo provano sono soddisfatti e sorpresi per i problemi risolti e vantaggi apportati. Però, come dici te, vorrei creare un brand su questo prodotto (quindi non con il nome dell’azienda), però non saprei come azzeccarlo. Grazie Frank, articolo COMMOVENTE per ciò che ho pimparato.

  31. Premesso che ciò che dici è assolutamente vero e che ti seguo moltissimo ed i “valori” che dai sono veramente “valori” e non semplici contenuti elusivamente per spingere al tuo business, mi permetto in punta di piedi di suggerirti una cosa sul tuo stile di comunicazione. Ll’uso di un linguaggio che fa leva su una delle cinque aree distoniche dell’essere umano occidentale (che tu conosci bene…) e tra queste quella sessuale… va benissimo poiché scuote l’inconscio che dice “hei, che cazzo succede ora?… figo questo che mi prende a martellate sui coglioni, dicendo cose fottutamente vere… che bello… mi piace che mi stupri/inculi intellettualmente..”… Ora, se io continuassi così tutto il mio commento forse perderei di effetto (ammesso che io l’abbia…) ma ancora passerebbe…. Ma fare troppo riferimento ad aree sessuali quali “pompino”, “cappella”… “donne bagnate…” va tutto bene.. ma è la quantità che mi permetto di far rilevar come forse eccessiva. il mio vuole quindi essere solo una piccola nota sulla stile che è sicuramente vincente… ma che l’eccesso potrebbe far l’effetto opposto…, non da un punto di vista di contenuto ma da un punto di vista di percezione della persona stessa ossia te. Ciò detto e sottolineando che la mia è solo una personale valutazione e quindi come tale è bel lungi da avere la presunzione di esser una “verità” ti saluto cordialmente e ti faccio i miei più sinceri complimenti… e per chiudere…. meglio il tonno della Simmenthal che i cornetti della Fndus… almeno nel primo caso sempre “secondo” è… ma i cornetti al pesche fanno veramente cagare…. 🙂

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  33. Per esempio che fine ha fatto il brand di casa Findus delle zuppe “That’s amore”? Secondo me dava una grandissima caratterizzazione alle buste congelate pronte in pochi minuti.
    Non ho ancora familiarità con categorie tipo “visual hammer” ma so che quando vado al banco frigo tutt’ora cerco la grafica della busta that’s amore; adesso trovo la “zuppa del casale ortolana” e “zuppa del casale tradizionale”… mi rendo conto che sono la stessa cosa ma l’impatto è diverso; le confezioni di adesso non si discostano molto dalle confezioni delle copie (quella della coop è quasi identica)… manca un elemento distintivo che prima c’era

  34. Frank, tutte le volte che ti leggo ( ormai sempre ), mi crei, sempre più, dubbi da una parte e certezze dall’altra. Mannaggia a te Frank, però grazie perché già col corso di ottobre mi hai dato molte nuove certezze e obiettivi..!!! ???? P.S e Forza Sasol..!!!

  35. Ciao,
    Sempre molto interessanti i tuoi articoli.
    Ho una domanda: esiste un esempio di estensione di linea che ha funzionato?
    Se sì, come ha fatto a funzionare?

    Grazie
    Antonio

  36. Ciao,sono Ylenia di Steel Rose Records, sto scrivendo una tesina per l’esame di marketing perciò ti ho trovato e ti ringrazio per l’articolo; sono interessata anche io alla domanda sulla Disney.. fino a quanto si deve seguire l’onda del momento ?
    Ma poi la Disney ha bisogno di farlo?

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